Sulla soglia
Il dialogo educativo tra scuola e territorio
Il sapere esiste solo nell’invenzione, nella re-invenzione,
nella ricerca inquieta, impaziente, permanente che
gli uomini fanno nel mondo col mondo e con gli altri.
Ricerca che è anche sostanziata di speranza.
Paulo Freire
LUNEDI' 29 MARZO
11.00 – 13.00
La Rete e S.I.S.U.S. di fronte alla riorganizzazione dei quadri orario
Incontro preliminare dei Licei aderenti alla Rete Passaggi e dei soci di S.I.S.U.S. (Società Italiana Scienze Umane e Sociali)
Coordinano Paola Bruschi, dirigente scuola capofila, Istituto “Manzoni” di Suzzara (Mn) e Amelia Stancanelli, presidente SISUS
Pausa pranzo
15.00 – 18.00
Apertura convegno
Saluto del dirigente scolastico Franco De Marchi - Istituto “Carducci” di Trieste
Scienze umane e sociali: saperi di frontiera
La soglia come luogo del nostro abitare Pier Aldo Rovatti Università di Trieste
Spazi per incontrare lo sguardo dell’altro Peppe Dell’Acqua Dipartimento di Salute Mentale
guarda un'intervista a Peppe Dell'Acqua sulla storia del Manicomio di Trieste
Dibattito
Coordina Davide Zotti – Liceo “Carducci” di Trieste
19.30
Cena oltre la soglia – Lokev, Carso sloveno
______
MARTEDì 30 MARZO
9.00 – 13.00
Scuola territorio intercultura
Tavola rotonda
Attraversare frontiere incontrare culture - Giuseppe Mantovani Università di Padova
Superare l’etnocentrismo: passi verso un’educazione interculturale. Report sulla sperimentazione in atto nelle scuole della Rete (Terlizzi, Roma, Messina, Catania, Bologna, Trieste)
scaletta di nodi/questioni/punti forti
Spazi per incontrare lo sguardo dell’altro
Liviana Zanchettin Comunità di S. Martino al Campo
Gianfranco Schiavone Consorzio Italiano di Solidarietà
Vedere noi stessi tra gli altri Alessandro Dal Lago Università di Genova
Coordina Lucia Marchetti – Responsabile sito web Passaggi
Pausa pranzo
15.00 – 19.00
Il nuovo liceo delle scienze umane: curricolo, organizzazione
Gruppi di lavoro:
18,00 Assemblea plenaria: relazionilavoro svolto dai gruppi
20.00
Cena
_____
MERCOLEDI' 31 MARZO
9.00
Sulla soglia. Quale modello di scuola per il futuro?
11.30
Presentazione e approvazione del documento finale
12.00
Conclusioni di Franco De Marchi – Dirigente dell’Istituto “Carducci” di Trieste
Si ringraziano:
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
Provincia di Trieste
Comune di Trieste
Istituto Statale d’Istruzione Professionale di Monfalcone
FRIULADRIA Credit Agricole
Assicurazioni Generali
Libreria S. Marco
PrimoAroma Trieste
info pratiche per i partecipanti
INFORMAZIONI PER LA PARTECIPAZIONE AL VII CONVEGNO NAZIONALE
RETE DEI LICEI DELLE SCIENZE SOCIALI “PASSAGGI” & SISUS
Sulla soglia
Il dialogo educativo tra scuola e territorio
Aula Magna del Liceo Classico “Dante Alighieri”
Via Giustiniano, 3 – Trieste
29 – 31 marzo 2010
Visualizzazione ingrandita della mappa
COSTI
Sistemazione in camera singola – colazione - cena 29 - 31 marzo 2010 € 240
Sistemazione in camera doppia – colazione - cena 29 - 31 marzo 2010 € 180 (a persona)
La quota comprende :
Per prenotarsi è necessario:
Conto Corrente bancario: IT 62 L 05336 02207 0000 40258593
Banca di riferimento: FRIULADRIA
PER GLI ADERENTI ALLA RETE :
Le scuole devono essere in regola con il versamento della quota annuale.
E’ prevista una gratuità per ogni scuola, escluse le spese di viaggio che – ai sensi dell’ art. 3, comma b, del Regolamento della Rete, dovrebbero gravare sulla scuola di appartenenza.
SUGGERIMENTI
E’ possibile al Dirigente, dato che l’adesione alla Rete è stata deliberata nel POF, formalizzare con lettera di incarico la “missione” dei docenti che parteciperanno al Convegno, con l’impegno per gli stessi di socializzare i risultati al rientro in sede tra i colleghi, nei modi che la scuola riterrà più opportuno.
Ciò renderà possibile:
TRASPORTI
Per chi arriva in treno:
uscire dalla stazione verso piazza della Libertà, percorrere via Ghega, piazza Dalmazia, piazza Oberdan ed in dieci minuti sarete in via Giustiniano n.3, sede del Convegno (Liceo Classico “Dante Alighieri”);
per giungere all’hotel, prendere l’autobus n. 20 o 21 (capolinea) in piazza della Libertà e scendere alla fermata di Largo Barriera/via Oriani.
Per chi arriva in aereo:
dall’Aeroporto di Ronchi dei Legionari prendere il pullman di linea E51 fino a Trieste, autostazione di piazza della Libertà. Per gli orari consultare il sito: http://www.aptgorizia.it/cms/data/orari/files/linea_aeroporto_resource_o...
Per chi arriva in automobile:
dopo il casello del Lisert, uscita Sistiana direzione Trieste Miramare (Strada Costiera)
è previsto un parcheggio a pagamento nei pressi dell’hotel
Il Dirigente Scolastico
Franco De Marchi
Cari amici, docenti, colleghi, autorità,
eccoci all’apertura del VII Convegno nazionale della Rete Passaggi. Benvenuti a Trieste ai membri del direttivo della Rete e a tutti i convegnisti, dirigenti e docenti. Grazie ai relatori che offriranno il loro qualificato contributo per la formazione e per il dibattito; grazie all’assessore alle politiche giovanili e all’istruzione della provincia di Trieste Adele Pino, all’assessore alle politiche giovanili del Comune di Trieste Giorgio Rossi, che con la loro presenza conferiscono valore all’evento, che diventa così anche occasione per rafforzare l’alleanza virtuosa tra le competenze professionali che stanno dentro alla scuola e i ruoli delle istituzioni territoriali che operano in sinergia con la scuola al fine di rendere, attraverso ogni forma possibile di collaborazione, il miglior servizio di istruzione, educativo e formativo ai giovani, nella prospettiva della realizzazione dei loro progetti di vita. Devo dire che i rapporti fra istituzioni territoriali, Provincia, Comune, Azienda sanitaria, Associazioni di volontariato e liceo Carducci sono molto collaborativi, continui, proficui.
Sarà un Convegno particolare, quello che ci apprestiamo a celebrare, in quanto si svolge in una situazione diversa rispetto alle precedenti edizioni. Mai infatti la denominazione delle Rete “Passaggi” ha avuto significato più pregnante di oggi, poiché siamo veramente in un momento di passaggio, passaggio a un nuovo ordinamento: siamo “sulla soglia”. Il vecchio ordinamento tuttavia non sarà abbandonato in un attimo, ma ci accompagnerà con l’indirizzo delle scienze sociali per altri quattro anni, mentre progressivamente avanzerà il nuovo, il liceo delle scienze umane e dell’opzione economico sociale. Siamo sulla soglia dunque, al confine di due territori entrambi presenti e abitati: ben conosciuto quello da cui proveniamo, meno noto, ancora in gran parte da scoprire e da costruire insieme, quello che ci sta davanti.
La rete Passaggi ha avuto un ruolo da protagonista nella maturazione, nello sviluppo, nella socializzazione, nello scambio delle migliori esperienze didattico formative del liceo delle scienze sociali: esperienza che rimane e che potrà, dovrà, nei suoi aspetti migliori e irrinunciabili, essere innestata e valorizzata, con gli opportuni adattamenti, nel nuovo liceo delle scienze umane. Cosa ci sarà nella nuova casa, oltre la soglia? Molto dipenderà anche dalla passione educativa che contraddistingue le persone di scuola, dall’impegno che ci metteremo nell’arredarla e nel renderla accogliente, bella e funzionale, anche se l’impresa potrebbe non preannunciarsi del tutto facile. Abbiamo delle cose buone, delle esperienze molto positive, delle pratiche eccellenti, la storia di una comunità educativa i cui componenti si sostengono reciprocamente a livello nazionale: tutto questo valore aggiunto ci aiuterà ad affrontare con maggior fiducia il futuro, per dare ai nostri studenti ciò che è giusto che abbiano per crescere e maturare come persone e come cittadini: anche loro sono sulla soglia, la soglia molto ampia dell’adolescenza e della prima giovinezza, nell’attraversamento della quale abbiamo una importante funzione di accompagnamento.
