Saperi e linguaggi nelle pratiche educative
- Fondata nel 2008 con lo scopo di non disperdere l’esperienza accumulata dai licei delle scienze sociali e continuare a dar voce all’esigenza di rinnovamento e di ricerca messa in moto. L’idea originaria è di un gruppo di docenti della scuola secondaria che, pur insegnando discipline diverse, avevano partecipato all’esperienza della costruzione del liceo delle scienze umane e sociali, nelle differenti piegature e articolazioni che si sono realizzate in trent’anni di sperimentazione. In assenza di un quadro istituzionale definito, le scuole periodicamente hanno modificato il piano di studi, i docenti hanno dovuto rivedere assetti disciplinari, i programmi e i modi della didattica. [1] Per una parte del percorso c’è stata la supervisione del Ministero e poi, quando questa è venuta meno, è stata fondamentale la collaborazione fra colleghi, spesso informale e poi organizzata nella Rete Passaggi fondata nel 2004.
- Non perdere la possibilità di interagire con il mondo universitario, particolarmente sensibile ai temi della formazione, in modo paritario, in forma di scambio e di sostegno reciproco.
- Continuare a collaborare con le istituzioni del territorio particolarmente attente alle politiche sociali e di sviluppo.
- Sostenere la Rete Passaggi nella costruzione di un’idea di scuola costruita nel tempo, praticata e verificata dalle migliori esperienze delle nostre scuole. Di questa storia condivisa l’associazione vorrebbe riuscire a salvare alcuni paletti che sono riconosciuti dalla ricerca pedagogica internazionale come decisivi di un modo vincente di fare scuola:
- necessità di una profonda rivisitazione dei saperi, approccio transdisciplinare, necessità di individuare nodi/snodi centrali attorno a cui organizzare la didattica: superamento della scansione per discipline
- ruolo centrale del Consiglio di Classe e quindi modalità di lavoro in team, assunzione collegiale della responsabilità formativa anche nei confronti dei genitori
- didattica laboratoriale come modalità di lavoro prevalente di tutte le discipline; centralità del testo
- adozione delle Nuove Tecnologie anche alla luce delle profonde trasformazione nella tipologia umana che esse possono indurre
- stage formativo come luogo di confronto fra interno ed esterno la scuola, ma anche come occasione di misura per il soggetto delle proprie capacità a tutto tondo
- delineazione di un modello di formazione dei docenti
Su questi punti SISUS ha costruito un piano di formazione-aggiornamento che offre alle scuole, non solo ai licei delle scienze umane, in quanto ritiene siano validi per la scuola tutta.
Inoltre si propone di approfondire i temi del campo culturale delle scienze umane e degli studi sociali in stretta collaborazione con il mondo accademico per stare al tempo sui processi di cambiamento negli assetti disciplinari sui quali non siamo capaci, ma siamo molto interessati a capire quali applicazioni in ambito di scuola secondaria.
Interstizi. La difficile collocazione delle scienze umane e sociali nella tradizione culturale del nostro Paese
E’ probabile che nella cultura italiana le scienze umane e sociali non siano mai entrate come un significativo paradigma interpretativo del mondo contemporaneo. [2]
Noi che proveniamo da un’esperienza di insegnamento di queste discipline nella scuola secondaria pensiamo che, al contrario, proprio questo ‘ nuovo mondo ’ abbia bisogno di strumenti interpretativi ricchi e molteplici, fortemente interrelati e che i temi del mutamento, della integrazione, dei rapporti tra i generi e le generazioni, della disuguaglianza, del lavoro e della formazione debbano ritornare al centro dell’analisi. In particolare pensiamo che il tema coagulante debba essere l’agire umano e sociale nelle sue caratteristiche di riflessività e complessità e nella molteplicità delle sue rappresentazioni, tema da considerare fondante e generativo di conoscenza.
Contraddizioni. Il Liceo delle scienze umane nei Regolamenti
Uno dei problemi è rappresentato da un nome – liceo scienze umane – a cui non corrisponde un coerente profilo. Le scienze umane sono distribuite e rappresentate singolarmente e, a nostro avviso, casualmente, nei cinque anni, così che risulta difficile trovare integrazioni e percorsi che diano sostanza e struttura all’indirizzo. Il documento di Verbania elencava alcune criticità.[3]
Le scienze umane e sociali oggi: quale paradigma, quale campo culturale?
Quale presenza in un liceo? La terza cultura può rappresentare l’approccio corretto?
