Paolo Maddalena, Il territorio bene comune degli italiani

 

maddalenaPaolo Maddalena, Il territorio bene comune degli italiani

(Donzelli 2014, 208 pagine, 18 euro)

 

Recensione didattica di Claudia Petrucci

  1. Il territorio bene comune degli italiani è un’opera importante di Paolo Maddalena, uno dei più autorevoli giuristi italiani, focalizzata sullo stretto rapporto tra crisi ambientale e crisi finanziaria .

La crisi delle capacità rigenerative della Terra , testimoniata dal veloce arretrare, anno dopo anno, dell’Earth Overshoot Day ( nel 2014 le risorse annuali del pianeta sono state esaurite tra gennaio e la seconda settimana di agosto ) , e la concentrazione forsennata del potere economico nelle mani di pochi (al 10% della popolazione totale va più di metà della ricchezza del mondo) danno la misura del disastro “Viviamo in presenza di due grandi squilibri: quello ambientale e quello economico-finanziario(..) il primo riguarda le forze rigenerative della Terra, che non è più in grado di fornire l’ossigeno, l’acqua e il cibo per i suoi sette miliardi di abitanti.(…) il secondo riguarda l’economia. Oggi si calcola che il potere economico-finanziario privato supera ormai di diciotto volte il PIL di tutti gli Stati del mondo”

La causa che genera entrambi gli squilibri è la coartazione dei beni comuni in nome di un’ideologia, quella della prevalenza assoluta e ipertrofica della proprietà privata, che è stata imposta all’immaginario collettivo come unica logica e unico riferimento possibile . Tale prevalenza, come si scopre dalla lettura del testo, si fonda in realtà su presupposti storicamente e giuridicamente assai discutibili.

Su questi temi siamo spesso abituati a leggere pamphlet appassionati quanto generici. Nel saggio di Paolo Maddalena, invece, insieme a una fortissima passione civile, c’è una densità straordinaria di riferimenti storici e giuridici, teorici e documentari . Il saggio delinea, in nome di una nuova consapevolezza dei cittadini, una sorta di “controstoria “ giuridica ed economica che parte dagli ordinamenti della Roma Antica fino ad arrivare alla Costituzione della Repubblica Italiana e alla Carta dei Diritti dell’Unione Europea. La salvaguardia dell’ambiente, del patrimonio culturale e dei beni comuni non è infatti solo un ‘esigenza morale, culturale e biologica, ma un diritto costituzionalmente garantito. E’ un diritto dei cittadini italiani, vecchi e nuovi, ma anche di tutti i cittadini europei che hanno visto recepire nella Carta dei diritti e nel Trattato di Lisbona, sia pure con differenze e mediazioni, istanze e valori già affermati nelle Carte Costituzionali più avanzate, a cominciare appunto da quella della Repubblica italiana . Questo diritto , anche se fondato su basi giuridiche specifiche della tradizione romano-germanica, quindi europea, si apre al riconoscimento di un patrimonio dell’umanità, da salvaguardare in nome e per conto delle generazioni future e di tutto il pianeta1.

Che proprio l’Italia sia diventata il luogo in cui il saccheggio del territorio è arrivato agli estremi più drammatici è un paradosso amaro. Paolo Maddalena ci ricorda la sistematica violazione degli articoli della Costituzione operata in anni recenti , a partire soprattutto dal decreto legislativo 85 del 28 maggio 2010 che ha trasferito alle regioni i demani statali idrico, marittimo e minerario, insieme alla possibilità di “sdemanializzarli” per poterli alienare a privati.” “2 Prima gli abusi c’erano, ovviamente, ma erano appunto abusi. Il decreto ha invece legalizzato un furto di sovranità popolare, che prima restringe e spezzetta in senso localistico gli ambiti di interesse generale, e poi permette a singoli privati di accaparrarseli, oltretutto a prezzi di svendita.