La soglia è fra il fuori e il dentro, fra l’io e il me, fra l’io e l’ altro / gli altri, fra una cultura e l’altra /le altre, fra l’io, il villaggio e il mondo, fra un posto e l’altro, fra la scuola e il territorio. La soglia evoca l’apertura come atteggiamento permanente: la soglia è il luogo del dialogo in cui, ciascuno con la propria identità, ci si pone in ascolto reciproco, è il luogo dell’incontro, dello scambio, dell’arricchimento. La soglia è luogo di passaggio, non appartiene esattamente a una parte o all’altra; è il luogo della possibilità, ma è anche un luogo da varcare, è luogo di incertezza, ma anche di coraggio, è luogo di dubbi, ma anche di decisioni, è luogo che impone la responsabilità delle scelte, dei passaggi. “Soglia” e “passaggi”: un binomio inscindibile che costituirà un lite-motiv di questo Convegno.
Con questi pensieri auguro a tutti un buon lavoro, affinché da questo Convegno possano emergere, alla luce delle riflessioni offerte dai relatori, degli approfondimenti in sede di gruppi di lavoro e delle buone pratiche scambiate fra le scuole, in un clima di amicizia e simpatia reciproca coadiuvato da opportuni momenti conviviali, una rinvigorita passione professionale e utili proposte da consegnare a chi ancora sta lavorando, dalla Cabina di regia del MIUR, per definire le Indicazioni nazionali degli obiettivi di apprendimento, per ora ancora in bozza. Per questo siamo anche onorati di avere con noi, già da domani, il dott. Azzolini e il dott. Giovannetti, che di quella Cabina di regia fanno parte.
Ringrazio gli Enti pubblici i cui contributi sono stati determinanti per la realizzazione del convegno: la Regione Friuli Venezia Giulia, la Provincia di Trieste, il Comune di Trieste, l’Ufficio scolastico Regionale del Friuli Venezia Giulia. Per il contributo offerto ringrazio altresì i soggetti privati: l’Istituto di credito Friuladria, la Libreria editrice San Marco, le Assicurazioni Generali, Caffè Primo Aroma, l’Opera Villaggio del Fanciullo. Ringrazio infine la Dirigente del Liceo “Dante Alighieri” che ci mette a disposizione i locali.
Franco De Marchi
Sulla soglia
Il dialogo educativo tra scuola e territorio
Credo rappresenti una sorta di apprendistato delle frontiere, la base da cui apprendere come si fa a varcare la porta che ci introduce a ciascuna cultura. Per questo l’accesso all’educazione rappresenta una delle sfide principali del mondo globale di oggi
Marc Augé
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Il Convegno di quest’anno si è caricato di immagini che richiamano luoghi (soglia, frontiera, territorio); la stessa immagine legata al convegno, un arco di epoca romana, che affonda le sue radici nel passato e quindi nel tempo, afferma in modo perentorio la propria presenza nello spazio. L’uso di un vocabolario spaziale può rappresentare per noi un aiuto per poterci collocare; ma nel nostro caso i luoghi evocati ci rimandano ad una situazione di incertezza, di oscillazione, di apertura e di cambiamento.
La soglia, come e forse più di ogni altro luogo simbolico, si determina attraverso le letture che ne diamo, attraverso gli sguardi che le rivolgiamo: ed in questi giorni di lavoro attribuiremo forse molteplici significati a questa nostra condizione liminare.
Sarebbe riduttivo vedere la soglia solo come una cesura tra un dentro (un prima rassicurante), fatto di esperienze, di pratiche educative, di sperimentazioni consolidate, ed un fuori (un dopo incerto), in cui ci troviamo esposti all’indeterminato, a scelte non condivise, a prevedibili delusioni e difficoltà. La soglia può anche essere “tensione verso”, può portarci all’incontro, alla scoperta, al cambiamento. Come scriveva Aldo Capitini, <<mi pare che l’educazione debba dare il senso di una tensione, di una insoddisfazione per ciò che c’è>> e, potremmo aggiungere, per quello che ci potrebbe essere nel prossimo futuro.
Il Liceo delle scienze sociali è una scuola che si è costruita sulla relazione tra i saperi, sulla mediazione e sul confronto con il territorio. In quanto indirizzo sperimentale è stata impegnata fin da subito a tracciare e varcare confini, a determinare delle appartenenze, a pensarsi come comunità. E’ una scuola che è nata ed ha imparato a stare in un luogo di frontiera, ha dovuto praticare il mescolamento dei saperi, le loro relazioni ed articolazioni. La tensione educativa è un po’ nel suo DNA ed in quello delle e degli insegnanti che hanno portato avanti un lavoro di rete, di confronto e collaborazione.
In questo momento la soglia può rappresentare anche la giusta distanza per vedere come stanno andando le cose, per capire il processo in atto senza esserne travolti e senza che venga travolto il lavoro fatto in questi anni, senza perdere il patrimonio di esperienze accumulate e rinnovate, senza smarrire il nostro progetto di scuola che, come recita il Documento fondativo del 2000, è centrato sulla conoscenza della pluralità delle culture, delle strutture e delle stratificazioni sociali, delle articolazioni normative ed economiche, dell'insieme delle dinamiche formative e della dimensione psicologica propria dei comportamenti individuali e collettivi.
Alcuni di noi, nei giorni seguenti all’uscita dei nuovi quadri orari, interrogandosi sul che fare - una domanda che con un andamento carsico, proprio qui a Trieste, attraverserà queste giornate di lavoro – hanno individuato dei paletti, dei segnavia che potrebbero aiutarci a non perdere l’orientamento:
A questi si può aggiungere la salvaguardia dell’esperienza dello stage formativo, come elemento caratterizzante il curricolo e risorsa epistemologica, come pratica educativa problematizzante, che permette alle studentesse e agli studenti di pensare se stessi e il mondo simultaneamente, senza separare il pensiero dalla ricerca/azione.
Non sarà impresa facile, considerate le condizioni oggettive in cui ci ritroveremo ad operare il prossimo anno scolastico (riduzione monte ore, assenza di investimenti, aumento del numero di studenti nelle classi, tagli del personale, programmi abbozzati).
In questo momento la scuola pubblica italiana è messa alla prova, non solo nella sua funzione educativa assegnatale dalla Costituzione, ma nella sua stessa funzione culturale; di fronte a una società che alza barriere, che produce politiche e linguaggi fautori di visioni segregazioniste del mondo, di idelogie del ghetto e dell’esclusione, alla scuola spetta il compito dell’elaborazione culturale, della costruzione critica del pensiero; la scuola deve assumersi la responsabilità di contrapporre alle politiche repressive e di controllo sociale un processo educativo che contribuisca a rafforzare e ampliare lo spazio della democrazia e della cittadinanza.
Sempre più attuali risultano dunque le parole messe a conclusione del testo La scuola deve cambiare, quasi dieci anni fa: <<La nostra società ha oggi più che mai bisogno di scuola. Ha bisogno di un luogo salvo in cui tutti possano trovare il tempo e le risorse per riflettere sulla vita, sul mondo e su di sé, un luogo in cui elaborare il pensiero, in cui ricostruire lo spessore storico degli avvenimenti, in cui immaginare un possibile futuro, in cui cimentarsi con il metodo e con la costanza del lavoro, in cui praticare attivamente la democrazia. Ed è più che mai necessario farlo tra generazioni, essere capaci di passare il testimone, assumere la responsabilità del mondo>>.
A Trieste ci proveremo.
Davide Zotti
Testi di riferimento
AA.VV., La scuola deve cambiare, L’ancora del mediterraneo, 2002
M. Augé, Tra i confini. Città, luoghi, integrazioni, Mondadori, 2007
L. Borghi, La città e la scuola, Elèuthera, 2000
P. Freire, La pedagogia degli oppressi, EGA, 2002
C. Geertz, Antropologia interpretativa, Il Mulino, 2009
P.A. Rovatti, Possiamo addomesticare l’altro? La condizione globale, Forum, 2007
COGNOME NOME
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DISCIPLINA
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SCUOLA
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CITTA'
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AMMANNATI GRAZIA
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SCIENZE SOCIALI
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GIOVANNI S. GIOV.
