Nuova edizione del «Problema della sociologia» di Georg Simmel. L’impegnato testo dell’intellettuale tedesco sulle trasformazioni prodotte dal primo movimento operaio.
Luca Martignani e Davide Ruggeri hanno avuto la bella idea di riunire le due versioni di uno dei saggi più importanti e impegnativi di Georg Simmel nel campo della teoria sociale: Il problema della sociologia. Da quest’idea è nato un agevole libretto che l’editore Mimesis ha pubblicato e mandato in libreria con lo stesso titolo (pp. 145, euro 10). In un’epoca di crisi generalizzata dei saperi, i curatori dell’edizione propongono di tornare a leggere uno dei padri fondatori della sociologia tedesca e, in particolare, un saggio di natura squisitamente epistemologica sulle condizioni di possibilità dell’essere sociale. Quindi, non lo Simmel estetico o il fenomenologo dell’esperienza metropolitana, né tanto meno quello culturalista o tragico, ma quello più «duro», il logico della società. L’invito, impegnativo, va accolto.
Se la seconda versione del saggio ha avuto un destino editoriale sicuro, garantito dal fatto che fungesse – arricchita dell’Excursus: com’è possibile la società – da primo capitolo della Sociologia simmeliana del 1908, e quindi, in quanto libro, accessibile ad ogni lettore, alla prima non è stato riservato un privilegio del genere. Sebbene tradotto in francese, inglese, russo e italiano nell’arco di un lustro dal momento della sua pubblicazione originale, avvenuta nel 1894 su una prestigiosa rivista tedesca diretta dall’economista Gustav Schmoller, questo primo Problema della sociologia non è mai arrivato ad un pubblico che non fosse diverso da quello degli specialisti che leggono riviste specialistiche di settore. E per tale motivo gli si è fatto torto due volte: in primo luogo per la vivacità e la chiarezza dell’esposizione (difficilmente le si ritroveranno nella versione del 1908), in secondo luogo perché Simmel diceva di esso, in una lettera a Celestine Bouglé del 27 novembre 1895: «Considero il mio breve articolo come il più fecondo che io abbia scritto». Anche per quest’ordine di ragioni – oltre quelle indicate dai curatori negli interventi con cui aprono e chiudono il libro – vale la pena di leggere oggi questo primevo Problema della sociologia.
La ricerca del particolare
Qual è questo problema? Capire innanzitutto cosa sia questa «scienza nova», quale il suo oggetto e con che metodo studiarlo.
All’epoca in cui Simmel si accingeva a pensare tali questioni e all’interno della tradizione culturale tedesca in cui le pensava, le uniche scienze sociali erano quelle storiche ed economiche. La sociologia, quindi, per conquistarsi una propria autonomia doveva necessariamente differenziarsi da queste. Per poter compiere questa operazione Simmel cercava e otteneva l’appoggio della psicologia: «così come la differenziazione di ciò che è particolare-nello-psichico di ambiti oggettivi genera la psicologia come scienza, così un’autentica sociologia potrebbe trattare soltanto ciò che è particolare-nel-sociale, la forma e le forme dell’azione reciproca». Analogamente alla psicologia, la sociologia trova la sua autonomia scientifica nell’analisi di ciò che di sociale c’è nella società: la forma a cui danno vita le interazioni personali degli agenti sociali e non le cause e i fini particolari che li hanno spinti a dare esistenza a questa formazione particolare. Per usare l’esempio di Martignani: una sociologia di questo tipo studierà la forma matrimonio e non le motivazioni personali che spingono gli amanti a sposarsi.
Se la sociologia è la «scienza nova» delle forme create dall’associazione umana, il metodo che la contraddistingue è anch’esso quello di «tutte le scienze psicologiche comparate». Quindi, «A fondamento ci sono certe premesse psicologiche, che fanno parte di quegli elementi senza i quali non potrebbe esistere alcuna scienza storica: i fenomeni della richiesta e prestazione di soccorso, dell’amore e dell’odio, della pleonexia e della sensazione di soddisfacimento nello stare insieme». Su questo punto, però, Simmel non è del tutto chiaro, infatti, questi «processi psichici primari» che pone a base del metodo sociologico, non diventano mai operativi al momento dell’analisi. In questa sede il sociologo tedesco trova molto più sicura una strumentazione concettuale di tipo geometrico: isolare, separare, astrarre e combinare. La forma della sociazione va isolata all’interno della totalità dell’accadere storico e da essa isolata, astratta da questo contesto diventa possibile combinare i suoi elementi per poterne individuare le leggi di funzionamento. Detta altrimenti, il metodo sociologico simmeliano separa la forma dal contenuto – il matrimonio in quanto istituzione dal suo contenuto affettivo – e prende la forma come suo oggetto d’analisi per capirne il funzionamento – il matrimonio come sistema regolativo delle strutture parentali, strumento di trasmissione dell’eredità e meccanismo di riproduzione dell’ordine esistente.
Il problema della sociologia è così risolto: scienza delle forme associative studiate con metodo psico-geometrico.
Un problema di militanza
La chiarezza del saggio, il fatto che Simmel lo amasse tanto, la forza di una riflessione che fonda una nuova scienza, non devono mai essere disgiunte dalla contingenza storico-politica in cui esse si sono prodotte.
Ho sempre avuto l’impressione che Il problema della sociologia arrivasse in un momento di forte militanza politica di Simmel nelle file del movimento socialista tedesco, che venisse pensato nella sequenza di interventi politici che vanno dal 1890 al 1900, in particolare che nascesse tra l’articolo sui liberi sindacati (1892–93) e quello sulla medicina sociale del 1897.
Visto da questa prospettiva Il problema della sociologia diventa il tentativo epistemologico di pensare cosa ci sia di davvero nuovo nella società mentre questa è trasformata dall’azione politica del movimento operaio. Sicuramente Simmel non era un marxista (liquidò il materialismo storico alla fine de I problemi della filosofia della storia). Il suo modello teorico, però, rappresenta, come tutta la sociologia di questo periodo, il tentativo del grande pensiero borghese di dare una risposta, se si vuole anche contradditoria, ma reale e inclusiva ai conflitti sociali del tempo.
Fabrizio Denunzio, Il Manifesto, 23.9.2014