Perché leggerlo?
Nel 2012, Spillover è valso al suo autore David Quammen il premio Stephen Jay Gould, indetto dalla Society for the Study of Evolution che dal 1946 promuove, negli USA e nel mondo, l'integrazione dei vari campi della scienza connessi con lo studio dell'evoluzione.
David Quammen non è uno studioso di biologia evolutiva, è un bravissimo narratore di letteratura non fiction. Il suo lavoro, come ci dice nei suoi scritti e nelle sue lezioni, consiste nel raccontare, nel modo più coinvolgente possibile, storie vere, non inventate o abbellite o esagerate. Le sue storie raccontano come si costruisce la conoscenza scientifica dei processi e degli ambienti vitali. Le sue storie servono a far crescere la conoscenza sociale, a debellare le mitologie e a difendersi meglio, non solo da virus e batteri ma anche dall'irrazionalità, dai complottismi e dalle fake. E questo è già un buon motivo per leggerle.
Spillover, alla lettera Fuoriuscita dal Serbatoio, cioè salto di un agente patogeno da una specie ospite all'altra, è un imponente reportage di divulgazione scientifica, indagine e avventura. È nato da una serie di articoli scritti da Quammen per National Geografic al tempo dei primi allarmi per il virus Ebola. Ha come argomento le zoonosi, cioè le moltissime malattie che passano dagli animali alla popolazione umana, e spiega come si diffondono, come si identificano e come si combattono. I suoi protagonisti sono biologi in laboratorio e in campo aperto, medici e veterinari, ricercatori, portatori e guide ambientali, fotografi e documentaristi, cacciatori, pescatori e agricoltori, cuochi e turisti. Spesso inconsapevoli agenti e/o vittime di contagio.
Di questi tempi ovviamente di Spillover si parla da per tutto. Soprattutto perché già nel 2012 il reportage lanciava un avvertimento che non è stato raccolto.
Di che cosa ci avvertiva Spillover? Di alcuni fatti importanti.
- Quello che ci serve è sviluppare la tecnologia dei controlli delle infezioni e investire di più nella sanità pubblica. Predisporre disponibilità aggiuntive di spazi e attrezzature per la cura dei malati. Costruire un margine di riserva di tecnologie, attrezzature, spazi e personale competente per affrontare questa e le altre epidemie che verranno.
- Si deve investire di più nella ricerca, nella conoscenza, e nella circolazione e diffusione della conoscenza. Fare in modo che la maggior parte delle persone capisca le necessità e le dinamiche della ricerca scientifica. Oggi questo non accade, nemmeno nelle elite che governano il mondo.
- Abbiamo bisogno di ridurre e trasformare i consumi in modo che si arresti la corsa alla frammentazione e disintegrazione degli habitat Le aree ancora intatte vanno lasciate intatte. La biodiversità non va ulteriormente aggredita. Non per salvare il pianeta , ma per salvare noi stessi.
- Bisogna ridurre i consumi ma non ridurre i legami tra le persone. Conoscenze e idee devono viaggiare, anche se sarà necessario ridurre la velocità e l'affollamento degli spostamenti fisici. Potrà servire distanziarsi fisicamente, ma non dobbiamo perdere i contatti emozionali e l'empatia
- I muri non servono, né tra gli stati né dentro gli stati. Servono invece strutture e istituzioni che permettano di affrontare insieme i problemi comuni
- Anche se non c'è un collegamento diretto tra crisi climatica e pandemie, ci sono cause comuni, che dipendono dallo sfruttamento antropico del pianeta, e queste cause vanno affrontate senza perdere altro tempo.