SCEGLIERE TRA COMPLESSITA’ E SEMPLIFICAZIONI

Proponiamo questa illuminante lettura , una riflessione di Franco Lorenzoni (da Facebook) davvero preziosa

Le riforme, in campo educativo, sono fattive ed efficaci quando gli orientamenti e le prescrizioni, delineate da una legge, si intrecciano con una spinta a farle proprie e a incarnarle da chi la scuola la fa giorno dopo giorno.

A pagina uno del volumetto azzurro che nel 2012 giunse nelle mani di tutte e tutti gli insegnanti troviamo una Lettera del Ministro in cui si legge: “Vi propongo di considerare la fase di attuazione delle indicazioni 2012 come un periodo di coinvolgimento attivo e diffuso di tutte le comunità scolastiche, nel quale torni a prevalere il gusto della ricerca, dell’innovazione metodologica, della sfida dell’apprendimento permanente per allievi e insegnanti. Gli esiti di questo lavoro dovrebbero consentire un adeguamento continuo non solo del curricolo di ogni scuola, ma anche delle stesse indicazioni nazionali”.

 

La bozza di quella Lettera fu redatta per Francesco Profumo da Giancarlo Cerini, uno dei migliori ispettori abbia avuto la nostra scuola. Era scritta in modo così nitido e pregnante che l’allora Ministro non ritenne necessario apportarvi alcuna modifica. In poche righe vengono infatti lanciate diverse sfide di grande rilievo.

La prima sta nel far proprio un testo in movimento. Farla finita con “programmi” rigidamente prestabiliti e accogliere l’idea di doversi confrontare solo con delle indicazioni, comportava e comporta un aumento notevole del lavoro di progettazione didattica individuale e di gruppo di noi insegnanti.
Comporta l’assumerci la responsabilità di individuare, delineare e articolare un curricolo adatto alle classi in cui lavoriamo, sulle basi di un testo ricco e complesso, elaborato in oltre un decennio di ricerche. All’origine delle Indicazioni nazionali c’è stato infatti un lungo lavoro di scrittura collettiva che ha coinvolto decine e decine di esperti, seppure in modo intermittente, da quando Tullio De Mauro, Ministro della Pubblica Istruzione per pochi mesi, nel giugno del Duemila, chiamò a raccolta una commissione di 240 ricercatrici e ricercatori per “definire i criteri generali di riorganizzazione dei curricoli”. Costruire e articolare curricoli adatti alle diverse classi e capaci di includere tutte e tutti i nostri allievi, comporta una disponibilità e capacità di “metterci in movimento” non facile da attuare con costanza e coerenza.
 
A essere sinceri non credo che la maggioranza delle e degli insegnanti abbiano studiato e fatto tesoro del testo delle Indicazioni nazionali nella sua totalità. Tante e tanti si sono limitati a leggere le parti che riguardavano le loro discipline e l’ordine di studio in cui si trovavano a lavorare, sottolineando gli obiettivi e i traguardi da raggiungere.
Una minoranza consistente di docenti, tuttavia, composta dalle e dai docenti e dirigenti più attivi, si sono confrontati negli anni e giovati di quel testo. Sono coloro che tengono in piedi la scuola e si impegnano fattivamente a promuovere innovazioni capaci di contrastare il dramma della crescente alienazione di troppe ragazzi e ragazzi, che sentono inutili e lontane da loro molte proposte di studio che offre loro la scuola.
 

IL PARADIGMA DELLA COMPLESSITA’

 
L’elaborazione scientifica e culturale che caratterizza le Indicazioni delinea i tratti di un nuovo umanesimo e fa proprio il paradigma della complessità, cercando di integrare le conoscenze disciplinari con più vaste connessioni necessarie a vivere nel mondo di oggi.
L’individuazione di questa cornice di senso comporta l’assumere pienamente il paradigma della complessità. Non è certo un caso, infatti, che a guidare il gruppo che lavorò alla prima stesura delle Indicazioni, al tempo del Ministro Fioroni, fu chiamato Mauro Ceruti, studioso della complessità, e che il compito di coordinare il Comitato Scientifico Nazionale creato grazie all’impulso di Marco Rossi Doria, sottosegretario all’Istruzione nel 2012, fu affidato a Italo Fiorin, esperto di Served learning, che ha sempre fatto sua un’idea di educazione capace di rispondere in modo attivo e democratico ai bisogni della città e della società, superando i confini della scuola, come ci hanno insegnato Dewey e Freire.
Ho fatto parte di quel Comitato scientifico, che ha accompagnato i primi sei anni di formazione su quelle che chiamavamo “Nuove indicazioni”, e ricordo che Giancarlo Cerini, in diverse occasioni, ha sostenuto che bisognava tenere viva “la luna di miele tra scuole e Indicazioni Nazionali”.
Pensare al rapporto tra una legge e un’istituzione come la scuola come a un tempo di amore è inusuale. Ma se assumiamo il senso della metafora dell’ispettore romagnolo, scopriamo che Cerini evocava quella particolare forma di amore che si vive subito dopo il matrimonio. Non l’innamoramento cieco e appassionato, dunque, ma il tempo in cui lo slancio reciproco si fa promessa, durata, patto, costruzione quotidiana. E siccome il passaggio è periglioso, nella sapienza dei riti e della tradizione lo si inaugurava in viaggio, partendo per poi poter tornare alla fatica e alla bellezza della costruzione quotidiana.
E’ quel viaggio che dovrebbe stare a cuore a noi che educhiamo. La formazione dal basso, che abbiamo auspicato e in parte realizzato, l’abbiamo promossa e cercato di diffonderla valorizzando ciò che di meglio le scuole stavano già sperimentando, attraverso una diffusione capillare di laboratori adulti.
L’organizzazione di sei incontri nazionali, che hanno coinvolto centinaia di scuole della penisola, voleva inoltre dare respiro e fiducia a chi coglieva in quelle Indicazioni, divenute legge dello stato, uno stimolo a riflettere, ricercare e innovare mettendosi in causa. Confrontare pratiche diverse in modo artigianale e rimetterci tutti in discussione era dunque premessa e promessa di una costruzione comune a cui cercare di dare profondità e durata nel tempo.
 

