"E' vero, molti nostri studenti non conoscono l'italiano, ma la colpa è anche dell'università": con questo titolo il quotidiano La Repubblica ha sintetizzato il senso dell'intervento di Marco Rossi Doria in replica alla lettera dei seicento docenti di vari atenei sulle scarse competenze degli iscritti. Naturalmente la posizione di Rossi Doria è molto ben documentata e articolata. Vorremmo partire da lì per aprire un dibattito anche su questo sito. Vi invitiamo a partecipare a questo forum, nella convinzione che il confronto su tematiche così vitali per la scuola, e non solo, non possa che giovare alla scuola stessa e al Paese.
La lettera in questione - che mi riservo di commentare a parte - ha avuto l'innegabile, e anche alquanto inaspettato, merito di accendere i riflettori su un problema che definire annoso sarebbe perfino eufemistico. Moltissime le reazioni, sulla stampa e sui social. Eccone alcune.
Dal CIDI Maurizio Muraglia chiosa a margine l'appello e Giancarlo Bagni leva la sua voce in difesa delle Indicazioni nazionali per il Primo ciclo.
C'è anche chi sostiene che "l'italiano non è in declino" mentre Maurizio Tiriticco, entrando a piè pari nel merito della polemica conclude che "insomma, oggi insegnare “italiano”, o meglio, a leggere e scrivere, è un’impresa ardua in tutti i gradi della nostra istruzione scolastica".
Invito dunque gli amici a far sentire anche la propria voce nel dibattito su questo forum.Lo so che "postare" su FB è più allettante, tuttavia non dispero (d'altronde, se preferite, il gruppo "La società in classe" è presente anche su Facebook!).
Amelia Stancanelli
Due incontri di grande interesse sono stati organizzati dalla Biblioteca Regionale con Maria Tereesa Rodriquez e da Patrizia Danzè, con il coinvolgimento del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne (DICAM) dell'Università di Messina: con il genetista e biologo Edoardo Boncinelli e il linguista Francesco Sabatini.
Due studiosi di levatura internazionale, che hanno offerto preziose occasioni culturali ai messinesi.
Nel pomeriggio di giovedì 16 marzo presso la Biblioteca Regionale, la direttrice Maria Teresa Rodriquez e la professoressa Patrizia Danzè hanno conversato di "lingua, tecnologia, umanesimo" con i due illustri ospiti, che, spaziando a tutto campo nei temi proposti, hanno dato una concreta dimostrazione di come non esistano due o tre culture, e dunque il sapere sia unico e non "incasellabile" in categorie, ma piuttosto contribuisca nella sua integralità alla connotazione dell'UOMO.
La mattinata di venerdì 17 Marzo, in un'aula del DICAM gremitissima di studenti e docenti, Edoardo Boncinelli - introdotto dal Direttore del Dipartimento prof. Mario Bolognari e presentato dal prof. Giuseppe Gembillo - ha affascinato l'uditorio accendendo i riflettori su un Leopardi certo non inedito, ma oltre i consueti schemi della critica letteraria.
La lezione di Francesco Sabatini - che è stato presentato dal prof. Carmelo Scavuzzo - ci ha portato sul terreno della lingua e della linguistica (disciplina tutt'oggi troppo trascurata nella formazione dei docenti di Italiano), risalendo alla "questione della lingua" ed al rivoluzionario apporto del Manzoni che, "risciacquando i suoi panni in Arno", ha per così dire, dato una "sterzata linguistica" e sdoganato la lingua viva e l'uso, negletti e disprezzati in un Paese che scontava il peccato originale di una lingua nazionale nata e sviluppatasi solo grazie alla propria tradizione letteraria.
Intanto si continua - fortunatamente, dobbiamo dire - a tenere accesi i riflettori sul problema dell'Italiano, della formazione degli studenti, e, prima ancora, di quella degli insegnanti nelle scuole e nell'università. Dopo la "lettera dei 600" si è acceso un dibattito abbastanza animato, di cui diamo testimonianza avendo aperto un forum su queste pagine.
