LA LETTURA DELLA CONTEMPORANEITA'
La comprensione dei fenomeni globali o generali ha bisogno di anelli,
di andirivieni e di spole fra i punti singolari e gli insiemi. (…)
Si abbandona un tipo di spiegazione lineare e si adotta un tipo di spiegazione
in movimento circolare, una spiegazione in cui per cercare di comprendere
un fenomeno si va dalle parti al tutto e dal tutto alle parti. (…)
La complessità non viene conosciuta ma vissuta.
Morin E. La vie della complessità, 1986
LA LETTURA DELLA CONTEMPORANEITA'
Programma
Segreteria scientifica
Prof.ssa Stefania Stefanini
Tel. 075/5847853 Cell. 3495945541
Segreteria organizzativa
I.I.S. —Pieralli“ PG
Cinzia Vistoso Tel. 075/5735035
Trasversalità dei saperi e dimensione formativa nelle scienze sociali in classe
Se il seminario dello scorso anno a Ferrara ha segnato il momento fondativo dell’Associazione, necessariamente ristretto alle scuole che già condividevano lo scopo e la storia, quest’anno a Perugia è stato compiuto un passaggio importante sul piano dell’ampliamento sia del numero di scuole (erano rappresentati 26 Istituti) sia dei livelli, quello politico e quello accademico.
Direi che lo sforzo è stato quello di aprire l’Associazione al confronto con le scuole, con l’università e con la politica, uno sforzo quanto mai necessario per il momento difficile in cui ci troviamo come Licei delle scienze sociali, incerti e preoccupati per il nostro destino, ma anche delusi e indignati per lo svilimento del livello culturale che presenta il nuovo profilo del Liceo delle scienze umane.
Il seminario era organizzato su due giornate e mezza. La prima, intitolata La relazione come dimensione epistemologica, era aperta agli studenti della SISS per i quali costituiva un credito, e ad allievi/e del Liceo delle scienze sociali del Pieralli.
Dopo i saluti del Dirigente Scolastico del Pieralli, prof. Carlo Chianelli, di Maria Prodi, assessore alle Attività Culturali della Regione Umbria e della professoressa Floriana Falcinelli, Direttore della SISS dell’Università di Perugina, è intervenuto il senatore Franco Asciutti, Forza Italia, presidente della VII Commissione Cultura del Senato sul tema Le scienze umane e sociali nella riforma della secondaria. Ha presentato una relazione scritta che è a disposizione per chi volesse consultarla. Le sue parole hanno destato subito grande sorpresa tra noi docenti in quanto veniva ripreso e sostenuto un liceo che assomigliava, anzi riproduceva quello che abbiamo costruito in questi anni. Riporto alcuni passaggi: “ Su questa strada ci dobbiamo muovere. Sulla proposta di un “Liceo delle scienze umane e sociali” il cui asse culturale appaia mirato ad acquisire le categorie antropologiche necessarie alla comprensione e classificazione dei fenomeni culturali, nonché le forme e le dinamiche di natura comunicativa a livello personale e sociale. (…) Il Liceo delle scienze umane viene a collocarsi in uno scenario di riferimento che pone al centro dell’attenzione la società complessa e le sue caratteristiche di globalizzazione e comunicazione. In altre parole il Liceo delle Scienze umane viene a configurarsi come un’impresa culturale e formativa che, nel tenere nel giusto conto i risultati e le esperienze che si sono compiute in passato negli ultimi anni, è in ogni caso costruito guardando al futuro, senza nostalgie per il passato. (…) In ogni caso, il baricentro culturale del Liceo delle Scienze umane si ritrova nella sapiente capacità di saper coniugare assieme le scienze umane di stretta osservanza – antropologia, pedagogia, psicologia, sociologia – con le altre forme di conoscenza dell’uomo di più antica data: la filosofia, la storia, il diritto.”
Restava poco tempo a disposizione per le domande in quanto il senatore era convocato per il pomeriggio dal ministro Moratti e quindi doveva ripartire immediatamente. Sono intervenuti due docenti, Lucia Marchetti e Paolo Cinque. Hanno espresso stupore e incredulità per le parole del senatore, Marchetti ha chiesto se era a conoscenza del profilo uscito a livello ministeriale e degli OSA, più recenti, e ha aggiunto: “forse la mano destra non sa quello che fa la mano sinistra”. I due docenti hanno sottolineato la particolare situazione di questo liceo e la necessità di fermare i decreti applicativi. Il senatore ha dato assicurazioni circa la posizione del suo partito per lo stop ai decreti applicativi, già depositato, e ha invitato i presenti a controllare nei siti parlamentari la coerenza delle sue affermazioni con pregresse posizioni.
