Ricorre un anniversario in questi giorni, uno dei tanti, ma questo, dell’Uomo Enzo Tortora, azzanna particolarmente le carni, le incide marchiandole a fuoco, strappandole a piccoli pezzetti, e ringraziamo Dio che rimane il cuore a fare da argine tra indifferenza colpevole e giustizia presa a calci in bocca. Ciò che colpisce in questa ricorrenza di morte, è la disattenzione che investe tragedie come queste, quel fare-profanare spallucce per tentare in tutti i modi di sovrastare la vergogna che straripa da una ingiustizia assai vicina a una certa Croce. Una tendenza sofisticata a indurre perdita memoria, per non fare comprendere che l’importanza della legalità e dell’etica passano obbligatoriamente attraverso una giustizia più giusta. Una dimenticanza che non sembra mai sopirsi, quasi a voler insinuare che la morte di Enzo Tortora non è stata una vera e propria inadeguatezza del diritto penale e fin’anche costituzionale, piuttosto s’è trattato di una sorta di disperante comicità per un servizio male offerto a una società tramortita dalla ottusa tracotanza del potere istituzionale contrapposto a quell’altro potere camorristico assai meglio conosciuto e temuto.
Una udienza dietro l’altra, ammettiamolo, la qualità della giustizia in quell’aula stava supina ai tagli giganteschi inferti dalle strategie sottobanco, dai progetti di giustizia e bugia per vincere una partita a tutti i costi, infatti, in quel costi quel che costi, c’era riversa la vita di un innocente. Se guardavi negli occhi Tortora, durante la recita messa in atto dagli estorsori di libertà al prezzo più meschino, avevi l’impressione che organizzazione e calendario delle scelleratezze più nefande, stavano a sublimazione della menzogna, della calunnia, della panzana innalzata a verità. Indipendentemente dalla sofferenza e dal dolore di una solitudine imposta all’innocenza, medaglia alla colpa e alla conseguente punizione, nella patria del diritto, queste ingombranze metastasi culturali e sociologiche, rendono ancor più fragile il patto educativo tra interesse collettivo e valori fondanti come il rispetto della giustizia per ognuno e per ciascuno.
Io l’ho conosciuto Tortora, erano i tempi del ferro e del fuoco, ho sempre saputo della sua innocenza e delle tante balle raccontate sul suo conto, nonostante la mia lucida follia, mi chiedevo come poteva sentirsi quell’uomo inscatolato malamente e grottescamente nelle catene della farsa innalzata a bandiera della legalità. Sono certo che se Tortora fosse ancora vivo, quei suoi occhi rimarrebbero stupefatti come allora dalle troppe parole vane, inaccettabili, incomprensibili. Occhi impietriti dalla ressa degli ipocriti, dei furfanti, degli ignoranti. La Giustizia è tutta un’altra cosa, mentre gli Uomini come Tortora che continuano a sfidare per noi le paure imposte, invece rimangono tali per sempre.