“L’IDENTITA’ ITALIANA” DI GALLI DELLA LOGGIA E LOREDANA PERLA CONTRO IL "VULNUS" GLOBALISTA

Molte cose sono cambiate negli ultimi anni e noi ora ci troviamo a confrontarci con un Ministro che dichiara di voler ribaltare quel lungo lavoro di elaborazione e formazione, che qualche esito positivo ci sembra abbia dato alla nostra scuola.

A coordinare il gruppo di lavoro incaricato di rivedere le Indicazioni è stata ora chiamata la professoressa Loredana Perla, che ha da poco pubblicato un piccolo libro, scritto a quattro mani con Ernesto Galli della Loggia, in cui avanza il suo progetto di rovesciamento radicale. Si tratta di “costruire un percorso pedagogico sulla base di un presupposto decisamente diverso da quello che ha informato le Indicazioni ministeriali per il curricolo. Cioè sul presupposto che in realtà la rinuncia all’asse formativo dell’identità italiana, avvenuta in omaggio alle letture globaliste e multiculturali, ha creato un vulnus psicopedagogico nelle giovani generazioni”. Per superare il vulnus globalista per la professoressa Perla c’è una strada già tracciata. Basta rimettere al centro di tutti i processi di apprendimento l’identità italiana, esemplificata da una rilettura del più noto romanzo di De Amicis: il libro Cuore. “Cuore va riletto. Perché crollate tutte le ideologie i suoi contenuti possono aiutare a riscoprire i valori essenziali di cittadinanza (lealtà, generosità, responsabilità) e testimoniarli con buoni esempi agli occhi di chi nasce oggi. (…) Così può accadere che, nel terzo millennio, con la scuola in piena crisi d’autorevolezza e una generazione che fatica a comprendere e a far suo il senso del limite, Cuore, paradossalmente, riemerga all’attenzione di pedagogisti e non solo, come carica anticonformista che fa dimenticare l’Elogio di Franti. E che rende quest’ultimo obsoleto cimelio di una stagione che ha lasciato in eredità ai suoi posteri mille e una mela avvelenata”.

Nelle Indicazioni del 2012 si auspicava una “elaborazione dei saperi necessari per comprendere l’attuale condizione dell’uomo planetario, definita dalle molteplici interdipendenze fra locale e globale, (…) come premessa indispensabile per l’esercizio consapevole di una cittadinanza nazionale, europea e planetaria”. Si sottolineava inoltre come “l’incontro fra culture diverse abbia saputo generare l’idea di un essere umano integrale”.

“Tanta roba”, stando ad alcune dichiarazioni del Ministro Valditara. Alla costruzione di una consapevolezza orientata dall’idea di una possibile formazione di esseri umani planetari, mutuata da alcuni testi del filosofo francese Edgar Morin, Loredana Perla propone di contrapporre l’identità italiana come “concetto ordinatore”. E nel farlo non esita ad indicare dei nemici, seguendo l’uso dell’attuale destra di governo.
Ecco che allora il caustico, esilarante e motivato Elogio di Franti, scritto da Umberto Eco nel suo Diario minimo del 1963, viene additato come testo diabolico, precursore di tutte le nefandezze portate dal sessantotto.
Nei primi capitoli di “Insegnare l’Italia”, che si presenta come “Una proposta per la scuola dell’obbligo”, Galli della Loggia non è andato per il sottile, chiamando coloro “che hanno redatto i programmi attualmente in vigore, gruppo di scervellati che non ha la minima idea della realtà”. E Loredana Perla non è stata da meno nel lanciare la sua battaglia culturale purificatrice, tanto che, a conclusione del libro, non esita ad affermare che “non c’è più spazio per le indulgenze di un mondo di adulti che negli ultimi sessant’anni ha sbagliato tutto. Un mondo di adulti il quale dovrebbe capire che forse è giunta l’ora di cambiare rotta”.
 
Affidare a intellettuali capaci di tali semplificazioni l’opera di revisione di un lavoro collettivo durato anni non può non inquietare chi creda nella scuola come luogo di ricerca ed elaborazione, capace di accogliere punti di vista molteplici e confrontarsi con le diversità e complessità del mondo, che da anni abitano le nostre classi.