La giornata, coordinata da Stefania Stefanini, prevedeva due interventi di carattere culturale: uno di Luigino Bruni, economista di Milano-Bicocca su Il paradigma interdisciplinare in economia. L’economia come impegno civile.
Purtroppo lo sciopero dei treni ha impedito al professore di arrivare. Il suo approccio all’economia si presenta fortemente in sintonia con il nostro paradigma delle scienze sociali, legge l’economia come sapere aperto all’etica, ai temi della qualità della vita, del consumo, del capitale sociale, della crisi del welfare, ecc., ma anche con punti di vista psicologici e antropologici.
La giornata è stata quindi ristrutturata anticipando al mattino la relazione di Luigi Mantuano su Michel De Certeau, Le scienze dell’Altro. M.De Certeau (1925-1986) è considerato tra i più importanti intellettuali francesi della generazione che include Foucault, Derrida, Irigaray, Lyotard. Membro della Compagnia di Gesù dai 25 anni fino alla morte, partecipò con Lacan alla fondazione dell’Ecole freudienne nel 1963. Traggo dall’articolo di Paola Di Cori sulla rivista Ecole, dic.2004, queste note. “Le ricerche di De Certeau spaziano dalla linguistica alla psicanalisi, dall’antropologia alle culture giovanili intorno al ’68, ma da alcuni anni Certeau gode di una grande fortuna per la originale ricerca del 1980 su L’invention du quotidien, punto di riferimento essenziale nel rinnovato interesse delle scienze sociali e umane per l’analisi della vita quotidiana”. Mantuano ha analizzato in particolare il pensiero di Certeau sul tema della relazione legata all’assenza, della storia come racconto, sul primato delle pratiche, sul legame tra affettività e politica, sulla relazione pedagogica all’interno di un seminario e sulle conseguenze di questo pensiero sulle nostre discipline e sul nostro modo di fare scuola.
Il pomeriggio del 21 ha anticipato una parte dei lavori previsti per l’ultima sessione, sia perché alcuni docenti dovevano partire prima, sia perché l’alto numero dei partecipanti richiedeva che si ridefinisse il ruolo e l’organizzazione dell’Associazione Passaggi.
Sintetizzo dagli interventi, ma non in modo fedele, perché non ho sempre preso appunti.
Veniva avanzata la richiesta di riscrivere una lettera per i dirigenti con la microstoria dell’associazione per invitarli ad associarsi, qualcuno proponeva che le scuole associate versassero un fondo, altri ribadivano l’importanza della rete come protezione anche per quelle situazioni che si trovano in difficoltà, altri ne sottolineavano il ruolo di luogo di ricerca con la caratteristica di coniugare riflessione e buone pratiche, in cui vengono privilegiati e messi al centro dell’attenzione tre fondamentali elementi del fare scuola: la centralità della relazione educativa, l’approccio integrato ai saperi e il rapporto con l’esterno alla scuola. Altri, infine, ritenevano che l’Associazione dovesse costituire uno spazio e un tempo per far crescere la questione epistemologica, e, al proposito ricordo che il prof. Mantovani lo scorso anno ci aveva detto che “dovevamo costruirci una teoria”.
Il secondo giorno aveva come titolo Le vie della contemporaneità e prevedeva una relazione di Giacomo Camuri, La prova del labirinto. Didattica della complessità e pedagogia dell’avventura. (Note a margine a sette anni di insegnamento nel Liceo delle scienze sociali)
La relazione dovrebbe essere disponibile tra breve e sarà sul sito www.manzoniweb.it. Dopo un’introduzione di Paolo Cinque, Camuri ha richiamato l’immagine del labirinto inizialmente riferendola al sentimento della propria condizione professionale dopo sette anni di insegnamento nel liceo delle scienze sociali, “quando uno pensa di aver guadagnato qualcosa si trova improvvisamente dentro un labirinto. Mi sono sentito tradito e perso, mi sento uno che ha lavorato moltissimo e mi sono sentito abbandonato”.
