Geopolitica, politica, politicanti e politichese, insomma il gioco delle tre carte, esposto all’ennesima potenza, sotto una coltre di parole, di intendimenti, di azioni, tutte incentrate a coprire o mistificare la realtà, quella degli affari, del business, degli interessi incrociati, ove tutti fanno la loro poco bella presenza, ma nessuno s’addossa la più piccola responsabilità. Eppure la compra-vendita di armi, di tecnologie sofisticate di distruzione, gonfiano a dismisura i capitolati di ogni governo, fanno guadagnare ognuno e ciascuno, senza il benché minimo rischio di rimanere intrappolati, là, dove infuria la battaglia, soprattutto, là, dove le nefandezze più inenarrabili sono l’unico pane quotidiano. Le commesse battono la gran cassa, i produttori non si fanno troppi scrupoli, il guadagno è troppo insensatamente appetibile. Non si può vendere armi a quello stato, ma si possono vendere a quell’altro, che a sua volta consegnerà i pacchetti regalo a chi di dovere senza infrangere alcuna legge internazionale. Insomma ogni governo che cade, che vince, che si avvicenda, sul tema delle armi, non esibisce alcuna discontinuità, anzi, traccia una unica via maestra, la ricerca rapidissima per una crescita degli investimenti militari collegandosi alle zone a più alta tensione.
Aggirando i soliti blocchi imposti dal potente di turno, che però chiuderà un occhio nei riguardi del proprio amico-suddito-supino. Non serve diventare matti a leggere i rapporti dei più autorevoli istituti di ricerca, a dare l’esatta misura del mercato della guerra è l’aumento esponenziale dei conflitti, dei massacri, dei silenzi e delle omertà consolidate, con particolare riguardo verso quei territori disumanizzati al punto da non fare neppure più notizia, e per i morti, e per la potenza di fuoco messa in campo da questo o da quell’altro. Geopolitica e politica, timbrano il passaporto alle multinazionali del crimine, e lo fanno con astuzia, con freddezza, con calcolo lungimirante, infatti la matematica non è un opinione e i numeri posseggono la loro musicalità, poco importa se le note camminano tra ruderi e cadaveri. Le armi consentono di fatturare miliardi di dollari, è questo introito che ci fa voltare le spalle e lo sguardo da un’altra parte, e la famosa “comunità internazionale”, è ben rodata a sopportare il sangue della vergogna che ne deriva. Qualcuno ha scritto: “le guerre si fanno con le armi, quindi, meno armi si producono e commercializzano meno morte e distruzione seminiamo.
Fino a quando non renderemo almeno marginale l’economia di guerra che caratterizza molti stati, riducendo numero di armi e armamenti leggeri e pesanti non faremo che favorire terribili conflitti”. Fra poco è Pasqua e nuovamente Cristo sarà crocifisso.