Si tratta di provvedimenti legislativi di gravità eccezionale, che vanno contro la lettera e lo spirito della Costituzione. Questa, come si è visto, mira ad un’equa ripartizione dei beni tra tutti i cittadini, ispirandosi al principio di eguaglianza sostanziale ed ai criteri dell’utilità generale e del preminente interesse pubblico. Il decreto legislativo in esame, invece, toglie a tutti i cittadini italiani, per favorire, in un primo momento, i residenti in ogni singola Regione, ed, in un secondo momento, addirittura singoli privati cittadini.

Gli articoli della Costituzione che vengono violati sono numerosi.

Innanzitutto, è violato l’art.76 Cost., per aver il Governo ecceduto dai limiti imposti dalla legge di delega (art. 19 della legge n. 42 del 2009).

Inoltre, risultano violati i seguenti articoli: l’art. 1 Cost., in quanto viene lesa la sovranità della Repubblica e quella che Carl Schmitt denominava la “superproprietà” del Popolo sovrano; art. 2  Cost., in quanto, sottraendosi a tutti i cittadini italiani la proprietà collettiva e l’uso di beni necessari per soddisfare esigenze primarie della vita, si ledono diritti inviolabili relativi all’esistenza ed allo sviluppo della persona umana; l’art. 3 Cost., in quanto si creano molteplici disparità di trattamento fra i cittadini italiani; l’art. 5 Cost., in quanto, dividendo ingiustamente il demanio statale tra le varie Regioni e Province, si sottrae una parte del territorio alla Repubblica; l’art. 42 Cost., in quanto si sottrae indebitamente alla Comunità nazionale la proprietà e l’uso di beni appartenenti a tutti; l’art. 43 Cost., in quanto si sottraggono allo Stato-comunità beni di “preminente interesse generale”; l’art. 117, comma secondo, lett. l), in quanto non si prescinde dai confini territoriali dei governi locali per offrire servizi naturali di

uniforme livello essenziale a tutti i cittadini italiani; l’art. 120 Cost., in quanto si infrange l’unità economica e giuridica della Repubblica. E, lo si creda, l’elenco potrebbe continuare.”(p.148-149)

degrado ambientaleLa cosa è tanto più grave proprio perché la prevalenza dell’interesse collettivo e dell’utilità generale su una concezione della proprietà privata senza limiti né vincoli è sottolineata negli art 41 e 42 della Costituzione ed ha tradizioni antiche in Europa. Il libro ne ricostruisce la storia, a partire dagli antichissimi ordinamenti Romani che identificano nel territorio e nel populus le parti costitutive della civitas, cioè della convivenza civile.

Il territorio (dal latino “terrae torus”, cioè “letto di terra”) è oggetto di appartenenza quasi personale dell’aggregato umano che vi si insedia … e scaturisce la necessità di affidare al popolo la sovranità: e cioè la somma dei poteri nei quali rientrano non solo l’appartenenza collettiva del territorio ma anche la “potestà” di “confinare”, cioè di “limitare” le libertà individuali, al fine di rendere possibile la vita civile»(p.28). Citando Carlo Cattaneo, considera la proprietà collettiva , ancora presente in alcuni ordinamenti locali di gestione comunitaria dei pascoli, dei boschi, dei campi, non come “residuo del passato” ma come “un altro modo di possedere” ed è tuttora presente e attiva nel nostro ordinamento giuridico” dato che «non è la collettività che toglie qualcosa ai singoli, ma è la proprietà privata che sottrae alla proprietà e all’uso comune di tutti rilevantissime parti del territorio».

Nell’appassionante storia del diritto di proprietà ( il “terribile diritto”, come lo definisce Stefano Rodotà3 ), la Costituzione della Repubblica ne supera le interpretazioni borghesi come diritto puramente soggettivo, esclusivo e illimitato , e restituisce la sua importanza a quest’altro modo di possedere e ai valori di utilità comune e di inclusione sociale che ne derivano