Con grande sapienza e gradevolezza ha ricostruito il nostro lavoro nel liceo delle scienze sociali attraverso un gioco di 8 cerchi/percorsi per i quali ha indicato riferimenti in autori e teorie, da Platone, Attali, Hillman, Perec, Cassirer, Augé, Sontag, Barthes, Duby, Desmond Morris, Volli, P.Levy, Levi Montalcini.
Per soli titoli gli otto percorsi del nostro lavoro, secondo Camuri, sono stati:
l’importanza del mettersi in viaggio, dell’orientarsi e dell’orientare, dell’inciampare, l’incontro dentro e fuori gli spazi;
l’importanza del guardare, lo spazio cioè della metodologia che è tensione e curiosità e che richiede strumenti e teorie di riferimento, ma anche tecnologie. Qui ha sottolineato l’importanza della fotografia;
l’importanza della scrittura descrivere, raccontare, rielaborare, creare:
l’importanza degli spazi interstiziali in cui si evidenziano i nodi, emergono le contraddizioni, le memorie, gli oblii, si ritorna agli archivi;
l’importanza della parola, delle letterature, la costruzione di un criterio ermeneutica;
l’importanza del corpo, la messa in scena del mondo, i gesti, la ritualità;
lo spazio della cultura, delle radici arcaiche, della simbolica, della virtualità;
lo spazio della mente come ultimo e primo, come esterno ed interno, come simbolo dell’inizio, del fonte battesimale.
Il piacere di questa comunicazione derivava non solo dalla pregnanza delle cose dette, ma da un modo di porgere che rispettava un procedere circolare, un po’ labirintico appunto, nel quale al contrario del perdersi, ognuno ritrovava pezzi del proprio cammino e, insieme ad altri, procedeva nel condividere una storia e una teoria.
Il secondo momento di questa mattina era coordinato da Antonio Ronco su alcune buone pratiche di lettura della contemporaneità, proprio a segnare la scelta epistemologica della nostra Associazione, di coniugare riflessione ed esperienza. Sono state presentate alcune buone pratiche di lettura della città, di integrazione fra scuola e territorio, di integrazione fra discipline in funzione degli esami di stato, di collaborazione fra scuola e università nelle SISS. Sono emerse riflessioni su un’idea di scuola che punti sull’incontro tra generazioni, sulla centralità del consiglio di classe, sulla necessità di ritrovare il senso di fare scuola, di puntare alla ricerca dell’identità di sé e dell’altro e sulla risorsa dell’autonomia scolastica ancora da scoprire.
Nel pomeriggio si è svolto il confronto fra scuola e università su Quale futuro per le scienze umane e sociali, coordinava Lucia Marchetti ed è intervenuta l’ispettrice Anna Sgherri Costantini. Mi scuso per la frammentarietà e l’incompiutezza del resoconto, perché non ho preso sempre appunti. Anna Sgherri ha sottolineato la particolare situazione contraddittoria del nostro indirizzo, inizialmente voluto da pochi, osteggiato a livello centrale e politico e, invece, sostenuto dagli insegnanti che ne intravedevano l’occasione di una sprovincializzazione della scuola e poi ne verificavano il progressivo radicarsi nel territorio e l’apprezzamento da parte di studenti e famiglie. Si è chiesta perché oggi la parte politica non lo accoglie, forse per una debolezza con cui si presenta.
Floriana Falcinelli docente di scienze della formazione all’università di Perugia riflette sullo scontro tra due posizioni in campo accademico e culturale, una laica e una cattolica, la cattolica cerca di riproporsi con un’ansia di totalità nell’idea di uomo come persona, ma in particolare in una forma assai povera di contenuti nel profilo culturale del Liceo delle scienze umane, peraltro ripristinando il termine pedagogia che il dibattito culturale aveva da tempo superato con il concetto di formazione, un concetto aperto ai contributi di molti altri ambiti culturali. Intervengono in seguito Silvia Fornari, docente di sociologia generale a scienze della formazione, università di Perugia, Paola Falteri, docente di antropologia all’università di Perugia, e Ambrogio Santambrogio, docente di sociologia a scienze politiche, università di Perugia. I loro contributi concordano nel ritenere l’urgenza e il forte bisogno di trasversalità nei saperi per la lettura della contemporaneità, la necessità di una autocomprensione colta della nostra realtà, della dimensione laica, democratica perché scientifica che queste discipline possono offrire, l’esigenza di puntare alla funzione critica dalle caratteristiche di riflessività e costruttività, il pericolo di perdere la visione complessiva.
