Ma che rivoluzione e rivoluzione

sessantotto

Un amico qualche giorno addietro mi ha invitato a scrivere qualcosa sul bisogno, la necessità, l'esigenza di una rivoluzione delle coscienze.
Lì per lì, ho pensato fosse la ruminazione derivante dal disagio che sale alto nella collettività, stanca delle tante e troppe costruzioni sgranmmaticate-addomesticate in tema di comportamenti e stili di vita assai poco condivisi, ma abbondantemente partecipati.
Rivoluzione-ribellione delle coscienze, proprio un bel dire dove manca il bel fare.
Mi sono venute improvvisamente in mente le tante rivolte, rivoluzioni fallite, le primavere riformiste travestite da generale inverno.
Le rivoluzioni che non hanno generato fiori ma chiodi, il grano e il frumento soppiantati dal filo spinato.
Rivoluzioni e ribellismi che hanno ingenerato fame e povertà indicibili, depredando di ogni spiritualità la propria azione morale.
Penso convintamente che non sia più tempo di slogans suicidiari nè di cartellonistiche d'accatto, di grida antagoniste a ogni silenzio protratto, le omertà sono quello che sono, smascherate non hanno parvenza di carezza al basso della schiena.
Forse occorre più SEMPLICEMENTE ribaltare come un calzino ogni coscienza, ognuno di noi, anche quello che appare il migliore.