Mentre il diritto alla proprietà delle risorse necessarie alla vita e al lavoro è ribadito più volte nella Costituzione, Il diritto alla proprietà privata non è incondizionato, ma dipende dalla disponibilità a svolgere una funzione sociale: «il proprietario di un’industria che, per ottenere maggiori profitti, licenzia gli operai, trasferisce la sua attività in un altro Stato e abbandona gli immobili destinati all’attività industriale, non può certo pretendere, in un secondo momento, un mutamento della destinazione urbanistica di quella zona, per potervi costruire, ad esempio, un albergo, in nome del suo diritto di proprietà sull’immobile di cui si discute».(p.88)

Se la proprietà privata non persegue la “funzione sociale”, viene meno la sua stessa tutela giuridica. Così Alessandro Mortarino4 riassume le argomentazioni di Paolo Maddalena “…non può essere consentito che una proprietà privata possa restare abbandonata e avulsa dal suo fine fondamentale di perseguire la sua funzione sociale senza limiti di tempo: dunque una proprietà privata non può essere perenne. Non solo: chi ha dei capitali ha anche l’obbligo di investirli in attività produttive, in modo che essi perseguano una funzione sociale e siano utili a tutti. L’iniziativa economica privata è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana; l’articolo 42 della Costituzione infatti recita che la legge riconosce e garantisce la proprietà privata … allo scopo di assicurarne la funzione sociale e l’accessibilità a tutti”. E’ evidente come non ci si riferisca all’accessibilità alla “grande proprietà“, inconcepibile se si pensa alla concreta impossibilità di poterla garantire a tutti. A ben vedere, la Costituzione adotta una vera e propria “strategia” dello sviluppo, basata sui due fattori produttivi della ricchezza: le risorse della terra e il lavoro dell’uomo. L’articolo 838 del nostro codice civile ci dice inoltre che «quando il proprietario abbandona la conservazione, la coltivazione o l’esercizio di beni che interessano la produzione nazionale, in modo da nuocere gravemente alle esigenze della produzione stessa, può farsi luogo all’espropriazione dei beni da parte dell’autorità amministrativa, premesso il pagamento di una giusta indennità. La stessa disposizione si applica se il deperimento dei beni ha per effetto di nuocere gravemente al decoro delle città, o alle ragioni dell’arte, della storia, della sanità pubblica»”.

degradoSe il territorio è luogo della sovranità popolare, la manomissione dei suoi equilibri ambientali e produttivi , e del paesaggio che ne è la forma visibile, è un vero e proprio attentato alla Repubblica. Sulla base di questi principi Paolo Maddalena confuta anche la tesi che postula l’esistenza di un “diritto edificatorio” automaticamente connesso alla proprietà dei suoli , che non è invece contenuto nel diritto privato e nel codice civile: Questo è molto importante, perché tali cosiddetti diritti di edificazione sono in genere dati per scontati, e in alcune interpretazioni recenti sono stati perfino considerati svincolabili dal contesto territoriale, e quindi suscettibili di essere trasferiti o scambiati . Nulla di più arbitrario e dannoso, in realtà, dato che edificare produce effetti su tutti i beni di proprietà collettiva (ad esempio il paesaggio) e non solo su quelli del privato. E qui possiamo notare tutti che la progressione mostruosa del consumo di suolo fertile (risorsa in realtà preziosa, non rinnovabile e sempre più rara) e lo stravolgimento dell’immagine e del profilo delle nostre città non soddisfano affatto interessi collettivi. Rappresentano invece una perdita sostanziale sociale e produttiva, un fattore che deprime la qualità della vita e anche un danno d’immagine dalle dirette conseguenze economiche : non è un caso che l’Italia continui a perdere appeal turistico.

La seconda parte dell’opera, quella sugli squilibri finanziari, spiega i meccanismi perversi di subordinazione del diritto all’economia . Tornando ancora alla sintesi di Alessandro Mortarino :