Nel dibattito che segue intervengono fra gli altri, Mantuano, Camuri, Cinque, Farina, Stefanini, che auspicano e sollecitano un rapporto più stretto di collaborazione fra scuola e università anche attraverso le SISS e chiedono di arrivare a un pronunciamento critico congiunto sul Liceo delle scienze umane così come viene presentato dal ministero. I colleghi universitari si dichiarano d’accordo e si impegnano a portare queste richieste alle rispettive associazioni, il 15 Aprile al direttivo degli antropologi e il 25 Maggio alla SIPED per i pedagogisti. Viene inoltre acquisito un pronunciamento di un’associazione di sociologi.
Nella mattina del terzo giorno, il 23 Marzo, i lavori riprendono con il coordinamento di Stefania Stefanini. Si rilegge e si discute il Regolamento dell’Associazione in merito ad una richiesta di modifica da parte di Camuri per la cancellazione di un monte massimo di 20 scuole contenuto nell’art.7 e, dopo lunga discussione, si passa alla votazione da parte delle scuole iscritte all’Associazione e a maggioranza il punto viene cancellato e sostituito da:
” l’Associazione comunque si riserva, in occasione del convegno annuale di esaminare le nuove candidature.
a. l’adesione ha durata triennale”
Si apre poi la discussione sulla possibilità di adesione da parte di singoli e, anche qui, dopo lunga discussione, si inserisce nel regolamento che il singolo docente possa fare richiesta di ammissione alla Associazione, inviando un curricolo. Per l’Ammissione si rimanda all’art.7. Si chiarisce che i singoli non hanno diritto di voto sulle decisioni che riguardano l’Associazione.
Si acquisiscono i documenti da inserire nel sito www.manzoniweb.it e a questo proposito Nicola Della Casa del liceo delle scienze sociali di Suzzara fa presente lo sforzo della sua scuola nella gestione del sito che costituisce un servizio per tutti i licei d’Italia impiegando una persona dello staff dell’Istituto che ha altri indirizzi, anzi quello di scienze sociali è il più ridotto in termini numerici. I presenti riconoscono il ruolo fondamentale e ormai indispensabile che questa scuola svolge e la iscrivono in forma onoraria all’Associazione.
Si decide inoltre di chiedere spiegazioni alle scuole Pertini di Genova e Machiavelli di Lucca per il mancato riconoscimento economico ai colleghi che dovevano rappresentare la scuola, in quanto è questo uno dei punti del Regolamento che hanno sottoscritto e ci si riserva di rivedere la loro posizione al prossimo seminario.
Per l’anno prossimo si accolgono le candidature dei colleghi Mantuano e Cinque secondo le seguenti possibilità:
a. seminario a Sezze (Latina) a totale carico dell’istituto di Mantuano, con eventuale ospitalità in un eremo che sta gestendo una cooperativa di ex allievi delle scienze sociali di quella cittadina;
b. seminario a Roma a totale carico dell’Istituto di Cinque;
c. seminario gestito in collaborazione tra Roma e Sezze;
d. non viene escluso il sogno di Pantelleria che Farina potrebbe realizzare, ma le difficoltà logistiche ed economiche frenano gli entusiasmi.
Viene proposto da Mantuano, e accettato, il tema della complessità.
intervento dell'on Asciutti Presidente della VII commissione senato
Perugia 21 marzo 2005
Cari amici, gentili ospiti, signore,signori,
Ho accettato volentieri l’invito di partecipazione a questo importante Seminario, rivoltomi dall’Istituto d’Istruzione Superiore “Assunta Pieralli” di Perugia e dall’Associazione Culturale “Passaggi” che ringrazio con cordialità e simpatia.
L’occasione mi è gradita per rivolgere un particolare saluto al Dirigente Scolastico Prof. Carlo Chianelli e alla Prof.ssa Stefania Stefanini, coordinatrice della Segreteria Scientifica.
Questa Assise, la cui mole culturale si configura di grande spessore epistemologico e scientifico, ha uno svolgimento si può dire parallelo alla vicenda che in questi giorni il Parlamento è chiamato a dipanare in materia di norme generali relative al secondo ciclo del nostro sistema scolastico.
Il mondo della scuola - e non solo - ma anche le famiglie, attendono con ansia di conoscere se il nostro sistema d’istruzione e formazione del secondo ciclo di studi sia nelle condizioni di lasciarsi alle spalle i gravi e preoccupanti limiti culturali dell’ordinamento precedente alla legge n. 53/2003 e se sia ormai in grado di condurre ed adeguare la Scuola Secondaria italiana agli standard europei.
