Che tra gli obiettivi principali del programma della premier Giorgia Meloni ci fosse quello di mettere al centro l’“italianità” in tutte le due declinazioni è stato chiaro fin dalle prime battute del suo governo, una visione che ha determinato anche i cambiamenti e le nomenclature di già esistenti e nuovi ministeri: oltre a quello dell’“Agricoltura e della sovranità alimentare” di cui ai tempi della sua nascita si è dibattuto abbondantemente, è anche quello delle “Imprese e del Made in Italy”, che ha preso il posto del Ministero per lo sviluppo economico. L’espressione “Made in Italy” di recente è tornata di nuovo in auge in Tg e giornali, complice il suo utilizzo all’interno di un Disegno di legge presentato lo scorso 25 gennaio da Fratelli d’Italia a prima firma di Carmela Bucalo: Delega al Governo per l’istituzione del Liceo del Made in Italy. Come affermato da Meloni durante la sua partecipazione a Vinitaly, “stiamo pensando a un liceo del Made in Italy per valorizzare percorsi che spieghino il legame che esiste tra la nostra cultura, i territori e la nostra identità”, per “dare continuità a una serie di settori della nostra economia che rischiano di essere totalmente perduti”. Uno dei punti, questi, su cui si basava la campagna elettorale della poi eletta premier, e che adesso pare possa essere concretizzata (naturalmente con i dovuti tempi tecnici e burocratici). Sempre a Vinitaly, Meloni ha sottolineato, rivolgendosi a un gruppo di studenti di un istituto agrario, che “per me questo è il liceo, perché non c’è niente di più profondamente legato alla nostra cultura. Faccio i complimenti a questi ragazzi, siete stati molto lungimiranti”, facendo riferimento al “luogo comune” (o presunto tale) che con la scelta del liceo “avresti avuto uno sbocco, mentre opportunità minori con un istituto tecnico; dimentichiamo che in questi istituti c’è una capacità di sbocco professionale molto più alta di altri percorsi, questo è il liceo”. E allora perché chiamare il nuovo percorso di studi dedicato al Made in Italy “liceo” e non “istituto tecnico”?
UNA SCUOLA SUL MADE IN ITALY. LICEO O ISTITUTO TECNICO?
La domanda sorge spontanea, dando un’occhiata al piano delle materie, all’approccio, alla metodologia e alle finalità del nuovo percorso di studi: “l’obiettivo è creare figure specialistiche che permettano di avere un patrimonio culturale sia in campo giuridico che tecnico per avere professionisti altamente specializzati”, ha spiegato all’Ansa Carmela Bucalo. “Quello attuale è un mercato sempre più in evoluzione, risentiamo dell’agguerrita concorrenza della Cina e dobbiamo salvaguardare le piccole imprese e tutelare i prodotti del Made in Italy”. E per farlo, nel biennio si studieranno lingua e letteratura italiana; lingua e cultura straniera; storia dell’arte; matematica; informatica; scienze naturali; fisica; scienze motorie e sportive; storia e geografia; diritto ed economia politica; religione cattolica o attività alternative; mentre nel triennio si aggiungeranno filosofia; economia e gestione delle imprese del Made in Italy; modelli di business nelle industrie dei settori della moda, dell’arte e dell’alimentare; Made in Italy e mercati internazionali. Qualcuno ha fatto notare che il nuovo liceo – così chiamato nonostante la sua natura e finalità fortemente professionalizzanti tipiche di un istituto tecnico – per poco differisce da quello “Economico-Sociale” nato dalla Riforma Gelmini, la novità sarebbero le materie del triennio fortemente votate allo studio del Made in Italy. “Abbiamo percorsi di studio molto lunghi e il mondo del lavoro richiede invece una formazione che si adatti velocemente ai cambiamenti che richiede il mercato”, ha inoltre dichiarato Bucalo, sottolineando poi che si sta pensando anche a una riforma degli istituti agrari, “sempre per tutelare i nostri prodotti”. Il Made in Italy, insomma, va tutelato e valorizzato. Ma cosa è il Made in Italy?
MADE IN ITALY. UN MITO, UN MARCHIO, UN MANIFESTO (ANCHE POLITICO)
La leggenda del Made in Italy è strettamente connessa a quella del Boom economico e di quello che è passato alla storia come “Il miracolo italiano”. Uscito letteralmente in frantumi dalla Seconda Guerra Mondiale, il Paese ha poi assistito, dopo la fase di ricostruzione, a una sempre più veloce e vivace crescita economica, tra la seconda metà degli anni Cinquanta ai Settanta, soprattutto di natura industriale: motori, navi, automobili, oggetti tecnologici, oggetti di design, con nomi di imprenditori, ingegneri e architetti che con estro e visione hanno gettato le basi appunto della leggenda del Made in Italy (lunghissimo l’elenco, tra tutti citiamo l’industriale e innovatore sociale Adriano Olivetti; l’autore della mitologica Vespa Piaggio Corradino D’Ascanio, ingegnere proveniente dall’aeronautica; l’architetto e designer Gio Ponti); senza dimenticare l’industria della moda, anche questo strettamente connesso al marchio “Made in Italy” come segno di creatività, perizia e artigianalità. E poi il settore enogastronomico, con le sue eccellenze esportate in tutto mondo. Il patrimonio da tutelare e valorizzare senza dubbio c’è, e il Liceo del Made in Italy per raggiungere l’obiettivo prevedrà, stando al Ddl, percorsi di alternanza scuola-lavoro da realizzare con le industrie di riferimento, grazie anche alla collaborazione con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, dando vita “a una rete di licei con sedi presso i distretti del Made in Italy”, con la coordinazione del Ministero e “adottati dagli imprenditori che rappresentano l’eccellenza del Made in Italy”.
IL LICEO DEL MADE IN ITALY. PRO E CONTRO
Affinché la missione del Liceo sia effettivamente concreta come congetturato dalla sua visione, è stato quindi ipotizzato il suo accostamento alle aziende del Made in Italy, non solo concettualmente ma anche fisicamente, stando alla frase “rete di licei con sedi presso i distretti del Made in Italy”. E in caso di territori o addirittura regioni in cui non sono presenti “distretti di Made in Italy”, come potrebbero ragazz* interessat* a questo ambito frequentare il Liceo? L’introduzione di questa scuola sembrerebbe quindi condizionata dalla geografia industriale del Paese, e non è difficile ipotizzare che se il Ddl troverà realizzazione, di Licei del Made in Italy ne verranno aperti molto di più a Nord che a Sud. Nonostante questo primo spunto di dibattito e riflessione, c’è chi vede nella nascita del nuovo indirizzo di studi “un aumento delle possibilità di scelta da parte dei ragazzi”, come ha dichiarato al Corriere della Sera Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, che inoltre puntualizza la già notata “incongruenza” nell’utilizzo del termine Liceo: “si tratta di slogan. Si chiama liceo per renderlo credo più appetibile alle famiglie ma in realtà ha le materie di un istituto tecnico. Il settore economico di riferimento sono soprattutto la moda e l’enogastronomia”. Insomma, se la visione e il piano di studi sembrano chiari, è da capire come questi possano trovare concretezza nonostante queste prime contraddizioni.
Desirée Maida