L’economia reale non è più il caposaldo della nostra società ed è stata soppiantata dalla cosiddetta “finanziarizzazione dell’economia“, che basa le sue radici nel far valere come valore positivo il “debito“, cioè un assoluto disvalore. Questo moderno e critico sistema ha determinato la cessazione della funzione storica propulsiva delle banche (o “istituti di credito“), originariamente attive nel rendere in prestito da molti clienti piccole somme ad un dato tasso di interesse per prestarle alle imprese a fini di produzione di beni reali. Ed ha profondamente revisionato il ruolo della Banca centrale e della stessa Banca d’Italia, un tempo composta dalle sole banche pubbliche di interesse nazionale e ora in mano delle banche privatizzate che ne detengono la maggioranza. Anche in questo caso, secondo Maddalena, tutto è contrario all’utilità sociale e si tratta di invertire la rotta con un’operazione politica internazionale che per la nostra comunità Europea dovrebbe poggiare sull’assunto dell’articolo 3 del Trattato di Lisbona, che recita: : «l’Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su una economia sociale di mercato fortemente competitiva che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente».:”

Il richiamo all’art. 3 del Trattato di Lisbona mostra che nei principi del diritto europeo troviamo riconosciute alcune delle istanze sociali così presenti nella Costituzione della Repubblica. E mostra però anche la terribile difficoltà di farle rispettare . In Italia come in Europa, la gestione del territorio come “bene comune” entra in conflitto con le forze , insieme cieche e occhiute, della globalizzazione finanziaria, che rischia di travolgere i confini territoriali e con essi le comunità politiche (p.33).

Sulla possibilità di costituire a livello europeo un argine democratico a queste derive l’autore sembra però molto pessimista. Anche se afferma che “sia ben chiaro, noi crediamo nell’Europa Unita “, e se non abbandona nemmeno l’ ipotesi di “un coordinamento in senso federale di tutti gli stati del mondo”(p. 39), nelle ultime pagine abbraccia invece l’ipotesi che collega le possibilità di recupero della sovranità popolare al ritorno ad una moneta nazionale, anziché ad un rafforzamento democratico e federale delle istituzioni europee, . Questo ci sembra l’unico punto davvero non condivisibile di un’opera per tutti gli altri versi così preziosa .5 Tanto più che in altri passi, invece, si sollecita un’ azione politica, legislativa e giurisprudenziale in grado di affermare sia i “principi di ordine pubblico economico imposti dalla nostra Costituzione”, sia “gli analoghi principi di coesione economica e sociale affermati dai Trattati istitutivi della Comunità e dell’ Unione europea”.(p.165 e p. 197-198). Si riconosce quindi, implicitamente, la possibilità di usare i Trattati europei, se ce ne fosse la volontà politica, come sponda per il bene comune anziché come strumento di oppressione sociale.

  1. I temi trattati nel lavoro di Paolo Maddalena sono talmente fondamentali per lo sviluppo delle competenze di cittadinanza che vale la pena di esplorarne le possibilità di uso didattico.

Le possibilità sono ampie e riguardano diverse materie e anche diversi livelli di età, ed è possibile identificare alcune parole chiave a cui dedicare attenzione, incardinate negli insegnamenti di diverse discipline6 .

La cosa da non dimenticare è che ciascuna di queste possibilità acquista pienamente senso se è inserita in un percorso di richiami continui e coerenti all’interno del curricolo. Al contrario, la struttura a canne d’organo della nostra scuola costringe non al confronto ma all’assemblaggio, spesso casuale e sconnesso nel tempo, delle diverse discipline , dei loro contenuti e delle loro scadenze. Far posto nei contenuti scolastici a tali richiami (magari ristrutturando e riducendo qualcos’altro) , e ricostruire un sistema leggibile di rimandi tra le discipline intorno a un oggetto comune diventa, su questi temi, un impegno civile.

  • ) Equilibrio /Squilibrio

Le prime parole chiave riguardano i concetti di Equilibrio /Squilibrio ambientale, e la definizione di “ambiente” in termini di “biosfera”7 . Sappiamo che il peso delle attività antropiche sulla biosfera ha portato addirittura a una nuova classificazione delle ere nella storia della Terra, e “Antropocene” è stata definita l’era in cui , da poco più di tre secoli, viviamo8. Sappiamo anche che questa stessa definizione può generare illusioni pericolose sulla possibilità di dominare e controllare , grazie alla tecnologia, le risorse del pianeta , e di forzarne i limiti. In realtà, la prevalenza dell’impatto antropico significa che siamo bravissimi a scassare equilibri, ma drammaticamente incapaci di ricostituirne altri.