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S. GIOVANNI VALDARNO (AR)
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ARGENTERIO MILENA
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MATEMATICA
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PASCAL
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MANERBIO (BS)
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BADALIN TIZIANA
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LETTERE
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FILZI
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ROVERETO(TN)
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BINETTI LAURA
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SCIENZE SOCIALI
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FIORE
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TERLIZZI (BA)
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BOLZONELLO PATRIZIA | LETTERE | PUJATI | SACILE (PN) |
BONAGLIA PAOLA
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SCIENZE SOCIALI
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CAPIROLA
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GHEDI (BS)
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BORCIANI CARLA
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SCIENZE SOCIALI
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ARIOSTO
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FERRARA
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BOSCHINI GUIDO
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MATEMATICA
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COBIANCHI
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VERBANIA
|
BRIGLIADORI LUCIA
|
SCIENZE SOCIALI
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VINCI
|
CASALECCHIO (BO)
|
BRINCAT SILVANA
|
SCIENZE SOCIALI
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RADICE
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CATANIA
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BRUSCHI PAOLA
|
DS
|
MANZONI
|
SUZZARA (MN)
|
BUSSACCHETTI FRANCESCO | SCIENZE SOCIALI | GAMBARA | BRESCIA |
BUTTAZZI MIRCA
|
SCIENZE SOCIALI
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SABIN
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BOLOGNA
|
CAMURI GIACOMO
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SCIENZE SOCIALI
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VEGIO
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LODI
|
CHIODI MIRELLA
|
LETTERE
|
CAPIROLA
|
GHEDI (BS)
|
CIANCIO MADDALENA
|
DISC GIUR./ ECON.
|
COLONNA
|
CATANIA
|
CINQUE PAOLO
|
SCIENZE SOCIALI
|
BRUNO
|
ROMA
|
CLEMENTE NICOLETTA
|
D S
|
BRUNO
|
ROMA
|
CLEMENZA GIUSEPPA
|
SCIENZE SOCIALI
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AINIS
|
MESSINA
|
COLATUTTO ENZA | SCIENZE SOCIALI | MACHIAVELLI | LUCCA |
COLUGNATI SILVANO
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SCIENZE SOCIALI
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SLATAPER
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GORIZIA
|
DE PETRO MARIKA
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MATEMATICA
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COLONNA
|
CATANIA
|
DELLA CASA NICOLA
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SCIENZE SOCIALI
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D'ARCO
|
MANTOVA
|
DERIU ANGELA STEFANIA
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SCIENZE SOCIALI
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MOTZO
|
QUARTU (CA)
|
DI FALCO ANNAMARIA
|
D S
|
COLONNA
|
CATANIA
|
DI RE GIOVANNA
|
DS
|
FALCONE
|
ASOLA (MN)
|
DINDELLI MARISA
|
LETTERE
|
FILZI
|
ROVERETO(TN)
|
FATAI ANTONELLA
|
MATEMATICA
|
LICEO CLASSICO
|
AREZZO
|
FELICANI ISABELLA
|
SCIENZE SOCIALI
|
MATTEI
|
SAN LAZZARO (BO)
|
FERRARELLO EMANUELA
|
STORIA FILOSOFIA
|
PACIFICI
|
SEZZE (LT)
|
GATTI ETTORINA
|
SCIENZE SOCIALI
|
MANZONI
|
SUZZARA (MN)
|
GRAMMATICO ANGELA
|
SCIENZE SOCIALI
|
ROSSI
|
MASSA
|
LENTINI AGATA
|
LETTERE
|
RADICE
|
CATANIA
|
LEUCCI DANIELA | TEDESCO | PUJATI | SACILE (PN) |
MACAIONE MATILDE
|
SCIENZE SOCIALI
|
AINIS
|
MESSINA
|
MANTUANO LUIGI
|
SCIENZE SOCIALI
|
PACIFICI
|
SEZZE (LT)
|
MASSEL DANILO ARTURO
|
DISC GIUR./ ECON.
|
PORPORAT
|
PINEROLO (TO)
|
MORALES ANGELO
|
SCIENZE SOCIALI
|
COLONNA
|
CATANIA
|
NOBILE MARIA LETIZIA
|
SCIENZE SOCIALI
|
VICO
|
CORSICO (MI)
|
OBER MARTA
|
D S
|
FILZI
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ROVERETO(TN)
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PALMIERI LUCIA
|
MATEMATICA
|
PACIFICI
|
SEZZE (LT)
|
PARISI ELIO
|
DS
|
AINIS
|
MESSINA
|
PERIN ROSSELLA | SCIENZE SPERIMENT. | PUJATI | SACILE (PN) |
PESCE BARBARA
|
FILOSOFIA/ PED.
|
COBIANCHI
|
VERBANIA
|
PETRUCCI CLAUDIA
|
LETTERE
|
VICO
|
CORSICO (MI)
|
PIGNATELLI SALVATORE
|
DS
|
VEGIO
|
LODI
|
PIRIH MIHAELA
|
DS
|
GREGORCIC
|
GORIZIA
|
PONTELLO ELISABETTA
|
EDUCAZIONE FISICA
|
SLATAPER
|
GORIZIA
|
PORTIOLI CLAUDIA
|
SCIENZE SOCIALI
|
RUSSELL
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GUASTALLA (RE)
|
QUINTABÀ MARIA LUISA
|
DS
|
MATTEI
|
SAN LAZZARO (BO)
|
RONCO ANTONIO
|
SCIENZE SOCIALI
|
LUCCA
|
|
SALVI MARA
|
D S
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ARIOSTO
|
FERRARA
|
SANDONÀ GRAZIELLA
|
SCIENZE SOCIALI
|
EINSTEIN
|
PIOVE DI SACCO (PD)
|
SANTACROCE M TERESA
|
SCIENZE SOCIALI
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FIORE
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TERLIZZI (BA)
|
SCAGLIONE MICHELE
|
FILOSOFIA
|
RAELI
|
NOTO (SR)
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SEMEC SARA
|
SCIENZE SOCIALI
|
GREGORCIC
|
GORIZIA
|
SETTEMBRINI FRANCA
|
SCIENZE SOCIALI
|
CARDUCCI
|
PISA
|
SPATOLA PASQUALINA
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MATEMATICA
|
ALVARO
|
PALMI (RC)
|
STANCANELLI AMELIA
|
DS
|
|
MESSINA
|
STEFANINI STEFANIA
|
SCIENZE SOCIALI
|
PIERALLI
|
PERUGIA
|
STRINASACCHI ROSITA
|
SCIENZE SOCIALI
|
PASCAL
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MANERBIO (BS)
|
STUCCHI PAOLA
|
SCIENZE SOCIALI
|
DUCAD'AOSTA
|
PADOVA
|
VELOCCIA DANIELA
|
DISC GIUR./ ECON.
|
ARIOSTO
|
FERRARA
|
VILLIOT CLAUDIO
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SCIENZE SOCIALI
|
PORPORAT
|
PINEROLO (TO)
|
VOTOLO GIOVANNI
|
EDUCAZIONE FISICA
|
PACIFICI
|
SEZZE (LT)
|
ZOCCO CARMINE
|
SCIENZE SOCIALI
|
COMI
|
TRICASE (LE)
|
ZUFFI GRAZIANO
|
D S
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de CARNERI
|
CIVEZZANO (TN)
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Durante la giornata del 30 marzo, i partecipanti si sono divisi in quattro gruppi per approfondire vari contesti come da programma
AZZOLLINI:
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sono state pubblicate sul sito del M.I.U.R. le indicazioni nazionali i cui contenuti saranno sottoposti al parere del C.N.P.I. e di tutti coloro che vorranno, attraverso il sito, intervenire nel merito. Chiusa la fase interlocutoria il ministro, presumibilmente entro aprile, potrà firmare il decreto relativo alle indicazioni nazionali. Dovrebbe, invece, essere pubblicato entro l’inizio del prossimo anno scolastico a cura del M.I.U.R. un documento relativo alla valutazione/autovalutazione di istituto. Per quanto riguarda le classi di concorso pare che per il 2010/11 si utilizzeranno le vecchie classi di concorso facendo confluire in esse i nuovi insegnamenti.
