Nel ricordo di Paola Di Cori

Lunedì 16 Maggio, alle ore 16.00, il Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università Roma Tre, insieme a SISUS e al Centro Studi Clotilde e maurizio Pontecorvo, presenta il volume di Paola Di Cori Michel De Certeau. Per il lettore comune., edito nel 2020 e "tenuto a battesimo" dalla Biblioteca C&M Pontecorvo

Paola Di Cori, scomparsa nel 2017,di formazione  storica, ma dai molteplici interessi culturali tra cui le Scienze Umane, il femminismo, gli studi di genere, ai quali ha dedicato numerosi e interessanti saggi, è stata l’artefice della conoscenza. in Italia. di Michel de Certeau, uno dei più importanti pensatori del secolo trascorso.
Il suo studio è ad oggi l’unica ricostruzione complessiva dell’opera dello storico della mistica e della vita quotidiana. 

Paola è stata sempre molto vicina all'esperienza di SISUS, fin dalla sua nascita, spessissimo presente a convegni e incontri di studi. 

 

Sisus così la ricordava in un volumetto pubblicato in Suo onore :

«Nel 2006 l’Associazione SISUS non esisteva ancora, ma tutti quelli che oggi ne compongono il Comitato Tecnico Scientifico si sono ritrovati dal 27 al 29 Marzo di quell’anno a Sezze, presso l’IIS “Pacifici De Magistris” per il Terzo Convegno Nazionale della Rete di Scuole “Passaggi”. Fu proprio in quella sede che si cominciò a pensare ad una Associazione che, libera dai problemi burocratici propri di una scuola, potesse operare con strutture più agili e leggere.
Si diede vita quindi ad una Associazione di Scuole in rete (formalizzata con atto notarile nel 2008) per approdare poi, all’interno di questa stessa, ad una vera e propria associazione professionale di persone al di là dell’appartenenza ad una o altra scuola, quale è SISUS, che ebbe il suo battesimo nel convegno di Giovinazzo nel 2009.

Bisogna fare qualche passo indietro per chiarire il contesto in cui ci muoviamo.

Dall’abolizione dell’Istituto Magistrale gli Istituti esistenti sul territorio nazionale (molti dei quali già da anni sperimentavano il ‘Progetto Brocca’) furono invitati dal Ministero, allora della Pubblica Istruzione, ad attuare una nuova sperimentazione, in questo caso autonoma, quella dei Licei delle Scienze Sociali. Le scuole che aderirono furono ‘assistite’ da una task force del MPI con un sistema formativo completamente nuovo. Fu infatti individuata una scuola a cui far capo da tutta Italia (il Liceo Ariosto di Ferrara, che già dal 1974 sperimentava percorsi di Scienze Sociali) ed alla quale afferivano sei Poli tra cui si ripartivano tutte le Regioni; si organizzavano convegni a livello nazionale, interregionale e regionale, il tutto con il sostegno, anche economico, del MPI. Si doveva così proporre un modello di formazione a macchia di leopardo, con la possibilità di una disseminazione ‘a pioggia’ di esempi di ‘buone pratiche’ didattiche. Attivissimo e con competenze di altissimo livello il gruppo di ispettori, guidato e coordinato dalla nostra Anna Sgherri.

Purtroppo a questa stagione di entusiasmo e fermento fu posta la parola fine con la ministra Moratti, nel 2001.
Ma un piccolo drappello di ‘irriducibili’ decise di continuare la strada anche senza il paracadute ministeriale, incoraggiato e seguito comunque dall’ispettrice Sgherri. Si costituì così la rete di scuole che prese il nome di Passaggi. Le Scienze Sociali in classe, la quale continuò l’attività autofinanziandosi e organizzando convegni nazionali fino al 2013.

Questa digressione non brevissima è tuttavia necessaria per comprendere quale atmosfera si respirava in quegli anni, tra fervori ancora non del tutto sopiti e incertezze per il futuro dei Licei delle Scienze Sociali.

Al convegno di Sezze si dibatteva della “Categoria della complessità” (Questioni di confine tra scienze sociali e riforma della scuola)" :alla ricerca di una ‘bussola’, per orientarsi, appunto, nella complessità e per individuare saperi e competenze per la progettazione di un curricolo di scienze sociali.
A Paola Di Cori, allora docente di Studi culturali e studi di genere presso l'università di Urbino, venne affidato il tema Scienze sociali e scienze umane: questioni epistemologiche. Il suo interessante intervento focalizzava le ’Scienze sociali in mutamento’, e apriva la discussione sulla semantica dei termini ‘umano’ e ‘sociale’, ricostruendone la storia e osservando come esistano continui scivolamenti da un campo semantico ad un altro.
Questa sua impostazione si rivelerà fondamentale nel dibattito culturale degli anni successivi, soprattutto quando comincerà a delinearsi la ‘razionalizzazione’ del riordino voluto dalla ministra Gelmini che nel 2010 chiuderà definitivamente la stagione delle sperimentazioni per fare rientrare man mano tutte le scuole a regime.
La sperimentazione autonoma dei Licei delle Scienze Sociali dal 2010 cederà il posto all’ordinamentale Liceo delle Scienze Umane.
Non è un semplice cambio di nome, bensì una vera e propria saracinesca calata su un indirizzo che negli anni aveva saputo porsi come paradigma di buone pratiche, puntando sulla trasversalità, lo stage formativo, l’integrazione dei saperi, tutti modelli di cui la scuola sta faticosamente riscoprendo l’enorme valenza didattica, ma a cui tuttora fatica ad adeguarsi.
Soprattutto, sembrò che la scomparsa dell’aggettivo 'sociali' decretasse in qualche modo la scomparsa delle stesse Scienze Sociali a favore di una dicitura più edulcorata di Scienze Umane con prevalenza del carattere psicopedagogico, e soprattutto con il riproporsi di steccati disciplinari che poco si addicono alla loro stessa radice epistemologica.
 