Nel nostro forum vi segnaliamo il commento di Fabio Rossi, docente di Linguistica all'Università di Messina, che tra l'altro ci fornisce interessanti link utilissimi ad ampliare il dibattito e allargare gli orizzonti sull'argomento. Un bellissimo contributo sul tema lo ha fornito - con la chiarezza e la lucidità che gli sono proprie - proprio Francesco Sabatini intervenendo, a Messina, alla "due giorni" culturale di cui abbiamo appena parlato.
Con il sottotitolo Lettera di un gruppo di persone che hanno passione per la lingua, la cultura e per il suo buon insegnamento nella scuola di tutti ci perviene l' appello a firmare e far firmare una petizione, da parte di un "Gruppo di Genova" composto da I. Ottazzi, G. Mazzetti, E. Tramelli, G. Bottero, R. Damasio, R. Ferrarini, C. Micali, M. Nobili, P. Ragusa, A. Roncoroni, E. Sciutto.
E' uno scritto molto interessante, di cui riportiamo uno stralcio:
"La lingua ha cambiato faccia: va a braccetto con immagini, suoni, segni.
Le regole di funzionamento del sistema scolastico hanno cambiato faccia: fino al 1962 arrivavano alla scuola media solo alcuni (quelli che avevano fatto l’esame d’ammissione). Per gli altri c’era l’avviamento professionale: i destini sociali si decidevano a 10 anni.
Le classi hanno cambiato faccia e rappresentano uno spaccato delle complesse trasformazioni in corso. Lingue diverse convivono producendo strambe mescolanze volte ad ottenere uno scopo: comunicare, capirsi.
Il mondo ha cambiato faccia.
Il modo d’insegnare è spesso rimasto lo stesso e gli insegnanti sono stati lasciati soli ad affrontare il cambiamento.
L’insegnamento della lingua riveste un ruolo particolare perché è lo strumento principe della nostra identità, che ci permette di riconoscerci e conoscere il mondo in cui siamo immersi, entrare in un universo di segni che consente agli uomini la grande magia di saper evocare cose anche in loro assenza. Dire la prima parola, dopo mesi d’ascolto non orientato da conoscenza alcuna rappresenta il primo emozionante ingresso nel mondo dei simboli, dello stare per, che fa sì che, ad esempio, quel gruzzoletto di suoni della parola “gatto” stia al posto del felino anche in sua assenza.
Insegnanti e genitori sono testimoni e stampelle di questa lunga marcia dei bambini verso i significati e noi stessi continuiamo, da adulti, a trasformare il nostro universo di senso, sottoponendolo a critica più o meno esplicita, attraverso esperienze, anche dolorose, che ci rendono quello che siamo.
Quale perverso meccanismo riesce ad allontanare i bambini da questo mondo in cui, nel giro di pochi anni, attraverso la motivazione, l’implicito confronto di diversi modelli di parlato, sono passati dal pianto come espressione unica di tutti i bisogni alla capacità di esprimere sentimenti positivi e negativi, alla capacità di chiedere, raccontare, immaginare…? Cosa riesce a trasformare questo percorso d’attribuzione di senso, questa apertura al mondo in silenziosa resistenza, urlante opposizione o triste adattamento? È possibile pensare ad un insegnamento della lingua che, attraverso esperienze significative appositamente predisposte dai docenti o nate da motivanti situazioni educative possa far nascere, accompagnare e sviluppare una consapevolezza dei meccanismi di funzionamento della lingua?"
Come si può vedere, la lettera propone una riflessione davvero stimolante, e prosegue facendosi delle domande (Di cosa ha bisogno la scuola? E' importante che i bambini della scuola primaria imparino le regole di funzionamento della lingua?...) e fornendo anche delle interessanti risposte.
Per concludersi con "un grazie ai molti bravi maestri che vivono nell’anonimato di un lavoro che trova il suo senso nella passione che gli alunni tutti (in gamba e meno in gamba, italiani e stranieri, di buona e meno buona famiglia) manifestano per una scuola di base e una cultura che non ha detto loro “No, tu no”.
Ci sembrano argomentazioni che ben fanno da contraltare alla "lettera dei 600" che - guarda caso! - ha avuto ben altra pubblicità sui media, forse perchè metteva scuole e insegnanti, tout court, sul banco degli imputati ...
Perciò ci piace proporla ai nostri amici lettori, e li invitiamo a leggerla per intero con l'attenzione che merita, e a firmare, come abbiamo fatto noi. Grazie!
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