Era un bravo ragazzo. Era una brava ragazza, lei vittima innocente costretta al macero, due famiglie devastate dal dolore, lui in attesa di camminare in ginocchio per il resto della propria vita. Una bambina dolcissima e un ragazzotto innamorato, sembrava tutto al suo posto, una storia d’amore che come tante altre era giunta al capolinea. Niente di che preoccuparsi insomma. Ma la tragedia incombe in mezzo a qualche interrogativo, a qualcosa che assomiglia a un moltiplicarsi di eppure qualcosa era fuori quadro, eppure forse era un rapporto sbagliato, morboso, di possesso e non di condivisione. Eppure in amore la condivisione annulla ogni assedio e asfissia, anche se tra i giovani il linguaggio e la postura sono diversi, niente di che preoccuparsi. Ora c’è voglia di repressione, di galera, di altro sangue, come se aumentare il tetto delle pene, farebbe diminuire la violenza di ogni femminicidio, la violenza di ogni delirio di possesso, la violenza di una commiserazione che diventa cecità del cuore nel freddo di una lama. Degli adolescenti sappiamo tutto, c’è sapienza e conoscenza a piene mani, sui giovani sappiamo tutto e di più, dei loro periodi di grandi cambiamenti, degli estremi che allenano il bicipite, adrenalina e imbizzarrimento, calma piatta e l’amore che diventa l’unico punto di riferimento, l’unico esempio per non avere più timore di mollare gli ormeggi, allo stesso tempo di rimanere incollati saldamente all’isola conquistata non importa come e a scapito di chi. Ora c’è il dito puntato sulla famiglia, sulla genitorialità, che non s’è accorta di niente, non ha percepito il disagio di lei e neppure quello di lui, inputato alla sbarra c’è il mondo adulto, quello deputato a insegnare e fare apprendere i valori della vita. In questo modo di rappresentare il buco nero profondo di queste assenze c’è il cane che si morde la coda, infatti è l’adulto, colui che traina e attrae l’adolescente, che un giorno si e l’altro pure spegne vite umane soprattutto al femminile, che sottomette, prevarica, con un atteggiamento non sempre finalizzato dalle percosse, ma impedendo alla relazione quella vera e significativa che mette al centro l’altro, perché l’altro c’è, esiste, al punto di essere traccia e orma per un amore che è un dono da custodire con cura e attenzione. Ho l’impressione che arrivati a questo punto le chiacchiere stanno a zero, d’accordo sulla sfida educativa che riguarda i giovani, d’accordo sulla sfida rieducativa che chiama a raccolta il mondo
adulto, genitoriale, professorale, d’accordo sulle reiterate parole d’ordine “cultura, educazione all’affettività, educazione sentimentale, gestione delle emozioni”, d’accordo su tutto o quasi, ma occorre smetterla di passare il testimone alla scuola per sottolineare l’inadeguatezza della famiglia. Addirittura rimarcando le classifiche, le percentuali, i dati esponenziali che non ci indicano come il popolo più prepotente e violento in fatto di donne. Giulia è stata cancellata, ma l’impressione è che poco ha insegnato, perché nel frattempo altre donne sono state massacrate e lasciate a terra scomposte. Eppure nel frattempo imperterriti rimarchiamo l’attenuante generica di non essere i peggiori.