Da alcuni anni a questa parte si è affermata anche nel Nord Italia la preferenza delle famiglie per l’istruzione liceale, già consolidata da decenni nelle restanti regioni italiane. Per l’anno scolastico 2023/2024 il 57,1% dei futuri studenti della scuola secondaria di secondo grado a livello nazionale ha scelto il liceo.
Le ragioni di questa schiacciante preponderanza dell’istruzione liceale su quelle tecnica e professionale sono senza dubbio da ricercare nel fatto che il liceo dovrebbe garantire una più solida acquisizione della cultura generale, posticipare di fatto il momento della scelta dell’area in cui ci si specializzerà e consentire maggior successo nella carriera universitaria. L’emergenza sanitaria Covid19 e il timore di crisi in molti settori dell’economia nazionale hanno poi determinato una svolta decisiva in questa direzione.
Nei fatti, tuttavia, questa tendenza ha risvolti negativi. In molti casi si iscrivono contro voglia al liceo studenti che preferirebbero dedicarsi ad apprendere arti e tecniche da molti ritenute, in quanto prevalentemente manuali, meno qualificanti rispetto alle professioni intellettuali. Le conseguenze sono che da una parte i licei devono adeguare la propria offerta formativa a una platea scolastica non sempre in possesso degli strumenti necessari per affrontare questa tipologia di studi, dall’altra gli istituti tecnici, e ancor di più gli istituti professionali, soffrono di un continuo calo di iscrizioni a danno della diffusione di tutti i saperi e i saper fare legati alla produzione Made in Italy.
Sicuramente poi, nel caso degli istituti professionali, ha giocato a sfavore anche l’ultima Riforma (D.Lgs. 61/2017) che ha indebolito le discipline dell’area generale – basti pensare alla riduzione delle ore di insegnamento della lingua inglese - senza, peraltro, rafforzare in modo efficace l’area di indirizzo.
In questo panorama di grave carenza di risorse umane – nell’area del turismo, ad esempio, manca il personale addetto alla ristorazione e alla ricettività alberghiera - la proposta di istituire un Liceo Made in Italy non sembra costituire un valido correttivo.
A che dovrebbe servire il liceo del Made in Italy
In primo luogo, il nuovo Liceo sembra sovrapporsi al già esistente Liceo Economico Sociale, fatta eccezione per il rilievo dato alle discipline come la gestione delle imprese Made in Italy e il Made in Italy nei mercati internazionali.
Sembra però davvero complicato pubblicizzare il Made in Italy senza una concreta conoscenza delle filiere produttive. Come potrebbero promuovere l’italianità all’estero, figure che non sono formate attraverso la conoscenza di storia, tradizioni, materie prime, tecniche e modalità di produzione legate ai vari territori?
Sarebbe sicuramente più opportuno rafforzare la conoscenza del marketing e della gestione di impresa proprio all’interno degli istituti che si occupano della produzione ed erogazione dei servizi nelle specifiche aree. Si pensi alla moda, all’agraria, all’enogastronomia, alla meccanica. Ormai da molti anni, ad esempio, gli Istituti Professionali per l’Enogastronomia e Ospitalità Alberghiera chiedono, senza successo, al Ministero preposto l’autorizzazione ad avviare la sperimentazione di indirizzi di tipo liceale in cui, senza prescindere dalla conoscenza di come realizzare prodotti e servizi, si possano acquisire solide competenze relativamente alla pubblicizzazione, commercializzazione ed esportazione. Che questo sia il percorso più naturale per la formazione di figure esperte in Made in Italy, è già evidente dagli attuali piani di studio degli Istituti Tecnici e Professionali che, tra le competenze in uscita, prevedono proprio la capacità di lettura del territorio, la promozione efficace e la valorizzazione di prodotti e servizi.
Del resto, la stessa Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nelle scorse settimane, durante una visita alla fiera di Verona Vinitaly, ha parlato degli Istituti Agrari come di scuole da potenziare e da annoverare tra i licei italiani.
Sembra anche piuttosto azzardato proporre il Management come materia di studio già al liceo, in quanto ciò presuppone una solida formazione di base ed è già materia di insegnamento, non solo nei percorsi universitari, ma anche nei percorsi di alta formazione post diploma ITS.
La rete ITS infatti, nel cui rilancio il governo si sta impegnando negli ultimi anni, prevede un’ampia area di formazione dedicata al Made in Italy con particolare attenzione al mondo della moda, dell’enogastronomia e della meccanica.
Per ottenere i risultati sperati sembra pertanto importante:
- rafforzare la formazione tecnica e quella professionale dando maggior spazio alle discipline dell’area culturale di base, anche attraverso la sperimentazione di nuovi indirizzi;
- consolidare i percorsi post diploma di alta formazione (es. ITS);
- rafforzare in tutte le scuole superiori di secondo grado i percorsi PCTO in modo da sviluppare competenze di imprenditorialità e da moltiplicare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro.
Infine, occorrerebbe intervenire direttamente su aziende e imprese in modo da ridurre la tassazione del lavoro e creare condizioni più eque per gli operatori dei vari settori.
Solo in questo modo sarà possibile un concreto rilancio della formazione tecnica e professionale - cuore pulsante della produzione del Made in Italy - e la formazione di professionalità in grado di favorire l’esportazione del prodotto italiano nel mondo.
Rossana di Gennaro - DS IPSEOA Carlo Porta, Milano