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PARISI:
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gli organici regionali saranno calcolati tenendo conto dei diversi gradi scolastici? E’ possibile accettare che alcune scuole abbiano proposto alle famiglie un’infinità di quadri orari diversi per lo stesso indirizzo e unità orarie di diversa durata per inserire nuove materie?
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SGHERRI:
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l’obiettivo della riforma era di ricondurre ad un curricolo maggiormente snello attraverso la riduzione delle materie. In questo modo si rischia di ritornare al punto di partenza.
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QUINTABA’:
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a Bologna l’orientamento alle famiglie è stato gestito in collaborazione tra l’ASABO e la Provincia, utilizzando i soli quadri ministeriali, poi ogni scuola è intervenuta con minime variazioni. E’ opportuno che lo sguardo passi dal quadro orario al curricolo e al metodo di lavoro.
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BRUSCHI:
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a Mantova l’orientamento è stato fatto in accordo con i colleghi presentando lo stile di lavoro di ciascuna scuola. Purtroppo sta già comparendo nei siti un uso improprio del termine indirizzo per spiegare la piegatura dovuta all’utilizzo della quota di autonomia.
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STANCANELLI:
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tutti sanno che la riforma si basa su scelte di tipo economico e, quindi, ci troviamo di fronte ad un totale disorientamento delle famiglie. Sarebbe opportuno definire un modello orario unico da presentare come scelta di questo convegno.
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GIOVANNETTI:
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la quota di autonomia è nata per garantire il mantenimento delle buone esperienze presenti nelle scuole. Al contrario di quanto succede nei corsi sperimentali, la riforma prevede che la quota dell’autonomia ricadrà nell’organico di diritto.
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CLEMENTE:
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si devono individuare i nuclei fondanti delle scienze umane e su quelli ipotizzare un quadro orario possibile.
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SGHERRI:
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si deve ricordare che il D.P.R. 275/99 voleva disciplinare entro certi argini il dilagare di sperimentazioni. Si deve partire dallo statuto epistemologico dell’indirizzo (identità) e su questo misurare la tenuta delle eventuali modifiche orarie. La quota dell’autonomia non deve servire ad abbellire il curricolo o a salvare la cattedra. Non si può lavorare solo sul metodo ma bisogna individuare l’identità del curricolo definendo delle polarità che possono essere irrobustite con piccoli spostamenti orari.
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AZZOLLINI:
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alle spalle del D.P.R. 275/99 c’era il decentramento amministrativo (Bassanini) e con la modifica del Titolo V le Regioni sono destinate a diventare i veri gestori dell’istruzione. L’autonomia deve servire per ricondurre le scelte delle scuole in una relazione positiva con gli enti locali.
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DI FALCO:
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il problema è lasciare la decisione in mano ai Collegi dei docenti evitando la “guerra civile”.
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BRUSCHI:
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è sembrato opportuno, almeno per quest’anno, indicare alle scuole cautela nel modificare i quadri orari ministeriali. La scelta di modificare il quadro orario dell’opzione economico-sociale è dovuta al non-riconoscimento dell’epistemologia del curricolo.
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QUINTABA’:
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poiché nei collegi si rischia che siano portate avanti scelte individualiste (salva cattedre), è opportuno individuare altri luoghi di riflessione dove ripensare all’identità dei percorsi e alla definizione delle competenze.
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OBER:
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in Trentino dal 2006 è partita la riforma Dal Maso, una riforma nella riforma, che ha portato ad una proliferazione degli istituti turistici. L’orientamento è stato molto variegato: da chi ha presentato i quadri orari del M.I.U.R. a chi ha inventato percorsi inesistenti.
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PARISI:
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sarebbe opportuno che ci fosse un controllo puntuale da parte del MIUR delle diverse proposte fatte dalle scuole.
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PIGNANELLI:
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il Collegio dei docenti, prima attendista, ha deciso di inserire la musica. Si è inoltre deciso di organizzare incontri per aree disciplinari.
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AZZOLLINI:
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si chiede se la Rete Passaggi possa “perdonare” la scelta della Cabina di regia di aver cambiato il curricolo in modo così pesante. Considerati i profili in uscita e gli esiti attesi si evidenzia che questo dell’opzione è un nuovo percorso nato per altri possibili utenti. Chiede ai presenti di scommettere su questo nuovo percorso facendo confluire le vecchie scienze sociali nell’attuale liceo delle scienze umane. Il curricolo dell’opzione sta incontrando un certo interesse da parte delle tre università milanesi (Statale, Bocconi, Bicocca) che chiederebbero una maggiore piegatura sull’asse economico-aziendale.
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BRUSCHI:
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esprime un certo disagio, condiviso dai presenti, circa la richiesta del dott. Azzollini che azzera l’esperienza di trent’anni di sperimentazione delle scienze sociali, ma promette che su questo la rete farà una propria riflessione.
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STANCANELLI:
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ricorda a tutti l’importanza dello stage non come alternanza scuola-lavoro ma come luogo di esperienza transdisciplinare che coinvolge l’intero Consiglio di classe.
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Associazione Gli Irregolari Ferrara
irregolari@arciferrara.org
Associazione di Promozione Sociale GLI IRREGOLARI
Dal 2010 l’Associazione Gli Irregolari continua la sua attività di supporto socio-culturale e di promozione sociale nei progetti “ex Nuova-Mente” collaborando con la Cooperativa il Germoglio.
Fin dalla nascita l’associazione è stata caratterizzata anche dall’apertura verso il mondo del terzo settore collaborando in vari modi con diverse realtà del territorio (circoli ed associazioni ARCI, UISP, CSV, Consorzio Impronte Sociali, nonché istituzioni come scuole, università ed enti locali).
Raccogliamo qui alcuni materiali relativi alle tematiche interculturali affrontate durante il Convegno di Trieste
Al convegno conclusivo del corso di formazione per assistenti familiari, 40 donne hanno appena sostenuto il colloquio finale e ricevono l`attestato di frequenza.
Tra le donne molte sono straniere, per lo più rifugiate politiche o richiedenti asilo. Giornaliste, ingegneri, segretarie di presidenti nei loro paesi, sono scappate da guerre, torture, stupri, prigioni, famiglie sterminate.
Ripercorriamo il lungo viaggio che ha portato Maria Teresa, Lara e Catherine in Italia.
A presiedere la commissione la preside della scuola ente attuatore del corso, l`istituto Pacifici de Magistris di Sezze Romano.
Clicca qui sotto per visualizzare il video dell'esperienza (Fuoriclasse).
MARTEDI' 30 MARZO
9.00 – 13.00
Scuola territorio intercultura
Entre nous, et l'enfer ou le ciel,
il n'y a que la vie entre deux,
qui est la chose du monde la plus fragile.
Blaise Pascal
Marc Chagall
Lucia Marchetti
Una bussola per non perdere l’orientamento
Il mio compito questa mattina è di coordinare una sessione composita che vuole tenere insieme teorie e pratiche, riflessioni e racconti, vita quotidiana e storia, tra scuola e vita fuori della scuola.
Non è stato a caso aver messo questo tema al centro del convegno, pur in un momento particolarmente critico per il liceo delle scienze sociali e per la scuola in generale. L’autoreferenzialità e l’avvitarsi su se stessa sembra essere uno dei problemi più grossi della scuola in questa fase e questo produce danni evidenti nella comunicazione con gli studenti e sul senso del lavoro che si fa in classe. Per il liceo delle scienze sociali il rapporto fra il dentro e il fuori la scuola è stato ed è un elemento strutturale e fondante del curricolo. Lo abbiamo a lungo teorizzato, ma soprattutto praticato aprendo la scuola alle istituzioni del territorio, ma anche uscendo dalla scuola attraverso stage che, su un progetto pensato e curato, ha introdotto i nostri studenti ma anche noi insegnanti nelle maglie complesse e nei problemi della comunità e anche della società più ampia, globale.
L’incontro con l’altro, inteso come straniero, diverso, genere, adulto, anziano, disabile, ha costituito e costituisce un perno fondamentale dei nostri percorsi educativi e ci ha imposto un atteggiamento di prudenza nell’emettere giudizi, di ascolto, di curiosità e desiderio di scoperta. Come dice Peppe Dell’Acqua “la soglia è il luogo dell’incontro” e a me pare che noi abbiamo fatto di questa metafora una bussola interpretativa del nostro agire educativo.
