intervento dell'on Asciutti Presidente della VII commissione senato
Perugia 21 marzo 2005
Cari amici, gentili ospiti, signore,signori,
Ho accettato volentieri l’invito di partecipazione a questo importante Seminario, rivoltomi dall’Istituto d’Istruzione Superiore “Assunta Pieralli” di Perugia e dall’Associazione Culturale “Passaggi” che ringrazio con cordialità e simpatia.
L’occasione mi è gradita per rivolgere un particolare saluto al Dirigente Scolastico Prof. Carlo Chianelli e alla Prof.ssa Stefania Stefanini, coordinatrice della Segreteria Scientifica.
Questa Assise, la cui mole culturale si configura di grande spessore epistemologico e scientifico, ha uno svolgimento si può dire parallelo alla vicenda che in questi giorni il Parlamento è chiamato a dipanare in materia di norme generali relative al secondo ciclo del nostro sistema scolastico.
Il mondo della scuola - e non solo - ma anche le famiglie, attendono con ansia di conoscere se il nostro sistema d’istruzione e formazione del secondo ciclo di studi sia nelle condizioni di lasciarsi alle spalle i gravi e preoccupanti limiti culturali dell’ordinamento precedente alla legge n. 53/2003 e se sia ormai in grado di condurre ed adeguare la Scuola Secondaria italiana agli standard europei.
Se questo è il nodo vero su cui si gioca la credibilità dell’intera riforma della scuola, si rende allora necessaria – prima ancora di affrontare la specificità del contesto italiano – una breve analisi della situazione scolastica internazionale ed europea.
In una società che cambia e si rinnova, ogni sistema scolastico necessita di rapportare l’insegnamento e l’apprendimento alle nuove esigenze della contemporaneità; di fornire alle giovani generazioni gli strumenti critici per interpretare e vivere il proprio tempo, di garantire, insomma, che i risultati raggiunti non vengano dispersi, una volta conclusi i percorsi scolastici.
Il mondo in cui oggi viviamo è caratterizzato da rapidi mutamenti, da una crescente globalizzazione, da una maggiore complessità in termini di relazioni politiche, economiche, sociali, culturali.
Cresce, innanzitutto, e si modifica con ritmo incalzante il “corpus” delle conoscenze. I fenomeni sociali ed economici in atto a livello internazionale sono caratterizzati da una mobilità e da una variabilità sino ad oggi sconosciute.
Lo straordinario sviluppo tecnologico, infine, segna sempre di più le condizioni della vita nei suoi molteplici aspetti individuali e collettivi, trasformando progressivamente le stesse modalità dell’apprendimento.
La celerità di tali mutamenti emerge anche dal contesto stesso in cui vengono inserite le analisi e le riflessioni sui futuri obiettivi dei sistemi di educazione, d’istruzione, di formazione.
Le nuove strutture economiche, i gangli vitali della società, le istituzioni sono sempre più basati sull’informazione e sulla conoscenza.
In tale contesto, i nuovi profili formativi di una scuola moderna, attenta ai cambiamenti ed alle trasformazioni della società, non possono guardare se non con interesse ed attenzione allo sviluppo delle Scienze umane e sociali.
E ciò per il fatto che in un clima di continua ed incessante evoluzione, la scelta delle Scienze umane e sociali come pilastro portante di un percorso formativo, colma lo iato che si era determinato tra l’assetto scolastico del nostro Paese e di quello di più mature esperienze europee.
Oggi più che mai, perciò, la complessità e la pluralità delle culture impone la utilizzazione di percorsi e profili formativi ad indirizzo umanistico e sociale.
Percorsi e profili formativi che, nell’attuale panorama culturale, necessitano di essere integrati con specifici indirizzi di studi centrati sulla conoscenza della pluralità delle culture, delle stratificazioni sociali, dell’insieme delle dinamiche formative e della dimensione psicologica propria dei comportamenti individuali e collettivi.
All’interno di questo scenario socio-culturale, un ruolo non secondario gioca l’apprendimento e la familiarità con le tecnologie dell’informazione, della comunicazione, della multimedialità, che costituiscono uno tra gli strumenti con cui va pianificato il futuro della istruzione scolastica e dei percorsi educativi dell’Europa comunitaria.
Non c’è dubbio, difatti, che i cittadini europei sono fruitori di uno tra i più elevati livelli di educazione scolastica, nonché di tecniche di istruzione e sistemi di formazione tra i migliori del mondo.
E tuttavia, in un mondo caratterizzato da tante “rivoluzioni” – la globalizzazione, la multimedialità, il “pensiero complesso” – anche se il processo europeo di crescita dell’istruzione scolastica ha registrato in questi ultimi anni straordinari progressi, si fanno strada nuovi percorsi di formazione e conoscenze sempre più specifiche.
Tali percorsi, ovviamente, sorgono e sono finalizzati alle diffuse esigenze che provengono dalla società, dal mondo del lavoro, della cultura.
Nel campo delle scienze umane e sociali, in particolare, la innovazione di conoscenze è tesa ad acquisire “saperi” e “competenze” in grado di comprendere non solo le dinamiche del vivere sociale ma i loro codici linguistici e comunicativi.
Se ora spostiamo il baricentro della nostra riflessione sullo specifico italiano, vediamo che la legge n. 53 del 28 marzo 2003, nel definire le linee guida del sistema educativo di istruzione e di formazione professionale, delega il Governo ad emanare successivi provvedimenti legislativi che ordinano il sistema scolastico in tre segmenti:
Com’è noto, fra le novità del provvedimento di legge, in particolare per il secondo ciclo, vi è la modifica dell’attuale classificazione dei Licei, che comprenderanno anche parte dell’area dell’istruzione tecnica.
Ma è anche utile ricordare che il sistema dell’istruzione nel suo complesso non si raccordava con quello della formazione professionale e del lavoro e ancor più con i processi di trasformazione della società italiana ed europea.
Per cui, l’assegnazione alla competenza delle Regioni dell’istruzione professionale – accanto alla formazione professionale – costituisce indubbiamente un fatto di rilievo molto importante.
L’attuale maggioranza di governo ha sostenuto tutte le fasi attuative della legge 53 e ritiene che essa risponda pienamente alle aspettative del Paese, soprattutto per rilanciarne il sistema sociale, economico e produttivo.
Intervenendo alla radice sul sistema d’istruzione nel suo complesso, il provvedimento mira a raccordare i percorsi di apprendimento cognitivo con quelli della formazione professionale e del lavoro e ancor più con i processi di trasformazione della società italiana ed europea.
Il decreto sul secondo ciclo, ormai d’imminente pubblicazione, rappresenta il punto più qualificante di questa strategia; sulla sua realizzazione si concentrano oggi le attenzioni della società italiana.
Per quanto concerne il sistema dei Licei, esso ribadisce l’esigenza di nuovi percorsi formativi ed educativi che sappiano coniugare una solida conoscenza umanistica con le competenze specifiche di nuovi percorsi d’istruzione, i Licei appunto, e all’interno di essi, di nuovi profili scolastici. In particolare, quello del Liceo delle Scienze Umane, il cui elemento fondante certamente è da ricondurre all’unitarietà dei saperi.
Cosa significa unitarietà dei saperi? Perché è qui che dobbiamo intenderci!
Essa significa equilibrata coniugazione di:
1) saperi linguistico-letterari-filosofici-storici in grado di sviluppare lo spirito critico del giovane anche nei confronti di quelli atipici e strani educatori che sono i grandi media e le reti informatiche.
Ma significa parimenti coniugazione di:
2) saperi scientifici e tecnici, in grado di sviluppare nei vari profili liceali competenze (non sbocchi) professionali; di far assimilare i valori dell’attività di ricerca, coinvolgendo nell’impegno educativo sia la creatività intellettuale che l’osservazione sistematica; sia la cultura della cooperazione che la sperimentazione pratica.
Unitarietà dei saperi significa infine:
3) far maturare competenze metodologiche che consentano agli allievi di imparare da soli, di valorizzare il saper fare, di sviluppare pienamente l’attitudine individuale al lavoro o alla ricerca.
Se questo è il quadro di riferimento entro cui muoversi per costruire una scuola più moderna, più aperta e disponibile al confronto con la società, una scuola più incline a rapportare l’insegnamento e l’apprendimento alle nuove esigenze della contemporaneità, quale sarà allora il profilo generale d’indirizzo attorno a cui articolare la proposta e gli obiettivi formativi del Liceo Scienze Umane?
Esso – come già detto – va rintracciato proprio nella bozza di decreto legislativo che le Commissioni di Camera e Senato si apprestano ad esaminare.
É appunto sui due segmenti, dentro i quali s’incardina il ciclo della Scuola Secondaria – vale a dire, i percorsi liceali e quelli di istruzione e formazione professionale – che il diritto-dovere all’istruzione acquistano pari dignità.
É in questi due tratti che si realizza l’alternanza scuola-lavoro come previsto dal decreto legislativo attuativo all’art. 4 della legge n. 53 del 28 marzo 2003.
Il sistema dei Licei previsto dalla legge 53, come si sa, comprende il liceo artistico, classico, economico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, tecnologico e delle scienza umane.
Vediamo allora quale – in questo scenario così prefigurato – diventa la collocazione del Liceo delle Scienze Umane.
Intanto, la dicitura “Liceo delle scienze umane”, forse un pò impropria, e non di “Liceo delle scienze umane e sociali”, non significa che il profilo di questo Liceo sia circoscritto a percorsi formativi di carattere puramente umanistico.
Per comprenderne meglio, anzi, la sua strutturazione, le finalità e gli obiettivi, va detto che esso costituisce l’esito di una graduale trasformazione dei vari modelli scolastici che, sorti sui residui dell’Istituto Magistrale – e cioè il Liceo socio-psico-pedagogico e il Liceo delle Scienze Sociali – hanno comunque tenuta viva, con impostazioni ed accentuazioni diverse, la cultura delle Scienze umane e sociali nel quadro dell’istruzione liceale.
La proposta del “Liceo di Scienze Umane” va dunque intesa come un ulteriore fase di questo processo di trasformazione. Essa è finalizzata a dare risposte e soluzioni alla conoscenza e all’approfondimento della realtà umana e sociale attraverso forme di apprendimento scientifiche e tecniche in grado di sviluppare competenze professionali, metodologiche, relazionali.
Non va dimenticata, in questo senso – dopo la conclusione dei corsi di studi dell’Istituto e della scuola magistrale – che varie sono state le ramificazioni, gli indirizzi culturali e profili formativi che hanno caratterizzato la nascita dei nuovi Licei.
Uno fra tutti, ripeto, è l’indirizzo di Scienze sociali, sperimentato da ben 168 istituzioni scolastiche, il quale ha intrapreso un lavoro di ricerca culturale portando a maturazione un percorso formativo che dura da più di venti anni, dal lontano 1974. e cioè, da quando vennero introdotte nelle scuole ad indirizzo umanistico – ma anche in alcune ad indirizzo tecnico – curricoli il cui nucleo caratterizzante era incentrato sull’asse culturale delle scienze umane e sociali.
Su questa strada ci dobbiamo muovere. Sulla proposta di un “Liceo di Scienze Umane e Sociali” il cui asse culturale appaia mirato ad acquisire le categorie antropologiche necessarie alla comprensione e classificazione dei fenomeni culturali, nonchè le forme e le dinamiche di natura comunicativa a livello personale e sociale.
Tutto questo nell’ottica di tre principali angolature:
Queste le tre articolazioni caratterizzanti. E non poteva essere diversamente.
Con la trasformazione infatti degli Istituti Magistrali in Licei socio-psico-pedagogici e in Licei delle Scienze Sociali sono stati avviati, in questi ultimi dieci anni, nuovi profili e percorsi formativi il cui nucleo fondamentale poggia su forme di sperimentazione fortemente caratterizzate in senso sociale.
Su questi elementi di analisi e di riflessione, la proposta di istituzione del Liceo di Scienze Umane viene allora a collocarsi in uno scenario di riferimento che pone al centro dell’attenzione la società complessa e le sue caratteristiche di globalizzazione e di comunicazione.
In altre parole, il Liceo di Scienze Umane viene a configurarsi come un’impresa culturale e formativa che, nel tenere nel giusto conto i risultati e le esperienze che si sono compiute in passato e negli ultimi anni, è in ogni caso costruito guardando al futuro, senza nostalgie per il passato.
Esso si rivolgerà in particolare a quei giovani che intendono orientare il proprio impegno verso conoscenze culturali, esperienze pratiche e scelte di vita funzionali a studi professionali e professioni superiori. Non va dimenticato infatti che il liceo non ha scopi professionalizzanti dal momento che le conoscenze sono centrate sulla dimensione dell’intersoggettività, vale a dire, sulla capacità di analisi dei contesti sociali entro cui le relazioni umane si svolgono.
Penso in particolare, dopo il conseguimento del diploma, alla integrazione di studi che aprono le porte alle professioni educative e formative, umane e sociali dello sport. Ai profili sociali e di assistenza nel settore della sanità. Oppure nel proseguimento degli studi universitari.
In ogni caso, il baricentro culturale del Liceo delle Scienze Umane si ritrova nella sapiente capacità di saper coniugare assieme le scienze umane di stretta osservanza – antropologia, pedagogia, psicologia, sociologia – con le altre forme di conoscenza dell’uomo di più antica data: la filosofia, la storia, il diritto.
Stiamo lavorando affinchè il nuovo sistema scolastico si muova verso la costruzione e la realizzazione di uno spazio comune europeo: dell’istruzione, della formazione, della conoscenza, della ricerca.
Stiamo lavorando affinchè la nostra scuola primaria e secondaria, le nostre università, gli istituti di ricerca diventino luoghi di eccellenza, di apertura al dialogo per l’istruzione e la formazione dei nostri giovani; senza mai però dimenticare che il primo autentico obiettivo della “Riforma” resta quello di rendere più attivi e dinamici i processi della scuola e di adeguarli alle esigenze di cambiamento della società del nuovo millennio.
Vogliamo costruire un “patto sociale” con il contributo di tutti gli attori del sistema scolastico: lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, le famiglie, gli studenti, gli insegnanti.
Dal nucleo strutturale della riforma, difatti – oltre alla centralità dell’alunno – emerge indubitabilmente un’altra centralità: quella degli insegnanti.
E la mia esperienza, le mie competenze nel mondo della scuola mi portano a dire che il migliore insegnante non è certo anche il più sapiente, nè colui che lavora di più; bensì colui che ama e crede nei giovani, che fa lavorare meglio gli alunni:nel modo più efficiente e funzionale, nel modo più dinamico ed efficace; colui che sa stimolare il lavoro di apprendimento, guidarlo, graduarlo, differenziarlo, correggerlo; per poi – se necessario – riesaminarlo, integrarlo, valutarlo.
Se questo noi faremo, avremo subito modo di accorgerci che a scuola: programmi, valutazioni, piani di programmazione sono certo importanti, ma che nulla è più importante degli alunni; della loro potenzialità e sinergie; della loro crescita e maturazione.
La quale arricchisce non solo la nostra esperienza di vita, ma prefigura, prepara e dà nuova linfa, a un futuro di progresso e di perenne rinnovamento etico, politico e culturale delle stesse istituzioni scolastiche e dell’intera società.
Buon lavoro a tutti.
Franco Asciutti, Presidente VII Commissione Senato