Apprendimento e relazione educativa
Psicologia e didattica
Alcune note di Enza Colatutto
Sono partita dall’osservazione del gruppo realizzata in una dimensione più ampia di quella delle attività di classe cosiddette frontali, ma sempre realmente praticata. Cercherò di tenere sempre presenti alcuni punti di snodo: spazio, tempo, corpo, responsabilità, il principio di avventura insito nella scoperta, la valorizzazione dell’esperienza, la valorizzazione dell’intuito.
1. L’insegnante antropologo e i suoi luoghi
Dato l’alto tasso di dispersione scolastica e dato il nostro sistema di insegnamento che fa perno essenzialmente sulla lezione frontale, si propone il seguente percorso:
1.1 La comunità digitale
- Partendo da diverse riflessioni[1] è evidente che siamo chiamati a ripensare le conseguenze che la rivoluzione digitale provoca sugli aspetti cognitivi, sia nelle fasi socio-affettive, sia in quelle di apprendimento.
- Dalla relazione di Mike Smith al seminario “da Socrate a Google” prendo il suggerimento di provare ad analizzare e a mettere in discussione: contenuti, motivazione, tempo. Più in particolare, occorre utilizzare il tempo scolastico in maniera più efficace e andare là dove gli studenti passano il loro tempo. I ragazzi tra i cinque e i diciotto anni passano a scuola solo il 20% del loro tempo e, anche se sono mezzo addormentati, occorre utilizzare almeno una parte del rimanente 80% del tempo che passano fuori scuola per educarli.[2]
1.2 Una riflessione antropologica sul ruolo docente
- Il docente cosa prova quando si trova spiazzato su linguaggi che gli studenti padroneggiano? Ne ha coscienza? Quali strategie attua per ritrovarsi su un terreno comune? È capace di negoziare?
- Cosa comporta invece nella relazione educativa? Dalla parte dell’insegnante, dalla parte dello studente. Cosa sanno che noi non sappiamo e viceversa?
- Osservare, chiacchierare, fotografare, filmare, scrivere, annotare … come è possibile fare nell’ambiente scuola in modo parallelo e globale queste esperienze?
- Mettere il naso nella voglia di niente di alcuni dei nostri studenti: siamo certi che discutiamo dello stesso niente?
- Domande stupide, domande intelligenti, buone domande: pensare per problemi, carpire informazioni.
- In antropologia i fatti culturali vanno nominati, percorsi, cantati.[3]
1.3 La linea dello scambio culturale
- Prendere sul serio l’invito antropologico: provare al non pensare troppo e mettere in atto l’arte di osservare.
- La pratica della osservazione partecipante dovrebbe essere l’unica scelta per tutti i coinvolti nel processo di apprendimento, con l’intendimento, oltre che ad accrescere le proprie conoscenze di andare anche a “ ficcare il naso nelle cose altrui”.[4]
2. Progettare percorsi didattici relativi alla propria disciplina
Noi docenti abbiamo bisogno di produrre strumenti e pratiche utili. Questo deve essere lo sforzo: mettere a punto procedimenti utili senza diventare utilitaristici. Sappiamo che:
- lavoriamo essenzialmente su racconti
- progettiamo allineando problemi, interessi, capacità, conoscenze, esperienze territoriali
- usiamo la dialettica per orientarci tra ciò che è stato e ciò che ci attendevamo
- dobbiamo fronteggiare l’imprevisto
- dobbiamo creare situazioni impreviste.
2.1 Un’ipotesi di modello di laboratorio
- Il promotore del modello del microcredito, il premio Nobel Muhammad Yunus, non se ne avrà troppo a male se sto provando con un gruppo di studenti a mettere in atto alcune relazioni tra la povertà e la ricchezza in ambito didattico; chi è povero economicamente e chi frequentando una scuola cerca comunque e giustamente di arricchirsi.
- Larghe fasce della popolazione studentesca non trovano i mezzi per uscire dalla povertà, cioè dal circolo vizioso delle insufficienze, delle sconfitte, dell’abbandono degli studi. Forse dovremmo anche noi imparare o almeno riflettere su come creare sviluppo sociale partendo dal basso.
- Il modello del microcredito applicato alla comunità classe: quanto siamo ricchi, quanto siamo poveri. Perché la scuola investe preferibilmente sui già ricchi? Riflessione sul circolo vizioso della povertà e della ricchezza.
2.2 Strategie didattiche
- Investire sulle potenzialità. Essere in grado di riconoscere le proprie competenze e di volerle trasmettere in una dimensione di aiuto.
- Scegliere tra una conoscenza o un’altra. Definire se stessi come individui rispetto alle esperienze e alle scelte operate.
- Prendere una decisione per un adolescente non è solo agire in base a delle conoscenze, ma anche in base al desiderio di produrre quella determinata conseguenza.
- La responsabilità docente è di condurre quella ricerca, analizzare e far condividere quel desiderio, facilitare quelle scelte in un processo conoscitivo e creativo.
- Nessuno più degli adolescenti può permettersi di pensare pensieri nuovi, pensare in storie, pensare per immagini.
- Quando non riusciamo ad attuare questo processo è perché viviamo la conoscenza inserita in un sistema chiuso, senza connessioni. Accettiamo la dinamica violenta secondo la quale c’è del potere da esercitare e del potere da subire.
- Il tentativo è quello di ripristinare la giustizia, si attua di solito con una strategia diretta di tipo sanzionatorio, comunque a sua volta colma di insidie e/o di ulteriori ingiustizie.
- Attuare pratiche nuove, realizzare strategie di auto-aiuto basate sulla individuazione di problemi e sulla capacità di rileggerli e attraversarli.
- Condividere la definizione di una soluzione e la relativa prassi di comportamento in una relazione di educazione tra pari.
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[1] Neil Postman, La scomparsa dell’infanzia, Roma, Armando, 2005
[2] Mike Smith, Il vecchio e il nuovo, una rivoluzione sui modi apprendere, www.adiscuola.it, dal Seminario “da Socrate a Google” 11/03/2009
[3] Giuseppe Mantovani, L’elefante invisibile, Firenze, Giunti,
[4] Marco Aime, Il primo libro di antropologia, Einaudi, Torino, 2008