E’ abbastanza probabile che alcune indicazioni importanti circa la via da seguire per riformare la scuola ci verranno da fuori, da bisogni, da istanze, da emergenze poste dalla società in generale e da incontri con partner esterni, altrettanto interessati al futuro dei giovani, da interpreti appassionati a comprendere lo spirito del tempo, da altre pratiche sociali, e meno da un interno ormai consumato nella iterazione di pratiche burocratiche e nella coazione a ripetere riti privi di significato.
E’ del tutto evidente che le scienze umane e sociali rappresentano lo strumento interpretativo fondamentale per comprendere i problemi e i fenomeni che il fuori pone alla scuola, tanto è vero che prima di dar vita ad un liceo specifico si chiedeva che questi saperi entrassero nel patrimonio comune della formazione della scuola secondaria. Il liceo delle scienze sociali ha sperimentato e confermato la potenza di questi saperi, in particolare per i giovani del nostro tempo e in un paese, l’Italia, che non le ha mai considerate ‘scienze’ al pari delle altre. Ora i Regolamenti le hanno in parte sacrificate e questo liceo viene in buona misura cancellato, ma per chi ne ha verificato la potenza formativa sarà difficile ripiegare all’interno di piani di studio come quelli che ci vengono ora presentati.
Una seconda via per non perdere l’orientamento sta, a mio avviso, nel rimettere al centro la riflessione sul nostro mestiere, nel ridefinire la nostra professione, nel fare –utilizzando la frase che usa Giuseppe Mantovani per lo straniero – un “posizionamento narrativo”. Anche gli insegnanti si sentono un po’ stranieri nella scuola, ma soprattutto la scuola è straniera nel mondo circostante molto cambiato nel giro di pochi decenni. Il patrimonio educativo che si era accumulato negli ultimi trent’anni sembra essere evaporato e risulta sempre più difficile passare il testimone, comunicare con i giovani colleghi su questioni legate al significato del nostro mestiere. E invece è ormai imprescindibile ricominciare da qui.
Ci dobbiamo chiedere a questo punto, in questo contesto di società e di scuola, come potrebbe descriversi il nostro ruolo? Cosa ci compete davvero? Quali sono gli elementi fondanti della nostra professione?
Sulla soglia: una scuola aperta e responsabile
Il valore aggiunto delle esperienze che oggi presentiamo sta prima di tutto nell’idea che la scuola deve aprirsi alle questioni emergenti del proprio territorio e del mondo utilizzando le lenti di ingrandimento che le sono offerte dai saperi disciplinari, e lo deve fare sui problemi veri, sulle questioni che coinvolgono la comunità degli adulti e su queste questioni aiuta i giovani a mettersi in gioco, a farsi delle idee, a scontrarsi e ad assumere qualche responsabilità.
In secondo luogo il valore aggiunto sta nel condividere un paradigma teorico (il concetto di intercultura che ci è stato offerto da Giuseppe Mantovani) la cui verificabilità viene misurata in territori diversi, per geografia, per cultura, per composizione sociale, per tradizione di scuola.
E’ così, e solo così che si può lentamente costruire una comunità scientifica e solo così si può pensare di migliorare la qualità della professione. Non in una singola e solitaria esperienza, anche la più esaltante, che il bravo insegnante può inventare, ma nel paziente e continuo lavoro di costruzione lenta di percorsi condivisi, in una prospettiva di confronto e sostegno reciproco.
E’ stata questa la storia di Passaggi.
Sulla soglia: un territorio si apre alla scuola
Vorrei concludere questa introduzione riportando l’esperienza che a cui sto partecipando da cittadina volontaria. Ieri abbiamo incontrato Peppe Dall’Acqua, la cui storia professionale è legata alla vicenda della chiusura dei manicomi, a Basaglia e alla legge del 1978 che, per quelli della mia età, ha segnato profondamente il modo di vedere la malattia mentale, ma soprattutto l’idea di società e di mondo che si voleva costruire. A Ferrara questa vicenda è stata particolarmente vivace perché la chiusura del manicomio fu fatta sotto la guida di uno del gruppo di Basaglia, Antonio Slavich.
Ancora oggi si continua a lavorare su quella strada, anche se le cose si sono fatte molto difficili, la società, la comunità è divisa e si fa fatica a mantenere coesione e solidarietà tra la gente. A partire dalla psichiatria si è costituto un gruppo di volontariato, Gli Irregolari, che si impegna a moltiplicare le occasioni e i luoghi di incontro e di benessere per tutti, in cui anche l’altro, possa trovare un suo posto. In questa associazione anch’io mi impegno, ora che sono in pensione.
Si tratta di tenere in mano alcuni fili rossi che ci aiutano a vivere meglio e a mantenerci umani.
I nostri interlocutori
Giuseppe Mantovani
E’ tra i nostri esperti privilegiati sia perché i suoi libri sono diventati da molti anni testi di riferimento sia nel lavoro di classe sia nella costruzione del curricolo, da L’elefante invisibile (1998), adottato da molti di noi, a Intercultura (2004) a Analisi del discorso e contesto sociale (2008), ma anche perché ha assistito all’incontro fondativo della Rete che ancora non aveva trovato il nome. Allora eravamo undici scuole, oggi siamo quarantatre.
Ci incoraggiò a continuare, e ci consigliò di costruirci una teoria. Su quell’input abbiamo lavorato e mi pare di poter affermare che attraverso scambi continui abbiamo prodotto molto, soprattutto abbiamo alcune idee forti sul ruolo della scuola, sul significato da attribuire al termine ‘formazione’ e su alcuni punti fermi della didattica: tutti aspetti che sono andati a costituire una carta di identità della nostra Rete e che si trovano esplicitati nel sito web.
Giuseppe Mantovani è stato anche invitato da alcune delle nostre scuole e oggi è qui per ascoltare e per riflettere con noi sulle nostre esperienze.
Liviana Zanchettin
Da settembre 2006 a oggi responsabile del Centro Studi della Comunità di San Martino al Campo.
Comunità di San Martino al Campo
Via Gregorutti, 2 34100 TRIESTE www.smartinocampo.it
La comunità nasce nel 1970 da parte di un gruppo tra cui Don Mario Vatta, giovane sacerdote della diocesi di Trieste - che, spinte da una motivazione di fede e da un bisogno di giustizia e di solidarietà umana, desideravano mettersi concretamente al fianco di persone provenienti dal mondo del disagio: ex carcerati, malati di mente, tossicodipendenti, alcolisti... Il nome è stato ripreso da una chiesa di Londra che ogni notte accoglieva (e tuttora accoglie) a dormire persone senza fissa dimora: barboni, alcolisti, stranieri di passaggio...
Gianfranco Schiavone
è presidente e da molti anni è impegnato, attraverso l'ICS (consorzio italiano di solidarietà) con i richiedenti asilo e i rifugiati, a partire dalla guerra nella ex Yugoslavia; lavora sia a livello locale che nazionale.
Dopo le prime esperienze (1998) ha dato avvio e ha contribuito all’idea di un sistema di accoglienza a rete, strutturato su base nazionale, da cui è scaturito, nel 2001, il Piano nazionale di Accoglienza (Pna). Ad esempio è stato uno dei referenti per il sindaco di Riace nella realizzazione del paese dell'accoglienza. Alcune classi del Carducci di Trieste hanno avuto modo di svolgere lo stage presso l'associazione o di conoscere, attraverso essa, le persone e le storie segnate da migrazioni a causa di guerre o persecuzioni.
Alessandro Dal Lago
è professore Sociologia dei processi culturali presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell' Università di Genova.
OPERE: La produzione della devianza, Feltrinelli, Milano, 1981; Etnometodologia (con p. p. giglioli), Il Mulino, Bologna, 1983; L'ordine infranto. Max Weber e i limiti del razionalismo, Unicopli, Milano, 1983; Il politeismo moderno, Unicopli, Milano, 1985; Oltre il metodo. Interpretazione e scienze sociali, Unicopli, Milano, 1989; Il paradosso dell'agire, Liguori, Napoli, 1990; Descrizione di una battaglia. I rituali del calcio, Il Mulino, Bologna, 1990; (con p. a. rovatti) Elogio del pudore, Feltrinelli, Milano, 1990; (con r. moscati) Regalateci un sogno. Miti e realtà del tifo calcistico in Italia, Bompiani, Milano, 1992; Tra due rive. La nuova immigrazione a Milano, Franco Angeli, Milano, 1994; Il conflitto della modernità. Il pensiero di Georg Simmel, Il Mulino, Bologna, 1994; I nostri riti quotidiani. Prospettive nell' analisi della cultura, Genova, Costa & Nolan, 1995. E' autore di circa 150 saggi e contributi scientifici Ha curato e introdotto opere di H. Arendt, H. Jonas, P. Veyne, G. Simmel, M. Foucault e altri.