Nel 2012 Paola Di Cori è al Convegno di Rovereto con l’intervento Discipline da attraversare e da trasformare. Nuovi traguardi nella didattica delle scienze sociali , in cui riprende ed amplia il discorso iniziato sei anni prima, ma in un’atmosfera ben diversa da quella di Sezze (le speranze avevano lasciato il posto a certezze scoraggianti...).
Illuminanti alcune sue riflessioni : «Volendo telegraficamente suggerire alcuni grandi cambiamenti di prospettiva per le scienze sociali dagli anni ’70 a oggi, tra le caratteristiche che mi sembrano importanti porrei al primo posto l’avvicendamento, sovrapposizione, sostituzione, omologazione, avvenuta tra scienze "sociali” e scienze "umane”. Per dirla in soldoni: tra le une e le altre lo scambio e l'affinità di obiettivi e di metodologie utilizzate è diventato così frequente negli ultimi decenni, da avere reso scarsamente distinguibili i confini esistenti tra le due, e sempre più difficile definire quale e dove passa una eventuale frontiera che li divide. Sempre più spesso, infatti, interessi, temi, finalità, che nel corso degli anni ’70 erano stati caratteristici delle scienze sociali, nel passaggio al decennio successivo cambiano direzione. Questo è molto evidente soprattutto per la storia. Fare storia, per tutti gli anni ’60 e ’70 significherà soprattutto misurarsi e allearsi, prendere a prestito categorie e metodologie, con discipline come l'economia, la geografia e l'antropologia (in Francia tutte e tre queste discipline; in Inghilterra soprattutto l’economia, sia per storici di origini marxiste che per quelli di ascendenza fabiana e laburista). Il che, ragionando in termini di insegnamento di queste materie nelle scuole, significherà una accentuazione degli aspetti materiali dell’organizzazione sociale, e un grande interesse per la vita quotidiana – vale a dire un declino del vecchio modello storicista a favore di una spiccata attenzione nei confronti della discontinuità e del presente, e conseguente affermazione di queste due dimensioni come chiavi di lettura predominanti.»
 
Per una associazione come SISUS che ha nel proprio dna la necessità di interrogarsi sulle Scienze Umane e Sociali ed approfondirle tra epistemologia e didattica, queste riflessioni sono da considerarsi in qualche modo fondanti. Ci chiediamo se e quando anche la nostra scuola saprà finalmente cogliere lo spirito di questi suggerimenti e farne tesoro!
 
Ma Paola non è solo questo; sappiamo quanto e come i suoi interessi e campi di ricerca fossero molteplici, passando da studi di genere a storia delle donne e del femminismo, storia della cultura, pratiche didattiche, antidiscipline. Ha attraversato 30 anni della nostra cultura storica e femminista con pensiero libero e spirito critico.
Combattiva sino all'ultimo, anche contro il male che non le ha lasciato scampo, dopo avere affiancato le nostre scuole in molteplici iniziative di formazione, non ha fatto mancare il suo prezioso contributo alla recente raccolta che SISUS ha pubblicato nel 2016, È tempo di cambiare.
Ci ha offerto - insieme a Roberta Mocerino - considerazioni e suggerimenti su I problemi nell’insegnamento della storia, oggi, a partire dai nuclei problematici fondamentali su cui concentrarsi : l’attuale mutata concezione del tempo storico e le difficoltà della generazione attuale nel concepire le relazioni tra passato, presente e futuro e nel collocare gli eventi nella loro corretta organizzazione diacronica; l’irruzione sul teatro della storia di nuovi soggetti una volta del tutto assenti, quali la storia delle donne, il razzismo, il colonialismo, le emergenze ecologiche e quelle religiose. Per concludere con il suggerimento di alcuni principi generali ed esigenze di base di cui tener conto nel corso della programmazione di una didattica della storia. Che dovrebbe articolarsi su tre aspetti essenziali: quello relativo al tempo in senso ampio; la concentrazione tematica sui secoli XXI e XX; il percorso cronologico (che dovrebbe essere costruito all’indietro, partendo dagli eventi più recenti e problematici).
 
Ma non paga di questo interessante contributo, mentre il libro era già quasi in bozze, ci ha voluto offrire i suoi Appunti per una Scheda sull’insegnamento della Musica, a ulteriore testimonianza - ove ce ne fosse bisogno - dei suoi tanti interessi e della sua cultura vasta e proteiforme.
Ascoltiamola: 'Per quanto negletta e di fatto abbandonata a improvvisate iniziative individuali di singole scuole e docenti sparsi, la musica costituisce una delle principali componenti di qualsiasi tentativo per costruire un ideale identikit della cultura nel nostro paese, ricca di musicisti insigni dal Medioevo fino all’età contemporanea, di teatri operistici tra i più belli del mondo, di interpreti e direttori di orchestra di livello superlativo. Governi e istituzioni responsabili non si sono mai curati di costruire efficaci strumenti per la trasmissione di questo invidiabile patrimonio alle generazioni più giovani. È ora di invertire questa rotta sfortunata.'
 
 La sua scomparsa segna una grave perdita nel nostro panorama scientifico e culturale; ci resta la sua lezione di scuola e di vita, di cui sempre le saremo memori e grati.»