Il carcere e gli innocenti, il carcere e i colpevoli, insomma non sembra neppure un gioco di parole, piuttosto una competizione al massacro. Ancor di più quando il fior fiore dei più sapienti tecnici del diritto ammettono candidamente che in galera è fisiologico ci finiscano estranei al reato e colpevoli di nulla. Detta così sembra una boutade per personaggi in cerca di autore, nei fatti significa annientare le persone, togliergli diritti e libertà senza alcuna giustificazione, se non quella di affermare candidamente che eventualmente gli innocenti potranno sempre esser assolti… dopo.
A supporto di queste tesi in contrasto con qualsivoglia vista prospettica, ci sono le varie accezioni giuridiche a fare da ponte alla disumanità di una carcerazione inaccettabile perché ingiusta e perché fondata sulla privazione violenta e illegale della propria dignità personale. Quando in galera ci finiscono gli altri, sempre gli altri, mai noi, poco importa se colpevolmente o meno, ce la caviamo affermando che si tratta per lo più di esigenze cautelari, se poi si viene assolti, la definiamo ingiusta detenzione, infine se proprio siamo costretti dall’evidenza dei fatti ce la caviamo sbrigativamente con la dicitura errore giudiziario. Stato di diritto e democrazia dicono meglio un colpevole fuori che un innocente in galera, ma nell’indifferenza che dilaga la preferenza intestinale attesta che è meglio un innocente in galera che un colpevole fuori.
Checché ne dica il marpione di turno, in Italia finiscono in carcere anche tanti innocenti e ciò non è da ascrivere al solito evento critico di una amministrazione oberata di lavoro, tutt’altro. A un carcere disarticolato dalle intemperie delle menti, dalla violenza e illegalità, s’aggiunge costantemente la menzogna, nessuno mai che si prenda le proprie responsabilità, neppure quando la magistratura fa il suo corso, ci si dimentica con troppa facilità che la legge è legge nei riguardi di ognuno e di ciascuno, dei colpevoli e soprattutto degli innocenti, di quanti commettono reati, di quanti seviziati dall’ingiustizia perdono vita e libertà. Le vicende che stanno imperversando nel nostro paese, nelle nostre prigioni, vengono alla luce nella fatica, grazie alla coscienza pulita di chi crede nella pena doverosa da scontare per chi sbaglia, ma nella giustizia altrettanto più giusta, che non soccombe alla barbarie di chicchessia.
Meglio un innocente in galera che un colpevole fuori, ribaltamento ideologico che partorisce un qualsiasi rotocalco televisivo per indurre in tentazione o in errore l’ascoltatore, soltanto che in questi casi parliamo di persone, di tuo padre, tua madre, tuo fratello, tuo figlio, un parente o un amico, non di cose, oggetti, numeri, accatastati gli uni sugli altri. Rendere ridicolo il dramma delle sofferenze imposte a freddo in un carcere, nei riguardi di chi è vittima di una ingiustizia, è un’atteggiamento poco consono a qualsiasi capoverso del diritto penale, penitenziario e costituzionale.
"Quello che si sa è che una volta gettati in un angolo buio non si è più cittadini, colpevoli o innocenti, ma pietre, pietre senza suono, senza voce, che a poco a poco si ricoprono di muschio".