E’ attualmente impegnato in ricerche sulla costituzione del nemico nella società contemporanea, sulle migrazioni internazionali, sugli stili di vita notturni e sul conflitto nelle metropoli. Su questi temi sta ultimando una monografia dal titolo: Qualcuno da odiare. Lo straniero come nemico pubblico. "Non persone - L’esclusione dei migranti in una società globale" Feltrinelli 2004
Ha espresso in articoli su giornali con durezza le sue posizioni sulle leggi sulla discriminazione nei confronti degli stranieri e sui respingimenti.
Sulla soglia
Il dialogo educativo tra scuola e territorio
Scuola, territorio, intercultura
Report sulla sperimentazione in atto nelle scuole della Rete
(Terlizzi, Roma, Messina, Catania, Bologna, Trieste)
Allo scopo di facilitare la comunicazione e rendere fruibile ad altre scuole le esperienze realizzate si propone una scaletta di nodi/questioni/punti forti da considerare fondamentali nel progettare nuove esperienze. Infatti lo schema riassuntivo delle esperienze che viene accluso sintetizza alcuni descrittori utili a comprendere gli aspetti essenziali e consente di evitare la fase del racconto.
Si vorrebbe quindi portare al convegno un livello più alto di confronto critico che colga le questioni essenziali sul piano epistemologico, sul piano dell’arricchimento del curricolo e sul piano didattico. I relatori e le relatrici potrebbero seguire la scaletta in modo libero, ma dovrebbero toccare almeno alcuni dei punti indicati.
In prospettiva questi punti potrebbero diventare paragrafi di un testo sull’insegnamento dell’intercultura nella scuola sia cartaceo sia online.
Ma soprattutto si potrebbe inaugurare una modalità di ricerca-azione tra scuole ed esperti o universitari come un possibile modello da mutuare anche per diverse esperienze e su diversi argomenti.
Giuseppe Mantovani
Lucia Marchetti
Scaletta per l’analisi delle esperienze
Crollate le mura del manicomio, sopravvivono luoghi che riproducono malattia, cronicità, esclusione. Progettare luoghi diversi significa «demedicalizzare», ascoltare le persone che vivono l'esperienza della malattia, scoprire che i luoghi della cura altro non sono che i luoghi del quotidiano
Peppe Dell'Acqua*
Il rapporto tra le istituzioni della psichiatria e l'architettura ha una storia lunga e ricca di suggestioni. Tra la seconda metà dell'800 e l'inizio del '900 il grande ottimismo per le conquiste e le certezze della scienza, l'elettricità, la velocità, le nuove vie di comunicazione: influenza anche il mondo della medicina. Il progresso delle discipline mediche è segnato da un susseguirsi di scoperte che generano incredibili aspettative. Il modello medico-biologico trionfa: la causa della malattia mentale è una lesione del cervello; il medico è il tecnico deputato al trattamento; la cura si fonda su strumenti di natura fisica e chimica (farmaci, contenzione, terapie di shock, isolamento); il luogo della cura è l'ospedale psichiatrico. Fedeli al paradigma positivista i medici arrivano a una definizione sempre più certa, meticolosa e ossessiva dell'organizzazione degli istituti e forniscono ai progettisti dei frenocomi indicazioni dettagliate e soprattutto scientificamente certe. La riforma dell'assistenza psichiatrica e la chiusura dei manicomi ha riportato in scena persone e storie, bisogni e relazioni, contesti e quotidianità e ha decostruito di fatto i luoghi vecchi e nuovi della psichiatria. Ma, potrebbe accadere che mentre la nave (il manicomio) affonda altri navigli (nuove tecniche, nuovi contenitori, nuove forme di controllo) si presentino minacciosi all'orizzonte.
Tutta la rete regionale dei servizi di salute mentale del Friuli VeneziaGiulia, per esempio, si è strutturata consapevole del rischio della riproposizione dei luoghi della malattia. A Trieste mentre si lavorava alla chiusura del manicomio, alla distruzione dell'istituzione nascevano i centri di salute mentale. Era chiara la ricerca ostinata del territorio, dei luoghi della città, della dimensione delle relazioni possibili. Non ci sono «porte chiuse» e tutte le forme di contenzione sono bandite. Il centro di salute mentale può diventare, negando quotidianamente la sua pretesa natura sanitaria, un luogo di transito, una piazza, un mercato. Un luogo intenzionato a favorire lo scambio, l'incontro, il riconoscimento reciproco. Ad accogliere con cura singolare. Un luogo che vuole vedersi abitato non (soltanto) dai "pazienti". Un luogo che progetta, costruisce e cura un suo dentro senza mai perdere di vista il fuori. Anzi è l'attenzione ossessiva al fuori che pretende la cura del dentro.
Tra il dentro e il fuori si disegna una soglia che definisce il luogo dell'incontro, dell'ascolto, dell'aiuto, della terapia, in una sorta di contiguità tra la casa delle persone, gli spazi del rione, i luoghi collettivi, il centro di salute mentale. La soglia è il luogo. Progettare e costruire un centro di salute mentale significa rendere concreto, praticabile, abitabile la soglia.
Il centro allora oltre che essere un luogo bello, accogliente, confortevole deve coltivare la vocazione a essere punto di passaggio, confine, attraversamento. Disporsi instancabilmente tra lo star bene e lo star male, tra la normalità e la anormalità, tra il regolare e l'irregolare, tra il singolo e il gruppo, tra le relazioni plurali e la riflessione singolare, tra gli spazi dell' ozio e gli spazi dell'attività. Un luogo che contrasta la sottomissione e l'assoggettamento. Un confine aperto che garantisce sempre il ritorno.
I luoghi della psichiatria, i manicomi, sono stati storicamente i luoghi della costruzione e della riproduzione della malattia mentale: luoghi senza ritorno. Nel nostro paese le leggi di riforma dell'assistenza psichiatrica e la conseguente chiusura del manicomio, hanno rappresentato la prima misura (nel mondo) che si è rivelata capace di garantire il ritorno e di avviare processi efficaci di prevenzione.
Anche se il manicomio non c'è più e le mura sono letteralmente crollate, sono sopravvissuti ai cambiamenti luoghi che riproducono malattia, cronicità, esclusione. È evidente allora che non sono i luoghi in sé che inducono le cattive pratiche. Sono le pratiche che fondano su quella psichiatria che ha edificato il manicomio. Una psichiatria tutta interna al paradigma medico definisce malattie, oggetti, comportamenti, rischio, pericolosità, inguaribilità: «Lo psichiatra finisce per avere occhi ciechi e orecchi sordi». Sordità e cecità condizionano irrimediabilmente i luoghi. Oggi immaginare e progettare luoghi diversi significa disarticolare completamente il paradigma della medicalizzazione (demedicalizzare!), interrogarsi sulla natura della malattia, ascoltare le persone che vivono l'esperienza della malattia per scoprire alla fine che i luoghi della cura altro non sono che i luoghi del quotidiano.
Il centro di salute mentale, con le persone che lo attraversano costituisce un insospettabile campo di contraddizioni (inconciliabili), di ricerca di singolari possibilità, di resistenza. È il luogo della indefinizione, della decostruzione, dell'incertezza. Ma anche il luogo della rassicurazione, della ricomposizione, della riflessione. La vivibilità del centro deve fare i conti con tutto questo. Garantire l'attraversabilità, la contaminazione e l'uso collettivo degli spazi e la possibilità di un uso riservato, privato, sicuro. Gli infermieri, i medici, i pazienti, i familiari giocano su un'immagine di sé, della malattia, del ruolo inconciliabile con il progetto di centro di salute mentale. Ognuno fa fatica a condividere la visione dell'altro. Tenere aperto questo campo, garantire la diversità, l'inconciliabilità, l'insieme delle voci diverse - l'eterofonia - costruisce la possibilità concreta di immaginare un centro di salute mentale.
