Il ‘Manifesto per la nuova Scuola’: la replica di SISUS

 Il ‘Manifesto per la nuova Scuola’, lanciato dal blog "La nostra Scuola"  e rilanciato su Change, offre all'attenzione delle Istituzioni e dei cittadini "otto proposte per cambiare l’istruzione in Italia".

Plaudiamo all'iniziativa, sia perché di scuola non si parla mai abbastanza in termini positivi e propositivi, sia perché l'ultima 'riforma' (la cosiddetta 'Buona Scuola', legge n. 107 del 2015) ha lasciato molte questioni irrisolte ed altre ancora aperte.

Proposte del Manifesto condivisibili, anche nel modo in cui sono argomentate, ci sembrano quelle che riguardano Un giusto rapporto tra mezzi e fini, Il mancato coinvolgimento degli insegnanti nelle "riforme" degli ultimi vent'anni e Un diverso rapporto numerico tra studenti e insegnanti. Quanto al reclutamento e alla formazione degli insegnanti pensiamo che lo studio e gli approfondimenti iniziali non siano sufficienti; va riveduta la forma di reclutamento tanto del personale docente che dei Dirigenti scolastici e del personale ATA, da aprirsi alle migliori esperienze europee, in modo da valorizzare le conoscenze, capacità e competenze acquisite. Inoltre andrebbero recuperati e riconosciuti (contrattualmente) per i docenti spazi per lavorare insieme, per le compresenze e per la progettualità dei Consigli di classe sul modello della scuola primaria, in quanto momenti essenziali non solo per la didattica ma anche per l'autoformazione.
Una formazione in servizio obbligatoria, strutturale e permanente dovrebbe essere resa realmente tale, infatti, non solo tramite il ricorso ad esperti e a periodi di aggiornamento più o meno brevi, ma anche nel confronto peer to peer e nell'autovalutazione.
 
Su alcune questioni non secondarie, invece, ci sembra necessario esprimere il nostro motivato dissenso. E soprattutto l'invito a non confondere gli strumenti con l'uso distorto che purtroppo troppo spesso se ne fa, la norma 'buona' con la sua cattiva o mancata applicazione.
 
Procediamo per punti.
  •  La vexata quaestio delle competenze: su di esse, a nostro avviso, circolano ancora troppe 'leggende metropolitane', dovute spesso ad una errata applicazione del dettato delle norme, che ha potuto portare a derive aziendalistiche ed eccesso di burocratizzazione.
-   Anzitutto non c'è, né deve esserci, una contrapposizione tra queste e la relazione educativa.
L'acquisizione di competenze non sminuisce affatto la dimensione umana del giovane, anzi, la valorizza. Le competenze non sono peraltro prerogativa del mondo aziendalistico, anzi…
Ad ogni buon professionista (insegnanti inclusi) si chiede innanzi tutto di essere competente, e dunque è perfino ovvio che la competenza costituisca obiettivo non secondario dell'istruzione/educazione scolastica.
Purché ci si intenda, una volta per tutte, su che cosa sia competenza.
La prima definizione 'ufficiale' compare nel Documento Tecnico del 2007: «“Competenze” indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale; le competenze sono descritte in termine di responsabilità e autonomia
D' altronde, senza scomodare la bibliografia sterminata che esiste in proposito, basta andare all'origine del dibattito parallelo all'introduzione del termine 'competenza' nel lessico scolastico, vale a dire le riflessioni comuni del Gruppo di studio tecnico costituito con D.C.M. 12 luglio 1999 e seguite ai due fondamentali convegni (Frascati1999 e Bologna 1999) Vi troveremo affermazioni che nel dibattito successivo e relative applicazioni sono state spesso travisate o addirittura ignorate o stravolte, come (citiamo i titoli di alcuni paragrafi): L'inscindibile, connessione tra conoscenza e competenza: le competenze come utilizzazione e padroneggiamento delle conoscenze - La certificazione delle competenze: la ricerca di un equilibrato rapporto tra la complessità del processo formativo e la valutazione puntuale del suo esito - Imparare a imparare come "competenza delle competenze".
-  Dalla lettura dello snello documento 'ministeriale' si ricava una seconda fondamentale osservazione: non c'è, né deve esserci, una contrapposizione tra le competenze e le conoscenze. Al contrario, le conoscenze diventano l'indispensabile supporto per la costruzione di competenze: senza le une vengono meno le altre, e viceversa. Le competenze garantiscono il possesso consapevole e quindi duraturo delle conoscenze, e permettono di innescare quel circolo virtuoso per cui l'apprendimento diventa un processo a spirale in continua ascesa, una continua conquista.
Parlare poi di "trasmissione del sapere" come base, o addirittura sinonimo, dell'istruzione e dell'educazione che deve dare la scuola significa considerare lo studente come un passivo destinatario e non piuttosto come quell' individuo in interazione e responsabile del proprio autonomo processo di apprendimento delineato dalla definizione del Documento Tecnico
 
  • Restituire la centralità dell'ora di lezione non può sbrigativamente essere risolto con l'eliminazione "di ciò che non è apprendimento e insegnamento".
-  Innanzi tutto chi l'ha detto che tutto ciò che si distanzia dalla lezione più o meno frontale non sia insegnamento e apprendimento? Un certo Gianni Rodari ci ammoniva che c'è una scuola grande come il mondo ….
È vero che una volta la scuola funzionava benissimo senza i PCTO, i test INVALSI, i progetti, il RAV, i PTOF…, ma è come dire che dato che in carrozza si andava così bene che bisogno c'è delle automobili? Fuor di metafora, non è facendo piazza pulita che si può realizzare un fantomatico ritorno alla purezza delle origini
Il territorio, le esperienze, la società globalizzata, non sono meri accessori da lasciare sbrigativamente fuori dalla porta.
Il mondo di oggi non ammette ingenue semplificazioni: con la realtà complessa è necessario fare i conti, cercando piuttosto di analizzare bene tutti gli strumenti che ci sono offerti, senza subirli passivamente, ma piuttosto riempiendo di senso il nostro agire di insegnanti e di educatori e confrontandoci con l'universo in cui tutti siamo immersi, a partire dai nostri studenti.
Altrimenti il rischio è da un lato di scambiare, tout court, per scomode attività burocratiche tutte quelle che consentono ai ragazzi di confrontarsi con se stessi e la società, e dall'altro di considerare "finalità estranee" proprio tutte quelle che toccano la dimensione emotiva e relazionale dei ragazzi.
 
  •  Infine, l'Autonomia scolastica.
-   È pur vero che spesso è stata male interpretata e mal gestita, ma proprio grazie all'autonomia, quando è stata 'manovrata' con lungimiranza e intelligenza, le scuole hanno realizzato buone pratiche ed esperienze d'avanguardia, ben lungi dal privare la scuola dell'orizzonte pubblico democratico e nazionale che le è proprio.
Piuttosto siamo fermamente convinti che sia necessario rilanciare e sostenere tutti gli ambiti dell’Autonomia come risorsa e strumento di flessibilità educativa e valorizzazione della professionalità docente, affiancandola con una valutazione della qualità del servizio offerto, secondo il principio di trasparenza, di responsabilità e rendicontabilità, intesa come strumento di miglioramento condiviso e democratico che veda coinvolto e ascoltato anche il protagonismo degli studenti.
-  Altrettanto necessario è attuare un processo di sburocratizzazione e snellimento delle procedure e degli atti amministrativi che sterilizzano, ingabbiano e tolgono il senso della professione docente
 
Il Comitato Tecnico Scientifico di SISUS
8 GIUGNO 2021