UN NEONATO DENTRO DI NOI

 

 neonato

Un neonato tra le onde del mare, un essere speciale in balia degli eventi creati a misura dallo sfacelo dis-umano. Una piccola creatura con gli occhi aperti dallo stupore, in procinto di scomparire senza destare il più piccolo rimorso. Più osservo l’immagine del bimbo salvato a stento da un grande uomo con un grande cuore, più mi domando come sia possibile rimanere indifferenti a tanto strazio e a tanta sofferenza, come sia possibile usare il pallottoliere piuttosto della coscienza. Slogans irriverenti, cartellonistiche dissacranti, parole buttate a mare come fossero cluster-bomb, per chi incoglie in tanta efferatezza, delimitiamo il perimetro della tragedia come fosse un accidente, una derivazione dei soliti eventi critici da gettare sbrigativamente anch’essi in qualche fondo di cassetto impolverato dall’empietà e dall’inedia.

Continuo a scrutare quel bimbo tenuto in alto dalle mani del suo salvatore, l’impressione è che siamo diventati talmente ipocriti da rimanerne commossi, felici del salvataggio, come a dire tutto bene quel che finisce bene, nel caso però che all’intorno, ieri, oggi o domani, qualcun altro rimarrà impigliato nella propria solitudine e disperata povertà, beh ci sarà tempo e spazio per raggranellare qualche consenso sull’eventuale rifiuto a dare mani e braccia a chi ha davvero bisogno di una speranza per non affogare nel silenzio più colpevole. Quel neonato sopravvissuto ai tradimenti della fede, della politica, degli ideali e delle passioni, ci dimostra quanto siamo portatori di opulenze ingannevoli nel recapitare miserie e misfatti agli altri, nel calpestare la dignità degli altri, soprattutto nel fare spallucce a chi vede dapprima ignorati e poi violati i propri diritti fondamentali.

Il neonato è un migrante, non è palestrato, neppure veste Hermes, tanto meno sa coniugare ancora un verbo, un piccolo migrante non accompagnato, se non dalle onde minacciose, ma ora e meno male, accolto dalle mani di chi sa esser giusto perchè umano. Continuo a rimanere prigioniero di quel pulcino inzuppato, l’inquietudine mi morde fin sotto il primo strato della pelle, e più sto curvo su me stesso, più mi chiedo dove stanno di casa empatia e dignità di ognuno e di ciascuno. Rimango incollato a quel visino colmo di stupore per quanto intorno sta accadendo, piccolo fagottino tenuto bene in alto, ben oltre le scommesse sui sondaggi e dei tornaconti, del trapezio sgangherato su cui poggiano gli equilibri del potere che non fa servizio. Continuo a guardare i fotogrammi di quel bimbo, provate a immaginarlo a testa in giù, che galleggia, senza più vita, provate a pensare alla tanta e troppa indifferenza che ci fa voltare da un’altra parte.

Guardiamo quel neonato dentro di noi e proteggiamolo con le unghie e con i denti, così facendo proteggeremo la nostra umanità.

 

Commenti

Ritratto di Alberto Facchini

Ogni tanto affiorano (il termine usato per naufraghi è quanto mai opportuno) foto tremende, aggiaccianti, sconvolgenti, o come in questo caso appese a un filo di effimera speranza. Il salvataggio di una vita umana, il gesto eroico di salvare un bimbo, il volto di un soldato che si illumina con un sorriso al posto di una grezza smorfia militaresca... 

Vedo molta ipocrisia in queste immagini, prontamente divulgate a tappeto dai nostri mass media voraci di audience.

Nel frattempo nel Mediterraneo muoiono decine di migranti al giorno. Nel frattempo cinici politici sfruttano la situazione per parlare alle pance di cittadini sprovveduti e facilmente accalappiabili. Nel frattempo i governi non riescono ad accordarsi per una comune politica sulle migrazioni. 

La foto di un neonato salvato dalle acque ci riscalda il cuore, per un attimo. Ma è (come diceva il grande Willy) sempre e comunque "l'inverno del nostro scontento, fattosi estate radiosa sotto questo sole di York". Il raggio di sole è fugace, effimero. Poi ci lascia e ritorna la disperazione di tante vite umane che sfidano la morte alla ricerca di una condizione vivibile, di una fuga dalla miseria e/o dai disastri ambientali provocati al pianeta dal pingue Occidente.

Ci vorrebbero meno foto e propaganda, più fatti e solidarietà. Sia da chi critica e chiude ogni possibilità alle migrazioni, sia a chi ne tratta giornalmente sui giornali e nelle aule parlamentari, ma poi il tutto rimane confinato nella retorica e, ancora una volta, nella propaganda politica.

Chiaro e limpido più della recoaro, ma di fronte a uno strazio così terribile, forse sarebbe il caso di intervenire sempre e comunque., indipendentemente dalle polemiche, dagli schieramenti, dalle indifferenze ecc. Tutto qui