In conclusione, si potrebbe riconoscere uno spazio per le persone, un luogo di incontri che fa della orizzontalità, dell' attraversabilità la sua forza; e uno per i pazienti che trova la sua conferma nella gerarchia, nella malattia, nelle codificazioni diagnostiche, nel lessico medico. Quanto più il luogo, il centro, è visibile, trasparente, attraversabile e attraversato dalle contraddizioni tanto più crescono le possibilità di radicamento..
Un luogo dove chi sta bene può incontrare lo sguardo dell'altro che sta male soltanto se ambiente, relazioni, atmosfere non costringono a vivere drammaticamente la differenza, non connotano inesorabilmente sano e malato. In questo senso ritorna importante la questione dell'estetica, del bello, dell'accogliente che costringe alla cura dell'immagine di chi attraversa questi luoghi all'attenzione ai «dettagli»: le cicche per terra, le porte sgangherate, le toilette infrequentabili, gli intonaci cadenti e tutti quei segni che condizionano lo sguardo prima ancora che incontri e riconosca chi il centro di salute mentale si trova ad attraversare.
*Direttore del Dipartimento di Salute mentale di Trieste
articolo apparso su "Il manifesto" 9 febbraio 2010
L’ALTRUISMO COME UN NUOVO FONDAMENTALE DI GIOCO
OBIETTIVI:
CONTENUTI DELL'INIZIATIVA, CARATTERISTICHE QUALITATIVE
IL TCHOUKBALL
Inizio e sviluppo
Nel 1971 Brandt presentò il suo lavoro che conduceva all’invenzione del Tchoukball come "Studio critico e scientifico degli sport di squadra" al Congresso della Federazione Internazionale di Educazione Fisica, che gli conferì il prestigioso "Prix Thulin". Con l’invenzione del tchoukball il medico ginevrino desiderava diffondere un nuovo sport di squadra che potesse eliminare il rischio di contrasti, ogni tipo di aggressività e che potesse essere giocato da tutti. Ma ben presto andò oltre l’idea originale. Parallelamente alla messa a punto del regolamento, durata diversi anni, scrisse infatti una carta etica che per i giocatori di tchoukball ha lo stesso valore delle regole del gioco. Il pensiero umanistico del dott. Brandt si può riassumere una sua celebre frase: "L'obiettivo delle attività fisiche umane non è di costruire campioni, ma piuttosto di contribuire alla costruzione di una società migliore". All'inizio degli anni '70 cominciò la sua diffusione soprattutto in Europa tanto che durante le Olimpiadi di Monaco di Baviera del '72 venne organizzata una partita dimostrativa. Nel novembre del medesimo anno purtroppo però il dott. Brandt morì e questa grave perdita segnò una battuta d’arresto nel movimento di diffusione. Negli anni '80 con grande fatica e lentezza riprese l’attività anche grazie a John Adrews, presidente della FIEP, a Michel Favre, amico fraterno di Brandt, e al governo taiwanese che alla fine degli anni '70 fece diventare il tchoukball lo sport nazionale delle scuole, sostenuto e promosso dal Ministero dell’Educazione per la sua grande valenza educativa. Per questa sua caratteristica il Tchoukball ha inoltre ricevuto nel 2001 un’importante riconoscimento dall’ONU che lo ha dichiarato "sport a sostegno della pace e della fratellanza".
Regole
Per praticare il tchoukball servono due squadre da 9 o 7 giocatori, un pallone simile a quello di pallamano e due speciali pannelli collocati alle estremità del campo. La sua misura può essere variabile: m 20 x 40 per il gioco 9 contro 9, m 15 x 28 (le stesse dimensioni di un campo da basket) per il gioco 7 contro 7. Non ci sono superfici particolari: palestre, campi in sintetico, prati ma anche sabbia si adattano benissimo a questo sport.
Esiste infatti anche la versione beach ossia su sabbia in cui il campo si riduce (m 13 x 23) e i giocatori diventano 5 per ogni squadra. In tutte le sue varianti l’area antistante il pannello è un semicerchio di 3m di raggio. Le particolarità nel tchoukball sono tante e lo rendono uno sport molto veloce, tecnico se giocato a buon livello, ma anche immediato, divertente ed accessibile già al primo approccio. Il gioco inizia con la rimessa da fondo campo, a fianco di uno dei pannelli, e la squadra in possesso di palla ha a disposizione tre passaggi per costruire un'azione, prima di attaccare, lanciandola contro il pannello. Avendo questo una rete elastica, invece di trattenerla come tutte le normali porte, la fa tornare indietro velocissima. Se il rimbalzo cade a terra nel campo, ma non nell’area antistante il pannello, la squadra in attacco ha segnato un punto, se invece viene presa al volo dagli avversari il gioco riprende immediatamente e la squadra che ha difeso (prendendo la palla) passa all'attacco. La particolarità di questo gioco è che si può attaccare, cioè tirare, indifferentemente su tutti e due i pannelli, che sono a disposizione di entrambe le squadre (per un massimo di tre attacchi consecutivi). Risulta evidente che gli schemi di attacco e difesa classici sono completamente stravolti, che la fase di attacco viene determinata esclusivamente dal possesso della palla, e dal tirare al pannello, qualunque esso sia. Per questi motivi il gioco è ricco di finte, contropiedi velocissimi ed azioni inaspettate, non vi è nulla di scontato e tutti i giocatori devono seguire costantemente lo spostamento della palla senza potersi mai distrarre, poiché, se è vero che ci sono 2 porte a cui attaccare, significa anche che ce ne sono 2 da difendere. Durante i passaggi la palla non può essere intercettata dagli avversari, anche perché non se ne vede la necessità visto che ogni squadra ha solo 3 passaggi per concludere l’azione. Per lo stesso motivo non si possono ostacolare gli avversari nei loro movimenti.
L’idea originaria di Brandt era "let’s play" ovvero lasciare ai giocatori la libertà del gesto tecnico, che senza ostruzioni può essere eseguito al meglio, come nella pallavolo o nel tennis. Questo non significa che gli avversari stiano passivi in campo, devono organizzare la difesa cercando di disporsi rapidamente e nel migliore dei modi per ricevere il pallone dopo il rimbalzo. Come già detto vi sono finte e contropiedi, e poiché l’attacco può avvenire ad entrambi i pannelli, la difesa va schierata su tutto il campo e non solo nella "metà avversaria". Ogni giocatore deve essere sia difensore che attaccante e passare da un ruolo all’altro in tempi rapidi, anche perché dopo aver ricevuto la palla dal pannello (difesa) questa può essere rilanciata allo stesso pannello (attacco).
IL TCHOUKBALL E GLI SPORT DI SQUADRA
Partendo dal presupposto che tutti gli sport di squadra concepiti dalla nostra cultura hanno dei limiti dal punto di vista dell’integrazione sociale (cfr. H.Brant Studio critico degli sport di squadra , 1970) , è lecito pensare che i classici sport forse non rappresentano lo strumento migliore per promuovere l’integrazione di gruppi classe disomogenei al loro interno.
La distinzione tra maschi e femmine è giustificata negli sport di prestazione poiché esiste un effettiva differenza di genere sul piano biologico. Negli sport di situazione praticati nella nostra cultura, benché ci siano degli aspetti cognitivi legati alla relazione e all’espressione del gesto nello spazio-tempo, ci si ritrova sempre ha fare i conti con la componete della prestazione fisica come quella predominante.
I modelli riproposti in tutti gli sport di squadra non sono molto dissimili da quelli utilizzati nell’organizzazione di strategie di battaglia. Quando parliamo di sport la prima cosa che ci viene in mente è : come si segna il punto?, quale spazio devo invadere? quale obiettivo devo colpire? come posso sconfiggere l’avversario?. Tutti interrogativi che l’uomo nella storia si è posto per dominare sull’altro e trarne un proprio vantaggio, dunque non dobbiamo meravigliarci se i modelli sportivi che abbiamo rispecchiano questa logica. Il problema si evidenzia soprattutto durante le ore di educazione fisica, quando vengono proposti i classici sport di situazione (calcio, pallavolo, basket,ecc…): accade spesso che le ragazze non praticano l’attività e, se costrette, lo fanno in modo demotivato perché rappresentano il punto debole del sistema di gioco. Il Tchoukball si pone invece come una valida pratica della differenza di genere.
Carta del TchoukBall
Questo gioco esclude ogni ricerca di prestigio sia personale che collettivo. Il giocatore deve avere rispetto ai propri compagni e dei propri avversari sia che siano più deboli o più forti di lui.