Questi temi interessano i due ambiti disciplinari di geografia e scienze naturali e sarebbe bene prevederne un avvicinamento integrato, o almeno concordato, proprio all’inizio del percorso scolastico. Teniamo conto che in molti indirizzi, tra cui il LES, entrambi gli insegnamenti si fermano ai primi due anni , e quindi è fondamentale partire bene per costituire una piccola base di contenuti condivisi a cui poi, nel corso del curricolo, ricorrere quando le discipline rimanenti (storia filosofia, diritto, scienze umane e sociali, e anche fisica o letteratura) potranno affrontare con maggiore complessità temi connessi. E’ possibile costruire una piccola “unità di caso” su esempi di rottura degli equilibri ambientali sul territorio italiano. Dato che è sempre in agguato il rischio pedagogico di esporre gli studenti solo a esempi di battaglie perse, con gli ovvi rimbalzi di rifiuto, è molto importante trovare e valorizzare qualche esempio di bonifica o di equilibrio più o meno ristabilito, o più modestamente qualche caso riuscito di resilienza e mitigazione degli scompensi. Di “casi “, e per fortuna anche di “piccoli successi “ è utile repertorio la rivista di Legambiente La Nuova Ecologia www.lanuovaecologia.it

  • ) Proprietà privata / Beni comuni.

Qui il campo dei possibili collegamenti è sterminato, perché fino dalla prima classe la materia Diritto può affrontare il tema quando parla del diritto soggettivo, e poi può proseguire per tutto il curricolo con scansioni più o meno affidate alle programmazioni di istituto. In ogni caso la lettura della Costituzione è d’obbligo, e gli articoli su cui insistere, oltre al primo, al terzo, e al nono, sono anche quelli trattati dal saggio di Maddalena, il 41 e il 42 . In più, il repertorio di esempi fornito nella prima parte del saggio invita a collaborare anche l’insegnante di storia antica e perfino (spesso è la stessa persona), quello di Italiano/Latino , se non nella lettura dei testi, almeno nelle etimologie di termini come territorium, demanius, etc (che si faccia o no Latino nel corso). Si può perfino pensare ad una piccola unità storico antropologica sulla questione dell’affidamento della terra nella società Romana antica, da approfondire quando nel triennio si affronteranno sistematicamente contenuti e strumenti dell’ antropologia. , e questo magari aiuterà anche a capire un po’ meglio, se si trattano nel programma di storia, le guerre civili del II e I secolo a.C.. Il saggio di Maddalena dà indicazioni tanto precise da permettere il reperimento dei testi e delle informazioni che servono. Vale qui la pena di citarne un esempio (pag.106-108), così riassunto da Mortarino ( e presente con i riferimenti integrali nel testo): “Il Codex Iustiniani Augusti definisce il concetto di “ager desertus” che potrebbe consentire, oggi, ad un Sindaco di formalizzare una diffida nei confronti di un proprietario privato che abbia lasciato incolto il proprio fondo, intimandone la riattivazione della sua funzione sociale entro un termine di sei mesi, scaduto il quale non vi sarebbero più ostacoli alla dichiarazione di cessazione del diritto di proprietà privata e alla conseguente acquisizione del bene stesso al patrimonio comunale (al quale, peraltro, il bene è automaticamente ritornato essendo venuta meno la sua funzione sociale) .