Questa domanda – sospesa da tempo - è stata raccolta a Verbanianell’ultimo convegnocome possibile tema da lanciare al successivo di Rovereto. SISUS ha individuato alcune domande da rivolgere a esperti e docenti universitari delle discipline che sono indicate come scienze umane nel nuovo piano orario, per rafforzare il profilo del liceo omonimo e per capire se la terza cultura potesse rappresentare il paradigma di riferimento o se fosse preferibile moderare le pretese e accontentarsi di riorganizzare al meglio le Indicazioni ministeriali. Poche sono state le risposte, ma autorevoli e interessanti e le riportiamo quasi integralmente.
Domande
1. La disciplina da lei insegnata. Quali sono a suo avviso le questioni, i nodi, i concetti essenziali? Quali sarebbero imprescindibili? Quali in un primo biennio e quali in un secondo e ultimo anno?
Alessandro Cavalli (sociologo) “Premesso che un’impostazione “disciplinare” è a dir poco discutibile, credo comunque sbagliato partire da autori-concetti-teorie e, soprattutto, adottare una prospettiva enciclopedica. Quindi, partire da temi/problemi e approfondirne uno o due. Se si impara ad affrontarne pochi ma bene, poi, all’occorrenza, se ne potranno affrontare anche altri nel corso degli studi superiori e delle occasioni della vita. Meglio pochi temi approfonditi che tanti a volo l’uccello. Ad esempio, la guerra, le migrazioni, la gestione del territorio, i diritti umani, il linguaggio dei media, ecc.. La scelta dei temi/problemi dovrebbe essere lasciata alla dinamica degli interessi e delle competenze degli insegnanti.
Giuseppe Mantovani (antropologo culturale) – suggerisce alcuni criteri
“Criterio della transdisciplinarietà . Rivedere criticamente i confini tra discipline (cioè attraversarli sistematicamente, collegare, partire dal problema e non dalla disciplina) nella pratica quotidiana, sia tra docenti che tra studenti, fare progetti comuni, interdisciplinari come regola. Psicologia(culturale), antropologia, storia, sociologia, economia non sono separate.
- Criterio della contemporaneità -nodi: fondare i saperi disciplinari nella loro storia equivale a vederli come storicamente e culturalmente situati; di qui la necessità di situare i programmi nel presente e nel futuro (si studia sempre il presente), cioè di fare sempre e comunque ed esplicitamente storia contemporanea – attualità.
- Criterio della riflessività.. in questo sapere pratico/teorico situato spuntano continuamente scelte etico / politiche che devono essere fatte in modo esplicito. “
Giuseppe Giordano (storico della filosofia) “ E’fondamentale nell'ottica di una "eziologia" della cultura occidentale. Infatti, le filosofie sono sempre state le punta di iceberg-visioni del mondo, e senza riconoscere le visioni del mondo retrostanti, nessun sapere, nessuna disciplina, nessuna conoscenza ha piena autoconsapevolezza, riesce, cioè, a darsi un senso. In questa prospettiva, sarebbe opportuno articolare l'insegnamento della storia della filosofia per tutto l'arco liceale, così da avere un primo anno di messa a fuoco di quelli che sono i problemi filosofici, un triennio di approccio storico-filosofico, un ultimo anno di ritorno all'approccio per problemi con una nuova e arricchita consapevolezza”
Paolo Cinque (docente di scienze sociali e filosofia) “Superamento di una concezione storico-lineare a favore di una concezione storico-genealogica in ogni disciplina. Utilizzazione dei “classici” come espressioni esemplari di analisi complessa del loro tempo, non come “oggetti di culto”.Essenzializzazione dello studio della filosofia (sul modello offerto, per esempio, da E. Severino e da C. Sini) per evitare di farne un contenitore “tuttologico” di sociologismi, psicologismi e storicismi.
I problemi qui sinteticamente indicati sono fra loro correlati e vanno inquadrati nell’ambito della costruzione di un curriculum organico, orientato lungo un asse culturale storico-antropologico-sociale. Obiettivo imprescindibile è lo sviluppo della capacità di vedere e comprendere in modo complesso, così che l’Università possa completare il processo al livello di una disciplina più settoriale ma non ridotta a limitante specializzazione.
Concezione propedeutica del primo biennio. La propedeuticità è intesa allo sviluppo di una comprensione del modo di pensare/agire tipico di ogni disciplina (da non confondere con la singola materia), così da rendere
- complessi gli “oggetti” di studio e i problemi
- “contemporanei” i problemi stessi, indipendentemente dal contenuto
Secondo biennio e ultimo anno: Identificazione di problematiche trasversali che rappresentano la condizione umana attuale: un lavoro da compiere a livello dei singoli corsi, con il coordinamento di dipartimenti della didattica o di organismi affini a livello di POF.
2. La sua disciplina nel liceo di scienze umane e nell’opzione economico-sociale
Condivide le indicazioni nazionali proposte? Quali suggerimenti per migliorare il
piano di studi?