Il gioco che diventa un momento d’incontro di diverse qualità sportive, è aperto a tutti: non importa quali siano le abilità di ognuno (naturali o acquisite). Il rispetto e la considerazione degli altri devono portare ciascuno ad adattare la propria condotta di gioco (tecnica e tattica) alla situazione in cui si trova.
Dal punto di vista collettivo, un risultato, qualunque esso sia, non implica mai la stima e la considerazione per una sola persona o per un gruppo di persone. Una vittoria può generare gioia e soddisfazione che incoraggiano a migliorarsi, ma mai una reazione di eccessivo orgoglio che porta alla lotta per il prestigio che noi condanniamo perché è sorgente di tensioni e di conflitti nelle relazioni umane di ogni tipo.
Il gioco implica un dono costante di sé stessi: bisogna osservare sempre il movimento della palla e guardare ogni giocatore in maniera imparziale e amichevole. La partecipazione di ognuno non è mai individuale ma deve essere sempre subordinata alle esigenze del gruppo. Il risultato è che la partita diventa un momento d’incontro di diverse personalità che vengono espresse da ciascuno attraverso il proprio modo di reagire alle diverse situazioni di gioco.
Ovvero:
Questo orientamento ideale è il cardine dell’azione sociale del Tchoukball: esso permette di dirigersi verso la perfezione e di evitare, in ogni circostanza, delle azioni negative nei confronti degli "avversari". Tutto ciò è ben più di una semplice regola di gioco: si tratta di una norma permanente di vita, che diventa componente psichica del comportamento e alla base della personalità sociale.
L'obiettivo è dunque quello dell'eliminazione dei conflitti. L'idea del "Fair play" è così sorpassata, non si tratta di concessioni fatte all'avversario ma di azioni comuni che legano le squadre l'una all'altra cosicché il bel gioco dell'una richiama e rende possibile il bel gioco dell’altra.
Il gioco, attraverso l'attività fisica, è un esercizio sociale; vi è una comunione nei mezzi di esecuzione; il migliore ha la responsabilità di "insegnare" ai meno dotati; non esiste dunque un "primato" nel vero senso della parola, ma "una corsa alle competenze". Quando si dice: "che il migliore vinca" bisogna riferirsi al fatto che "essere migliore" si acquisisce con una preparazione qualificata. E' giusto dunque che i risultati sanciscano gli sforzi dei giocatori sul piano individuale e su quello collettivo.
Da questo punto di vista, una vittoria può e deve suscitare un normale senso di soddisfazione unito al rispetto dell’avversario. La vittoria deve provocare negli avversari un senso di emulazione (desiderio di fare altrettanto) non già di annientamento o di dominio.
I vincitori devono sforzarsi per favorire tale impressione. Una sana soddisfazione dei vincitori è il modo di tendere la mano ai perdenti e di incitarli a continuare con un allenamento efficace. Per tutte queste ragioni, la nozione di "campione" deve lasciare il posto a quella, più semplice e adatta, di "vincente". Giocare per perfezionarsi: ecco il sentimento che ogni attività di gioco deve comportare e sviluppare, ed è verso questa conclusione che l'organizzazione del Tchoukball deve aspirare, dal semplice incontro amichevole fino al confronto più serio delle squadre al vertice.
MODALITA' DI ESPLETAMENTO DEL PROGETTO
SOGGETTI COINVOLTI: 200 alunni normodotati e anche in situazione di svantaggio, stranieri e italiani, data la forte presenza di immigrati sul territorio frequentanti gli istituti scolastici coi quali sono state create convenzioni e rapporti di collaborazione da anni. Classi totali partecipanti: 15. Numero studenti di origine non italiana coinvolti: 80.
BENI DA UTILIZZARE PER LA REALIZZAZIONE DELL'INIZIATIVA
Porte, gazebi, materiali cartacei, palle da gioco, palestra.
LUOGHI E STRUTTURE DELLA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO
L'iniziativa si svolgerà nele palestre delle scuole dei Comuni di Sezze Romano, Pontinia, Maenza, Roccagorga, Bassiano, da gennaio a maggio 2010. Le attività avranno cadenza settimanale in ciascuna delle scuole della rete. L'evento finale si svolgerà presso il Palazzetto dello sport di Pontinia (Latina).
MODALITA' DI PROMOZIONE E DIFFUSIONE DELL'INIZIATIVA
Si utilizzerà la stampa, la televisione locale, il web, I siti della scuola. Una diffusione capillare del'iniziativa avverrà nel mese di giugno nelle scuole medie e superiori dei Comuni coinvolti.
L'attività sarà documentata con un video che consentirà la diffusione dell'iniziativa anche in vista della continuità che si intende dare alla diffusione del valore pedagogico di questa pratica sportiva.
RAPPORTI COL TERRITORIO:
Coinvolgimento dell’ASD Energym Fitness Village di Sezze per il personale tecnico e la pubblicità e della ASD HAND BALL CLUB di Pontinia.
MATERIALI INFORMATIVI E DIVULGATIVI PREVISTI
Manifesti, depliant per le scuole e i punti di informazione turistica del territorio.
Questa presentazione, allestita da Enza Colatutto e Antonio Ronco, vuole raccogliere gli spunti e le tematiche trattate a Trieste durante il convegno nazionale di Passaggi/SISUS. Ne consigliamo vivamente l'utilizzo ai referenti che hanno partecipato alle giornate triestine, come strumento per poter meglio diffondere ai colleghi le tematiche dell'incontro.
I referenti delle 43 scuole aderenti alla Rete Passaggi che hanno partecipato al VII Convegno Nazionale, tenutosi a Trieste dal 29 al 31 Marzo 2010, a chiusura dei lavori ritengono necessario esprimere con chiarezza le loro considerazioni in merito al riordino dei cicli e al destino delle sperimentazioni confluite nei nuovi licei.
Il rinvio della riforma di un anno e il dialogo avviato con le scuole avevano indotto a credere che le esperienze significative sarebbero state portate ad ordinamento transitando nei nuovi Licei.
Tutte le fasi del processo di organizzazione curricolare ed oraria, prodotte fino alla approvazione in prima lettura dell’opzione economico-sociale del liceo delle Scienze Umane, avevano fornito un quadro generale progressivamente in sintonia con le istanze delle scuole.
In occasione del seminario nazionale di Bologna a novembre 2009, era emersa una chiara corrispondenza tra la proposta ministeriale e le aspettative delle scuole. Pertanto sono comprensibili il disappunto e il disorientamento suscitati dal regolamento, votato in seconda lettura, che altera profondamente il profilo del Liceo delle Scienze Umane.
È legittimo chiedere perché questo processo di ascolto e di condivisione sia stato bruscamente interrotto.
Dall’analisi puntuale dei documenti svolta nei collegi dei docenti, nei dipartimenti disciplinari e non ultimo in questo Convegno, emerge:
La Rete “Passaggi” si impegna a fornire ulteriori e dettagliate osservazioni in merito alle valutazioni più sopra evidenziate, elaborate nel corso delle giornate di lavoro del Convegno di Trieste.
A noi scuole spetta il compito di riaprire spazi e tempi da dedicare ad una riflessione critica, che permetta di recuperare il senso delle esperienze fatte e di individuare dispositivi in grado di ridefinire l’identità del Liceo.
Negli spazi offerti dall’autonomia scolastica si cercherà di tradurre in pratiche formative anche le indicazioni delle famiglie, del territorio e degli accademici che sin dall’inizio hanno compreso, condiviso e sostenuto un modello alto di scuola quale luogo di relazioni ed esperienze formative efficaci. Sarà necessario individuare percorsi integrati tra le materie specifiche e le altre presenti nel piano di studi allo scopo di dare consistenza alle conoscenze sul piano epistemologico.
L’esperienza del Liceo delle Scienze Sociali non è affatto conclusa: c’è ancora un tratto di strada da completare nelle classi che proseguiranno la sperimentazione nei prossimi quattro anni. Intendiamo utilizzare questo tempo per continuare a produrre, assieme ai nostri studenti, pratiche metodologiche e formative, che possano tenere alta la tensione al cambiamento.
Il lavoro dell’insegnante si svolge un una posizione di confine, non solo tra sé e le generazioni di studenti, ma tra colleghi e contesti territoriali e istituzionali diversi: la mediazione tra questi confini non è mai scontata.
La soglia stessa è il luogo dove la mediazione si rende possibile, se tutti i soggetti hanno la volontà di riconoscersi.