La questione dei beni comuni 9si presta a molti percorsi laterali di approfondimento. L’opera di . Elinor Ostrom Governing the Commons, per cui l’autrice meritò il Nobel per L’Economia nel 2009, è inserita quasi sempre nei corsi di studio universitari che si occupano di Sostenibilità, anche se incardinati su percorsi disciplinari diversi,. Nel saggio di Paolo Maddalena sono riportati anche esempi italiani di gestione dei beni comuni , come quello delle valli di pesca della laguna veneta. 10

  • ) Diseguaglianza e globalizzazione

Prima ancora di entrare nel dibattito teorico su eguaglianza/ diseguaglianza, su cui sarà fondamentale l’apporto degli insegnamenti di scienze sociali , filosofia e diritto, è indispensabile che gli studenti capiscano su quali parametri e con quali metodi di indagine le condizioni diseguali si possano descrivere e analizzare. Il calcolo e la distribuzione del PIL, l’Indice di Gini , L’ ISU (HDI) , L’Indice di Povertà Umana (HPI) e le sue articolazioni in base allo sviluppo del paese, possono essere presentati attraverso l’insegnamento di Geografia fino dai primi passi del curricolo, e poi via via collegati alle problematiche sottese e alle scelte economiche considerate coerenti per affrontarle. Dal secondo anno in poi (e a seconda della distribuzione degli argomenti prevista dal consiglio di classe) è anche possibile affiancare una trattazione più sistematica dei metodi della ricerca sociale che permetta di capire meglio come vengono costruiti e a che cosa servono dati e indici.11

Nel triennio, parlare di diseguaglianza significa affrontare non solo le questioni filosofiche , ma , almeno a grandi linee, il ruolo e il peso delle teorie economiche. Fondamentale è a questo proposito il dibattito sul neoliberismo e sulla necessità di superarlo attraverso una riproposta aggiornata delle politiche keynesiane . Diritto, Economia , Scienze sociali e Filosofia/Storia possono dividersi il lavoro.

Alle teorie neoliberiste e alla finanziarizzazione dell’economia va imputato l’enorme aumento della diseguaglianza, e questo è spiegato con grande chiarezza nel saggio di Paolo Maddalena, che utilizza largamente come fonte anche le importanti analisi di Luciano Gallino12. La tesi fondamentale è che il diritto , cioè il rispetto del sistema di valori e delle conquiste sociali codificate nelle Costituzioni , dovrebbe orientare l’economia , cioè stabilire gli scopi, le possibilità e i limiti delle attività imprenditoriali e finanziarie. Oggi accade, come sappiamo, largamente il contrario.

La globalizzazione ha stravolto il rapporto tra diritto ed economia perché ha scavalcato gli ambiti territoriali delle comunità politiche. Ha reso quindi impossibile limitare le manifestazioni di un capitalismo sempre più incontrollato e attutirne le conseguenze più drammatiche. Il fatto che sia andata così non elimina però affatto la necessità di regole e nemmeno la necessità di preservare o ricostituire ambiti territoriali (gli ambiti tradizionali degli stati o nuovi e più ampi ambiti comunitari) in cui le regole valgano (p. 34- 37) .

In questa chiave, e alla luce di quel rapporto tra economia e diritto, è possibile leggere la storia contemporanea. Anche il funzionamento insoddisfacente della UE dovrebbe essere valutato soprattutto alla luce di quel rapporto, e per questo motivo, tra l’altro, è così grave che alla moneta unica non abbia fatto seguito la costituzione di istituzioni federali europee . Non è impossibile far diventare questo tema un oggetto di discussione in classe, non certo per imporre l’una o l’altra ipotesi politica, ma per favorire la consapevolezza delle poste in gioco.

In termini di scelte didattiche questo significa anche, per esempio, che, se si vuole affrontare in quinta la globalizzazione e la crisi europea come temi importanti del percorso economico- storico-sociale, conviene non dedicarsi esclusivamente all’analisi magari deprecatoria delle scelte monetarie della BCE ( che, tra l’altro, sembrano essere notevolmente modificate anche solo rispetto a pochi mesi fa ). Potrebbe essere forse più importante dedicare un po’ di spazio alle questioni dei trattati economici transatlantici tra USA e UE ( il cosiddetto TTIP) , e alle reazioni fortemente critiche che stanno suscitando. Le reazioni sono dovute proprio al fatto che questi trattati pretenderebbero di scavalcare o addirittura impedire le clausole di salvaguardia ambientale e sociale entrate nel diritto degli stati, e fino ad oggi convalidate e coordinate ( e a volte perfino estese) dall’Unione Europea. Così come è stato proposto ora, il Trattato Transatlantico di Partnership Commerciale e di Investimenti ( TTIP) è un esempio esplicito di tentativo di riduzione del diritto all’economia