Alessandro Cavalli “Le indicazioni nazionali sono così generiche che possono andar bene (o male) per tutte le stagioni. E’ comunque già un progresso che le prescrizioni orarie vengano fissate su base annuale in modo da lasciare la possibilità di accorpare gli insegnamenti in blocchi piuttosto che spalmarli su tutto l’arco dell’anno”
Giuseppe Mantovani “ le indicazioni sono abbastanza generiche, confuse (si parla di intercultura e di multicultura come se fossero concetti equivalenti); molto etnocentriche, nel senso che privilegiano la "cultura" "occidentale"
- il concetto di "cultura" é presentato in modo reificato; c' è un richiamo inopportuno all' "identità" ( questo concetto fondamentalista é sempre più criticato in sede scientifica)”
Paolo Cinque “Non condivido l’impianto e le indicazioni nazionali relative. Li considero una degenerazione e un tradimento della sperimentazione delle Scienze Sociali, una mortificazione irriformabile delle aspirazioni alla valorizzazione della formazione intellettuale.”
3. La terza cultura. Cosa intendiamo oggi con il termine ‘terza cultura’? Le scienze umane stanno
nella terza cultura? Quale differenza fra le scienze umane e le scienze sociali? Qual è il loro campo di riferimento? Quali discipline comprendono? Quali gli apparentamenti più prossimi?
Alessandro Cavalli “Terza”, cioè tra la cultura cd. umanistica e la cultura scientifica. La denominazione “scienze umane” è quasi ovunque caduta in disuso. Quando ancora viene utilizzata, normalmente include la “psicologia” che come disciplina si ripartisce tra scienze naturali (sul versante bio-neurologico) e scienze sociali. La “pedagogia” viene, dai pedagogisti, collocata generalmente tra le “scienze umane”, non rientra però in ambito scientifico empirico-analitico data la sua natura essenzialmente “normativa”, è quindi caso mai, una “scienza normativa”, come il “diritto”. Non così le “scienze dell’educazione” (psicologia, sociologia, economia) che sono invece scienze sociali nel senso proprio del termine.
Giuseppe Giordano “Terza cultura è quella che ha deciso di oltrepassare la cesura tra le due culture individuate da Snow: cultura umanistica e cultura scientifica. Emblema della "terza cultura" è Ilya Prigogine, scienziato che scopre - grazie alla "sua" scienza, che unifica tempo dell'uomo e tempo della natura descritta dalla scienza - la possibilità di una scienza "umanistica". Non sono le discipline, sic et simpliciter, a stare o meno nella terza cultura, ma questa è un modo diverso e nuovo di intendere e praticare le discipline.”
Osservazioni e prospettive
Osservazioni più generali e più ‘dall’interno’ riguardano il curricolo e la sua identità.
Josette Clemenza (docente di filosofia e scienze sociali) dice che la scommessa per il liceo delle scienze umane può essere giocata solo se l’indirizzo tutto viene ‘preso in carico’, non si può pensare di affidare al docente di scienze umane il compito di “curvare” le discipline; occorre lavorare per definire meglio una dialettica tra i due percorsi che caratterizzi entrambi in un rapporto di unità nella differenza. Pietra miliare per entrambi è la condizione umana, dove il generalista volge verso una formazione che privilegia il peso della humanitas mentre l’opzione il soggetto in relazione ad altri soggetti, storie, culture.
Per Paolo Cinque obiettivo imprescindibile è lo sviluppo della capacità di vedere e comprendere in modo complesso, così che l’Università possa completare il processo al livello di una disciplina più settoriale ma non ridotta a limitante specializzazione. Fortemente richiesto dalla natura dell’indirizzo è un curriculum organico non realizzato a causa, soprattutto del prevalere di una didattica autoreferenziale e isolata, che impedisce una programmazione complessa ma solo una somma di singoli programmi particolari, solitamente molto attenti a riecheggiare gli indici dei libri di testo in adozione.
Sembra di riconoscere nei diversi contributi una convergenza evidente sulle questioni di fondo: critica al piano di studi in vigore, critica a contenuti e al modo di distribuire le scienze umane, esigenza di puntare alla costruzione di un curricolo coerente e convincente, revisione delle discipline e individuazione di nodi coagulanti, pochi, e strategici per l’indirizzo.
