A proposito dell’intervento di Lina Spatola “Considerazioni sul metodo”
Ringrazio delle riflessioni fatte, mi sono state molto utili e provo a mettere un pensiero dietro l’altro quello che mi hanno suscitato e cercherò anche di essere breve.
Premetto che condivido pienamente la linearità del ragionamento.
- Voglio partire dalla responsabilità della funzione docente: quindi è d’obbligo lavorare per buone domande. Non possiamo chiedere ai nostri studenti logica, procedura, intuizione e poi sapere che sono i docenti i primi che restano immobili, ancorati alle loro discipline, attaccati a quei contenitori di nozioni e del tutto insensibili rispetto a nuove procedure di acquisizioni, mai incuriositi da nuovi comportamenti, ma sempre e solo giudicanti.
- Un docente deve chiedersi, ma anche rispondersi con cadenza periodica, cosa è stato capace di pensare, programmare, attuare, verificare per gli studenti delle classi nelle quali ha prestato la propria opera.
- Quanto sia stato capace di coinvolgere studenti e colleghi, quindi l’intero consiglio di classe su progetti comuni, con obiettivi condivisi e verificabili.
- Quanto abbia tenuto conto del fare, saper creare situazioni concrete, che si possano attraversare, percorrere, costruire e non solo pensare.
- E soprattutto quanto tempo si è dedicato a mettere in atto prove diverse, per riuscire veramente a testare competenze e non solo difficoltà.
Dobbiamo iniziare a considerare adulto il consiglio di classe e non permettergli più di lavorare con la logica del passatempo, del compromesso e della scelta sempre di forme semplificate, nel senso burocratizzate e comprensibili solo da addetti ai lavori che hanno un solo scopo: fare presto e arrampicarsi su concetti che devono spiegare un numero già dato e non il contrario. Se è il c.d.c. che date le indicazioni generali, svolge funzioni di programmazione, ha funzione di memoria, propone e fa eseguire procedure valutative, noi dobbiamo esigere che sia efficiente ed efficace.
- si è efficienti, quando in base alle informazioni e all’esperienza di cui si dispone se ne fa il miglior uso possibile;
- si è efficaci quando i risultati ottenuti sono molto vicini a quelli attesi.
Sembra banale, ma siamo già al primo problema, noi ci aspettiamo risultati che nella grande maggioranza sono in realtà maturati individualmente, non veramente condivisi, rielaborati insieme e che comunque non siamo in grado di misurare nell’unica dimensione utile davvero, quella centrata sullo studente e sulle competenze raggiunte.
Non so se i licei delle scienze sociali siano perfetti, sicuramente no, ma quello che so che in cinque anni che ci insegno ho potuto mettere a segno le esperienze didattiche più belle e interessanti di tutto il mio percorso di insegnante, forse dipende anche da altri motivi, sarà anche vero che negli anni si accumula esperienza, ma lavorare in compresenza, dover organizzare lo stage, avere rapporti con le realtà territoriali, mi ha costretta a rivedere e riorganizzare il mio rapporto con gli studenti e con l’insegnamento. Vorrei dire che mi ha costretta a metterci la faccia, perché se tu inizi a proporre attività e poi a farle davvero, gli studenti ti chiederanno di più, non è vero che sono pigri, stanchi, superficiali, siamo noi che sia di fronte alla partecipazione che sfugge dal modello conosciuto, quello frontale, sia inseriti in richieste di democrazia attiva diventiamo pavidi, sì abbiamo paura, ci spaventiamo, ci sentiamo insicuri, forse è il momento di chiederci perché.
Enza Colatutto (Liceo Scienze Sociali “Machiavelli – Paladini” Lucca)