Una nota a margine

 

Scelta post-diploma?

Una breve riflessione a margine del convegno nazionale

 

 

Anche quest’anno il convegno sul Liceo delle Scienze Sociali è stato motivo di confronto, di arricchimento e di riflessione. Ognuno di noi ha potuto constatare come nel tempo si possa creare un team di docenti sempre più motivato, sempre più consapevole, sempre più coeso.

Forse rispetto agli altri anni l’umore era un po’ diverso: ognuno di noi sicuramente risentiva del clima che si respira ormai nelle nostre scuole. Un clima che non è certo dei migliori poiché si assiste impotenti ad una spregiudicata delegittimazione di esperienze, di professionalità e di passione che sono stati motore di tutto ciò che noi da sempre abbiamo portato avanti. Ma un progetto come quello delle scienze sociali non può minimamente vederci perplessi, non può portarci “a tentarle tutte” pronti però a gettare la spugna. Il bagaglio di esperienze fin qui realizzate è troppo importante per dimenticarlo alla prima stazione di cambio.

Dentro vi sono anni proficui di lavoro, di sperimentazione, di qualcosa che va oltre l’impegno del singolo docente. Ognuno di noi, con la propria storia, è testimone di un fare scuola dinamico e coinvolgente che stimola le intelligenze dei nostri alunni i quali spesso trovano in noi un po’ di ordine in quella molteplicità di sollecitazioni e di confusione che la società generosamente propone.

Il convegno ci ha dato la consapevolezza che, comunque vada, noi non potremo cambiare perché la nostra esperienza in un liceo delle scienze sociali ci ha già cambiati nel metodo, nella didattica e sicuramente anche nel modo di relazionarci con i nostri alunni e con i nostri colleghi.

E’ proprio sulla base di quanto detto che ritengo opportuno continuare a condividere alcune esperienze e in questo contesto mi sembra necessario proporre alcune riflessioni sui dati, raccolti di recente, relativi alle scelte in uscita fatte dai nostri alunni al termine del corso di studi.

Un ottimo metodo per monitorare i risultati e la ricaduta sui ragazzi del nostro lavoro.

Io stessa al convegno di Messina avevo presentato un monitoraggio sugli esiti di un’intera classe in cinque anni di studio, analizzando le diversificate situazioni di provenienza socio-culturale e le varie scelte post-diploma.

Alla luce di alcune situazioni contingenti però ho qualche perplessità sulle modalità di lettura di questi dati. Ne parlavo a Terlizzi con “la nostra” Lucia Marchetti che sollecitava i referenti delle scuole della Rete ad inviare i dati.

Io lavoro in un contesto un po’ particolare, e non certo il peggiore, nel quale le difficoltà di chi vuole continuare gli studi sono tante.

Difficoltà dovute ad un’economia povera che vede molte famiglie dei nostri alunni impossibilitate a investire sulla cultura, pressate da una quotidianità che oggi più che mai è ai limiti della sopravvivenza.

Nel territorio calabrese solo da qualche anno i centri universitari sono tre (Reggio Calabria, Cosenza e Catanzaro), collegati a fatica con il resto del territorio. E la situazione è diventata ancora più complessa da quando sono iniziati i “famosi” lavori di ammodernamento dell’Autostrada Salerno- Reggio Calabria. Molti alunni sono costretti ad abbandonare il sogno di proseguire gli studi e di conseguire una laurea perchè frequentare l’università comporta vivere fuori casa e pagare un affitto che ormai è diventato sempre più caro. E sappiamo bene che l’affitto è solo una piccola parte di un insieme di spese che vanno dai trasporti al vitto, dalle tasse di iscrizione all’acquisto dei libri.

Con tutta la buona volontà un ragazzo che vive fuori casa è ormai un lusso che poche famiglie possono permettersi e il tutto si complica se i figli sono due o tre e bisogna dare a tutti le stesse opportunità. La vecchia storia di chi come molti di noi “lavoravicchiava” mentre studiava oggi non è neanche possibile in un clima di cassa integrazione e di licenziamenti dove i piccoli lavoretti, che prima erano retaggio dei giovani, sono un miraggio per padri di famiglia rimasti senza lavoro.

Non vogliamo piangerci addosso ma sicuramente una riflessione di questo tipo va fatta. Moltissimi sono i miei alunni che quest’anno dichiarano che non proseguiranno, almeno per ora, gli studi, e li vedremo commessi nei centri commerciali, nei negozi o nei call center, schiavizzati per poche lire che dignitosamente conservano per poter andare ogni tanto a mangiare una pizza con gli amici senza mettere in difficoltà i propri genitori.

E allora mi chiedo: gli abbandoni, gli insuccessi, le percentuali di chi riesce a portare a termine un percorso completo di studi possono essere elementi per valutare un percorso di studi liceale come il nostro o come qualunque altro?

Angela Mancini, Palmi (RC)