Tutto questo pare oggi assai difficile da realizzare per diversi motivi che qui non è il luogo di analizzare. Tuttavia un’idea si potrebbe lanciare da questo convegno. Su aspetti ritenuti nodali, centrali e strategici individuati nel corso del convegno e in particolare nei gruppi di lavoro, si potrebbe costruire una specie di mappa su cui invitare – tra le scuole della Rete Passaggi - qualche consiglio di classe (sarebbe la condizione migliore) o piccoli gruppi di docenti che fossero disposti a realizzare buone pratiche, per poterle poi condividere e socializzare. In questa operazione SISUS potrebbe avere un ruolo di sostegno, di aiuto nella ricerca di materiali, di accompagnamento nella fase di progettazione, ma potrebbe anche rappresentare un tramite con l’università o con esperti. In questa direzione abbiamo di recente stabilito un apparentamento con l’associazione Context che e magari da questo convegno potrebbe avviarsi una collaborazione con il Centro di studi cognitivi di Rovereto. In questo senso si potrebbe chiedere al Ministero dell’istruzione un riconoscimento e l’avvallo, dato che SISUS è associazione accreditata per la formazione. Più che di modifiche generalizzate, che non paiono per ora prevedibili, si potrebbe procedere a piccoli passi, ma in modo organizzato e condiviso, per non perdere memoria delle buone esperienze consolidate nel passato e per procedere alla costruzione di una comunità di pratiche che la Rete e SISUS insieme potrebbero trasferire a livello più generale.
*Parte di queste note è tratta dalla documentazione ufficiale di SISUS in www.sisus.it
- “Si procedeva per assestamenti successivi e, in particolare nel caso dell’indirizzo di Scienze sociali, c’era un rapporto parallelo e dinamico tra le riforme di carattere strutturale e il sostegno decentrato alle scuole secondo un processo del cambiare-facendo e del cambiare con lentezza e con verifiche periodiche e costanti nelle quali le persone si riconoscessero e non ricominciassero sempre da capo. (…) Ci sentivamo quel professionista riflessivo descritto nei testi, buoni artigiani che tengono insieme teoria, pratica, organizzazione, relazione educativa e interazione con il territorio: stavamo disegnando una nuova identità professionale per l’insegnante di scuola secondaria” L.Marchetti, S.Stefanini, Un itinerario verso la costruzione di una diversa identità professionale per l’insegnante di scienze sociali in C.Pontecorvo, L. Marchetti (a cura di) Nuovi saperi per la scuola. Le scienze sociali trent’anni dopo, Marsilio-Consiglio italiano per le Scienze Sociali, Venezia 2007
- Dice al proposito Alessandro Cavalli: “per poter fare delle scelte (anche di voto) consapevoli, per non farsi imbrogliare dal demagogo di turno, per evitare l’effetto accecamento prodotto dalle ideologie, il cittadino deve disporre di un catalogo di “saperi minimi di cittadinanza” (…) L’”educazione civica” e gli “studi sociali” non si sono mai effettivamente radicati nelle pratiche delle nostre scuole. E gli effetti si vedono”
- in Democrazia e saperi minimi di cittadinanza in una città, mensile di interviste, dic.2011-genn.2012, n°190
- Le criticità possono essere così formulate:
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Contraddizione tra l’inter – pluridisciplinarietà dichiarata e effettiva agibilità, a fronte di un impianto disciplinarista a “canne d’organo”, in cui i diversi saperi sono paralleli e separati
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“Pasticcio” epistemologico determinato dalla declinazione delle singole discipline la cui somma non può costituire il senso complessivo delle scienze umane. Questo autorizza peraltro proposte editoriali necessariamente povere ed inadeguate .
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Predominanza dell’ impianto pregiudizialmente storicistico-lineare in molte discipline, che impedisce la valorizzazione della dimensione storico-genealogica, condizione fondamentale per la visione complessa.
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Scarsa chiarezza nella declinazione delle competenze, che rischiano spesso di essere confuse con l’acquisizione dei contenuti. Conseguente forzatura nei processi di valutazione delle competenze perché esse devono discendere da una visione interdisciplinare e trasversale, mentre l’impianto resta frantumato in discipline non comunicanti .
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Eccessiva contrazione oraria del biennio, che peraltro contribuisce a motivare alcune delle carenze qui evidenziate.
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Scomparsa delle scienze naturali nel triennio del Liceo delle Scienze Umane opzione Economico – sociale e del Diritto ed Economia nel triennio del Liceo delle Scienze Umane, eliminazioni che squalificano la formazione stessa del cittadino comune.
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Richiamo puramente nominale alla valorizzazione dell’uso delle Nuove Tecnologie sia perché mancano figure professionali e fondi, sia perché la proposta è scollegata dai saperi che invece dovrebbe mediare .
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Riduzione degli spazi dell’autonomia dovuti a vincoli che impediscono l’utilizzo della quota di variabilità e dell’integrazione oraria dei piani di studio con conseguente impossibilità di ampliare il curricolo.
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- Le criticità possono essere così formulate: