Spazio identitario e governance democratica
Introducendo i lavori il Dirigente scolastico, Prof.ssa A. Stancanelli, ricorda che il Convegno nasce come quinto incontro dei Licei delle Scienze Sociali di tutta Italia. Si tratta di scuole che da decenni fanno un lavoro di sperimentazione volto ad affrontare la complessità e a fare scuola in modo nuovo. Per alcuni anni c’è stato il supporto del Ministero che ora, però, è venuto meno. Le scuole più sensibili pertanto hanno deciso che il dialogo e il confronto non potevano finire. Dopo i primi incontri (Ferrara, Perugia) si è sentita l’esigenza di riunirsi ancora per riflettere sull’epistemologia dell’indirizzo. L’orizzonte si è sempre più ampliato e questo incontro è un ulteriore passo avanti perché la Rete vuole ora costituirsi in ente pubblico mediante atto notarile per avere maggiore visibilità ed essere più forti quando si deciderà sul futuro del Liceo delle Scienze Sociali. Questa scuola ha oggi la presunzione “sussurrata” di proporsi come paradigma di una scuola possibile, la scuola delle “buone pratiche”.
All’apertura del Convegno sono presenti il Dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale Dott. Ricevuto e l’Assessore Miloro.
Il Dott. Ricevuto, dopo aver manifestato la propria compiacenza nei confronti della scuola “Ainis” che definisce comunità fervida che lavora con grande dignità, riflette sulla scelta della Rete in quanto frutto di un impegno serio. Sottolinea, in particolare, come nella società odierna, in cui si registrano impressionanti accelerazioni tecnologiche, la scuola debba abbandonare l’autoreferenzialità e “societizzarsi”, ovvero porsi in un rapporto diverso con la società, acquisendo la capacità di leggere ed interpretare il territorio in cui opera, trovando i giusti canali comunicativi.
L’Assessore Miloro, in rappresentanza della Provincia Regionale di Messina, dopo aver espresso i suoi complimenti nei confronti di una scuola che cammina al passo con i tempi, propone di condividere questo percorso innovativo, trasmettendo al governo regionale la necessità di venire incontro alle esigenze di queste scuole, perché è il territorio che deve suggerire alla politica le proprie istanze.
“Il filo rosso del Convegno: identità-relazione, saperi di frontiera”
Josette Clemenza, insegnante di Scienze Sociali del Liceo Ainis di Messina
La relatrice, accompagnando le parole con delle suggestive immagini artistiche, si sofferma sul significato del mare come parola chiave, sfondo comune del Convegno, e metaforicamente presenta le tappe di questo incontro.
Come insegna il relativismo linguistico il pensiero si costruisce attraverso il linguaggio e viceversa. Da qui nasce la riflessione sulla parola mare che indica ora apertura, ora chiusura, ora accoglienza, ora rifiuto. Usare il mare come metafora del Convegno risponde al bisogno di contestualizzarsi: è il luogo, infatti, dove traspare l’anima del luogo in cui siamo, che troppo spesso viene trascurata e dimenticata. Il mare provoca smarrimento, ma anche ebbrezza e la sfida del Liceo delle Scienze Sociali ricorda proprio questo giocarsi di situazioni nel mare aperto. La società complessa verso cui si rivolge il nostro liceo è una società completamente nuova e non può più “essere letta con le carte nautiche di un tempo”. Se oggi le acque in cui naviga la scuola sono di calma piatta, da più parti emergono, però, voci che ci preannunciano una prossima deriva, non solo in relazione ai risultati, ma per l’assenza assoluta di piani di navigazione.
La relatrice, inoltre, riconosce che, se il Ministero ci ha lasciato in una totale immobilità, prospettando solo la possibilità di confluire in un anonimo Liceo delle Scienze Umane, questo rischio è stata anche la nostra salvezza, perché ci ha contagiato la voglia di reagire al pericolo e la risposta è stata proprio la Rete “Passaggi” che ha raccolto la sfida di scuole che si sono aperte all’innovazione.
In questo incontro sarà possibile rileggere la storia delle scienze sociali attraverso la relazione di L. Bettin. Occorre, però, prendesi cura delle reti e il Prof. Serpieri ci aiuterà ad orientarci a trovare nuove rotte. Sulla necessità di accordare i tempi della politica e della scuola ci farà riflettere, invece, il ministro Berlinguer.
E’ importante confrontarsi con scuole diverse per riconoscersi in un’identità comune. Il tema dell’identità riguarda però anche altre riflessioni e a queste nuove sponde di pensiero ci condurrà R. Siebert. E’ necessario aprire gli occhi a nuovi sguardi, specchiarsi l’un l’altro. Questo succede anche nella relazione educativa e ricorda il fenomeno della Fata Morgana per cui sembra di vedere l’altra riva, ma si vede solo sè stessi, fenomeno che, si narra, sia possibile osservare al Parco Horcynus Orca, sede della seconda giornata del Convegno.
Un contributo significativo verrà anche dagli allievi che da co-protagonisti faranno sentire la propria voce, riferendo esperienze e comunicando emozioni.
Momento conclusivo sarà poi una tavola rotonda come occasione per ascoltarsi e farsi ascoltare in modo nuovo, senza illusioni alimentate da false promesse.
La relatrice conclude augurandosi che questo Convegno sia un ulteriore crocevia per acquisire maggiore determinazione e consapevolezza.
La rete Passaggi come spazio identitario in evoluzione
Maria Luisa Quintabà, Dirigente istituto “E. Mattei” San Lazzaro di Savena (BO)
La relatrice presenta l’esperienza della Rete Demetra di Bologna, nata come articolazione della Rete Passaggi. Considerata la condizione di solitudine in cui si trovano oggi i docenti, ritiene importanti i momenti di condivisione e le reti rispondono a questa esigenza.
La Rete Demetra, in particolare, si è formata in modo spontaneo e si può definire adhocratica, ovvero nata da un reale, anche se temporaneo, bisogno: la necessità di inviare alunni ad altre scuole, in presenza di un surplus di iscrizioni. Tale struttura adhocratica risulta più efficace di quella burocratica così frequentemente seguita dai Dirigenti Scolastici.
La frammentazione dei licei con una molteplicità di sperimentazioni ha posto l’esigenza di cercare linee comuni, da cui nasce questo incontro.
La Rete si basa su un obbligo di finanziamento, ma la forza è data dagli insegnanti che vi partecipano e che vogliono condividere insieme delle strategie. E’, insomma, un laboratorio di ricerca, di sperimentazione delle innovazioni, dove si lavora in comune.
Purtroppo nella scuola si dedica molto spazio alla programmazione preventiva, ma si ragiona poco su ciò che si è fatto, attività molto importante se si vuole creare identità. La rete serve proprio a meditare sui sensi comuni, ma per questo bisogna usare linguaggi comuni e stare insieme per agire e riflettere sui prodotti. Le riunioni sono importanti proprio perché creano senso. I rapporti su cui si basa la rete sono complessi. L’autonomia, voluta da Berlinguer, è ancora poco realizzata perché non è stata adeguatamente supportata. Era necessario passare da un modello burocratico centralistico, che decide secondo la logica dell’adempimento, ad un sistema di autonomia che significa assenza di gerarchia. La rete, in effetti, è un sistema di relazioni simmetriche, in cui la funzione di leadership è variabile. La Rete Demetra è nata da una molteplicità di interessi specifici e comuni. Per comprenderne la complessità metaforicamente si potrebbe pensare alla lega Anseatica che, riunendo i commercianti olandesi contro i pirati, si basava su interessi comuni ed interessi commerciali competitivi. Anche la rete è caratterizzata da rapporti simmetrici e da molteplicità di interessi, anche in relazione alla diversa ubicazione delle scuole.