  • Paesaggio e patrimonio culturale

Il saggio di Paolo Maddalena ci dice quindi :

  • che territorio, paesaggio, e patrimonio culturale sono elementi costitutivi della sovranità popolare,

  • che appartengono a tutti i cittadini,

  • che la Costituzione vieta di alienarli a soggetti territoriali ristretti o addirittura a privati ( potentati locali, lontani nababbi, o incontrollabili multinazionali )

Per essere capaci di rivendicare diritti bisogna però non solo conoscerli, ma essere convinti della loro importanza. La scarsa conoscenza del patrimonio culturale e delle caratteristiche uniche del nostro territorio e del nostri paesaggi mina la capacità di coscienza , e di esercizio di democrazia, di molti cittadini italiani.

Conviene allora ricominciare con umiltà, a partire dai piccoli. Usare la storia, la geografia e la storia dell’arte, le fotografie, le visite e i viaggi, abituarsi e abituare i nostri studenti di ogni età a fare attenzione ai luoghi in cui viviamo, alle caratteristiche naturali e agli edifici che le hanno modificate, trasformate, esaltate o vilipese. Leggere i significati e ricostruire le storie di chi ha vissuto e lasciato il segno su quei luoghi, del lavoro che ha dato forma alle campagne e alle città, delle opere che le hanno abbellite. Anche se competenze e conoscenze specifiche possono aiutarci, nessun insegnamento ha l’appannaggio esclusivo di questo compito. E nessun insegnamento ne è escluso.

 

 

1 In diversi passi del saggio si richiamano anche le tradizioni comunitarie e la difesa della Terra Madre presenti nelle culture americana originale e indiana

2 P. Maddalena Ambiente, bene comune, in Leone , Maddalena, Montanari, Settis Costituzione incompiuta Einaudi 2013 p. 146

3 Stefano Rodotà“ Il terribile diritto”, il Mulino , Bologna 2013

4 Alessandro Mortarino Coordinatore nazionale del Forum italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio.. La sintesi è apparsa il 30/04/2014 sul sito“Salviamo il Paesaggio, Difendiamo i Territori

5 In un mondo sempre più drammaticamente interdipendente, gli strumenti della sovranità popolare dovrebbero potersi esercitare anche a livello almeno continentale. La creazione di uno stato federale europeo sembra oggi il livello minimo di intervento efficace per recuperare il controllo del diritto sull’economia . Vedi su questo “La sovranità assente “ di Barbara Spinelli, Einaudi 2014.

6 Nell’analisi di queste parole chiave, è bene considerare anche le definizioni date dalla Enciclopedia Treccani ( per esempio, recentissima, quella di “suolo” come “risorsa non rinnovabile”)

7 “Il sottile strato, di spessore di circa quattro km, che circonda il pianeta Terra, si estende su tutta la superficie delle terre e degli oceani in cui si concentrano tutte le forme di vita “(p.19)

8 Antropocène s. m. – Termine divulgato dal premio Nobel per la chimica atmosferica Paul Crutzen (2000), per definire l’epoca geologica in cui l’ambiente terrestre, inteso come l’insieme delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche in cui si svolge ed evolve la vita, è fortemente condizionato a scala sia locale sia globale dagli effetti dell’azione umana (Enciclopedia Treccani)

9 Secondo la definizione della commissione Rodotà “beni di uso comune” sono quei “beni essenziali per la sopravvivenza dell’uomo e per lo sviluppo della persona umana, strettamente collegati ai diritti fondamentali”(p. 15 e seg.)

10 vedi anche Per una teoria dei beni comuni, in MicroMega, n. 9 del 2013.

11 Per un quadro europeo del problema vedi http://ec.europa.eu/regional_policy/what/future

12 Luciano Gallino  Con i soldi degli altri. Il capitalismo per procura contro l'economia , Einaudi 2009