Riceviamo da una collega del "Pieralli" di Perugia (scuola "storica" della Rete Passaggi) questo interessante e simpatico commento che volentieri pubblichiamo (scusandoci del ritardo, dovuto esclusivamente a motivi tecnici). Insieme ai commenti di Luigi Mantuano e Angelo Morales, già presenti in questa sezione, può costituire l'avvio di una serie di riflessioni preziose nella "ripartenza" verso il prossimo traguardo. Invitiamo dunque i lettori e visitatori del sito a farci partecipi delle loro esperienze, anche brevemente (magari, perché no?, nel "formato Twitter"...) . Potranno pubblicarle direttamente (dal menu "disclaimer" - link Contatti - collabora anche tu...) o inviarcele all'indirizzo cts@lasocietainclasse.it
Partiamo dalla fine, si, come in un giallo di cui si conosce già il nome dell’assassino, ma di cui l’interessante è capire la dinamica degli accadimenti. Stamattina mi sono svegliata alle sette, come tutti i giorni del mese appena trascorso perché i ritmi sonno-veglia sono ancora impostati su quelli dei giorni passati. L’aria è più fresca del solito, e non solo perché la canicola della prima morsa estiva dell’afa ha mollato un po’ la presa. Torniamo a respirare dopo un periodo di apnea. I “miei 51” studenti del LES insieme a centinaia di loro compagni in Italia si sono diplomati!
Questa è stata la nostra prima volta, una prima volta caratterizzata da dubbi e incertezze, speranze e trepidazioni e, come nei migliori romanzi, l’happy ending non poteva mancare. Per anni siamo andati avanti navigando “a vista”, avendo come unico faro gli obiettivi di apprendimento delle nostre discipline ed il buon senso derivante dalle pregresse esperienze didattiche. Nel corso dell’anno scolastico appena trascorso la nebbia si è diradata, quando abbiamo cominciato a fare un po’ di chiarezza almeno tra noi docenti, incontrandoci di persona o nella rete, salvo poi essere presi da un sussulto di ansia quando abbiamo appreso che avremmo dovuto preparare gli studenti a sostenere un esame scritto di diritto ed economia politica, unico nel suo genere, non fosse altro perché accomuna due discipline sociali con matrici epistemologiche assai differenti.
Il giorno della prova è arrivato: trattazione o studio di caso? Il nodo si è sciolto a favore della prima, anche perché, diciamolo, una novità bastava a tutti e metteva d’accordo il Ministero, desideroso di affermare la peculiarità dell’indirizzo, con i docenti disciplinari, che lamentano la scarsa dimestichezza, che pervade la scuola italiana di ogni ordine e grado, con numeri, tabelle e grafici. La traccia è apparsa subito di portata assai ampia: welfare, globalizzazione, principi ispiratori della Costituzione italiana e dell’Unione europea, problemi del lavoro e disuguaglianze economiche. Tematiche di certo affrontate abbondantemente e non solo nell’ultimo anno di corso. I documenti stimolo offerti come spunto di analisi estremamente differenti tra di loro. Il primo, di Galimberti, proponeva un approccio di economia pubblica (fallimenti del mercato e beni pubblici e necessità dell’intervento statale e sovranazionale), il secondo, di Saraceno, con un taglio di tipo sociologico, spostava la questione su di un piano prospettico, richiamando il candidato a interrogarsi sulle ipotesi future di riforma del welfare atte a realizzare una redistribuzione funzionale del reddito più efficiente. Sovrabbondanza dunque nelle consegne, caratteristica da interpretare, nella migliore delle ipotesi, come esigenza di offrire a tutti gli esaminandi la possibilità di adempiere al proprio compito, certo con un livello nella trattazione, che ha raggiunto diversi gradi di approfondimento. Per mesi noi docenti ci siamo interrogati sull’analisi dei casi, sottostimando, a mio modesto avviso, cosa significa produrre un saggio scientifico. Gli studenti stessi meritano maggiore chiarezza a riguardo. Interpretazione della traccia, progettazione dell’elaborato, uso dei documenti, inquadramento della tematica ed infine conclusioni personali da proporre. Su questi aspetti c’è molto lavoro da fare, anche per dissipare l’erronea e fuorviante analogia con il saggio breve proposto nella prova di italiano.
Discorso diverso per ciò che concerne la seconda parte della prova, ovvero le domande. Qui è sembrato che, al contrario, si volessero testare le effettive conoscenze specifiche disciplinari. Un’attenzione maggiore dunque alla terminologia, in alcuni casi variamente interpretabile, e ai giudizi di valore a dir poco contraddittori sarebbe per il futuro auspicabile. Fermo restando che alcuni quesiti avrebbero richiesto loro stessi un’ampia trattazione, ragion per cui potrebbe essere opportuno una definizione anche quantitativa dello spazio da dedicarvi. In ogni modo, giungendo all’epilogo di questo esame di maturità che rimarrà “storico”, il LES ha dimostrato a buon diritto di rappresentere un percorso di studi che è in grado di fronteggiare le sfide della contemporaneità e della complessità, prime tra tutte le scelte in condizioni di incertezza, quell’incertezza che tutti coloro i quali hanno da sempre e continuano sempre a credere in questo progetto formativo hanno avuto come compagna dei cinque anni di lavoro appena trascorsi e che l’uomo porta con sé come fardello, croce e delizia della propria esistenza.
Anna Maria Trequattrini Liceo “A. Pieralli” Perugia