Chiarita la genesi della Rete, la relatrice si sofferma sulla sua attività, passando dalla teoria alla pratica. Durante il primo anno di formazione comune si è puntato sul metodo della ricerca, caratterizzante il Liceo, e sulla pluridisciplinarità. In una seconda fase è partita una serie di incontri tra docenti di scienze sociali, in cui sono stati sviluppati diversi argomenti: centralità dello stage, coordinamento per organizzare lo stage attraverso il contributo delle diverse discipline del Consiglio di classe, strategie di insegnamento, lavoro sulle competenze, momenti di visibilità all’esterno, consapevolezza della portata innovativa del liceo rispetto agli altri indirizzi.
La relatrice focalizza poi la sua attenzione sui punti deboli della Rete, affermando che manca una strutturazione: è carente la documentazione inviata al sito, perché si attende sempre di perfezionarla; manca chi raccolga tale documentazione, anche provvisoria, e materialmente la invii al sito.
Come esemplificazione del ruolo innovativo del Liceo delle Scienze Sociali la relatrice riferisce un’esperienza di educazione tra pari, ovvero l’incontro e lo scambio tra gli studenti delle Scienze Sociali e gli studenti del Tecnico Informatico. L’esperienza dell’istituto di Casalecchio è molto significativa perché il fatto che un Liceo delle Scienze Sociali sia stato innestato su un Liceo Scientifico ha dato un particolare rilievo e una diversa curvatura all’insegnamento delle scienze che, pur conservando lo stesso numero di ore, è stato impostato su argomenti diversi, volti alla “lettura” del territorio.
Viene ribadito inoltre il ruolo formativo dello stage all’interno del curricolo, il valore della pluridisciplinarità, degli ambiti di aggregazione dei saperi, della gradualità come criterio fondamentale nella costruzione dei percorsi. Considerata inoltre la problematicità delle compresenze, sarebbe utile incontrarsi (almeno due volte l’anno), perché le buone prassi hanno sempre bisogno dei momenti di confronto. L’ultimo aspetto su cui la relatrice si sofferma è l’Esame di Stato, non sempre pienamente conforme al profilo formativo e agli assi culturali del Liceo delle Scienze Sociali.
Leadership distribuita per la rete: governance democratica e scuole dell’autonomia
Roberto Serpieri, docente di organizzazione, apprendimento e competenze presso la Facoltà di Sociologia, Università Federico II (NA)
Il relatore esordisce affermando che l’idea di curare la Rete non deve far pensare ad una “ricetta” definitiva ma deve, invece, stimolare la riflessione su tante cure e tante ricette. Si può quindi ragionare su varie ipotesi facendo trasmigrare la riflessività dal livello individuale dell’agire professionale a quello dell’agire di rete.
La metafora della rete è evocativa, rimanda all’autonomia voluta da Berlinguer, alla necessità di decentrare un sistema gerarchico-piramidale qual è quello scolastico.
Se l’autonomia è ancora nella fase dei “lavori in corso”, ciò è dovuto al fatto che i tempi delle riforme sono diversi da quelli delle pratiche, rispetto ai primi molto più lineari e legati alla continuità. D’altronde le riforme non devono essere un problema, perché la scuola riesce sempre a metabolizzare riforme e controriforme.
Il relatore pone, quindi, in evidenza due tematiche principali come chiavi di lettura per la storia delle reti: la questione della leadership e quella dei “discorsi”, cioè dei sistemi che articolano l’agire di rete. Per quanto riguarda la leadership c’è oggi una confusione sulla distribuzione dei ruoli. Tanti sono gli aggettivi con cui si cerca di definirla, ma tre sono gli aspetti della leadership distribuita: individuale, interattivo, processuale.
Lo stile individuale è aperto, impersonale, democratico. In effetti l’idea di una federation che prevede un system-leader rimanda ad un’idea di rete di scuola che si basa sulla questione di stile individuale, con il rischio di confondere la questione psicologica degli attributi individuali con quella sociale e politica. Nella leadership distribuita bisogna guardare da un lato l’attore individuale, dall’altro ciò su cui si gestisce il ruolo, cioè sia le propensioni dell’attore sia le esigenze.
Nel modello interattivo la delega può essere un mezzo meramente gerarchico o partecipativo.
Oltre alle caratteristiche degli attori sociali bisogna, però, guardare i processi con cui la leadership si distribuisce nelle pratiche, considerare cioè il modello processuale.
La leadership è un processo di influenza politica e simbolica che tutti siamo in grado di esercitare. Tante decisioni non sono programmate né programmabili, basta guardare per es. come viene gestito l’o.d.g. dei Collegi dei docenti.
Nella pratica non si possono perdere di vista la dimensione diacronica e la prossimalità che consiste nell’applicare come logica di lettura l’osservazione tra pari.
La rete, però, è un’eccezione perché non si deve chiudere, deve attraversare i confini. Bisogna tentare di leggere le simmetrie e le asimmetrie, cosa che rimanda alle questioni di genere, e usare una logica critica.
Per quanto riguarda i discorsi relativi all’agire di rete quattro sono i tipi evidenziati dal relatore: burocratico, professionale, manageriale, democratico.
Il primo, tipico dell’ideologia liberale, riguarda razionalità, neutralità e formalismo. La logica del discorso burocratico è la responsabilità legale formale (per es. la produzione del POF).
La logica professionale, invece, centra l’attenzione sul nostro sapere, sulla nostra competenza, sull’identità, anche se quest’ultima può comportare dei pericoli perché riconoscerla, definirla significa chiuderla.
Il discorso burocratico e quello professionale si sono fusi nel welfare che ha erogato servizi. In esso la logica manageriale è stata applicata al pubblico. Il modello manageriale inoltre si lega alla competitività tra le scuole ed al processo di negoziazione.
Nella Rete “Passaggi” si esemplifica il discorso democratico. Una delle sue dimensioni fondamentali è la partecipazione come processo, non come delega; altro aspetto è l’identità intesa come identità in costruzione che si integra con la diversità, e così attiva e costruisce dialogo.
Due sono, quindi, le dimensioni per l’analisi dei discorsi: sistemi accentrati e decentrati, aperti e chiusi. Il discorso burocratico è accentrato e chiuso, il professionale è decentrato e chiuso, il manageriale è accentrato e aperto, il democratico è aperto e decentrato.
Il relatore conclude dicendo che la “cura” per la rete comprende il discorso professionale, manageriale, democratico.
La voce delle scuole
Vari i quesiti e le osservazioni dei docenti.
Innanzitutto ci si interroga sul concetto di eccellenza, su come definirla ed emerge che eccellente si può definire un sistema che sa rispondere ai bisogni.
Inoltre, posta la distinzione tra il lavoro nella rete ed il lavoro nelle scuole, ci si chiede (Prof.ssa Quintabà) se è possibile un “contagio” tra il discorso democratico proprio della rete e quello burocratico che entra in gioco quando si deve fare un accordo di rete. Il Prof. Serpieri a questo proposito replica che per decidere con quali processi agire bisogna adattarsi alle situazioni. Dagli interventi emerge anche l’urgenza della valutazione dei livelli di apprendimento e delle competenze dei docenti. Il Prof. Serpieri propone più che una valutazione degli insegnanti la loro formazione.
L’ispettrice Sgherri pone l’accento sulla questione del sistema di valutazione che dovrebbe garantire una comparabilità dei risultati.
Emerge, inoltre, l’esigenza di dialogare nella scuola, di parlare un linguaggio comune.
La Rete può essere un circuito di relazione ed a tal fine, come viene sostenuto dalla Prof. ssa Marchetti, curatrice del sito, è importante il ruolo del sito come “piazza virtuale” in cui mettere in comune le esperienze.