Se questo è il nodo vero su cui si gioca la credibilità dell’intera riforma della scuola, si rende allora necessaria – prima ancora di affrontare la specificità del contesto italiano – una breve analisi della situazione scolastica internazionale ed europea.
In una società che cambia e si rinnova, ogni sistema scolastico necessita di rapportare l’insegnamento e l’apprendimento alle nuove esigenze della contemporaneità; di fornire alle giovani generazioni gli strumenti critici per interpretare e vivere il proprio tempo, di garantire, insomma, che i risultati raggiunti non vengano dispersi, una volta conclusi i percorsi scolastici.
Il mondo in cui oggi viviamo è caratterizzato da rapidi mutamenti, da una crescente globalizzazione, da una maggiore complessità in termini di relazioni politiche, economiche, sociali, culturali.
Cresce, innanzitutto, e si modifica con ritmo incalzante il “corpus” delle conoscenze. I fenomeni sociali ed economici in atto a livello internazionale sono caratterizzati da una mobilità e da una variabilità sino ad oggi sconosciute.
Lo straordinario sviluppo tecnologico, infine, segna sempre di più le condizioni della vita nei suoi molteplici aspetti individuali e collettivi, trasformando progressivamente le stesse modalità dell’apprendimento.
La celerità di tali mutamenti emerge anche dal contesto stesso in cui vengono inserite le analisi e le riflessioni sui futuri obiettivi dei sistemi di educazione, d’istruzione, di formazione.
Le nuove strutture economiche, i gangli vitali della società, le istituzioni sono sempre più basati sull’informazione e sulla conoscenza.
In tale contesto, i nuovi profili formativi di una scuola moderna, attenta ai cambiamenti ed alle trasformazioni della società, non possono guardare se non con interesse ed attenzione allo sviluppo delle Scienze umane e sociali.
E ciò per il fatto che in un clima di continua ed incessante evoluzione, la scelta delle Scienze umane e sociali come pilastro portante di un percorso formativo, colma lo iato che si era determinato tra l’assetto scolastico del nostro Paese e di quello di più mature esperienze europee.
Oggi più che mai, perciò, la complessità e la pluralità delle culture impone la utilizzazione di percorsi e profili formativi ad indirizzo umanistico e sociale.
Percorsi e profili formativi che, nell’attuale panorama culturale, necessitano di essere integrati con specifici indirizzi di studi centrati sulla conoscenza della pluralità delle culture, delle stratificazioni sociali, dell’insieme delle dinamiche formative e della dimensione psicologica propria dei comportamenti individuali e collettivi.
All’interno di questo scenario socio-culturale, un ruolo non secondario gioca l’apprendimento e la familiarità con le tecnologie dell’informazione, della comunicazione, della multimedialità, che costituiscono uno tra gli strumenti con cui va pianificato il futuro della istruzione scolastica e dei percorsi educativi dell’Europa comunitaria.
Non c’è dubbio, difatti, che i cittadini europei sono fruitori di uno tra i più elevati livelli di educazione scolastica, nonché di tecniche di istruzione e sistemi di formazione tra i migliori del mondo.
E tuttavia, in un mondo caratterizzato da tante “rivoluzioni” – la globalizzazione, la multimedialità, il “pensiero complesso” – anche se il processo europeo di crescita dell’istruzione scolastica ha registrato in questi ultimi anni straordinari progressi, si fanno strada nuovi percorsi di formazione e conoscenze sempre più specifiche.
Tali percorsi, ovviamente, sorgono e sono finalizzati alle diffuse esigenze che provengono dalla società, dal mondo del lavoro, della cultura.
Nel campo delle scienze umane e sociali, in particolare, la innovazione di conoscenze è tesa ad acquisire “saperi” e “competenze” in grado di comprendere non solo le dinamiche del vivere sociale ma i loro codici linguistici e comunicativi.
Se ora spostiamo il baricentro della nostra riflessione sullo specifico italiano, vediamo che la legge n. 53 del 28 marzo 2003, nel definire le linee guida del sistema educativo di istruzione e di formazione professionale, delega il Governo ad emanare successivi provvedimenti legislativi che ordinano il sistema scolastico in tre segmenti:
Com’è noto, fra le novità del provvedimento di legge, in particolare per il secondo ciclo, vi è la modifica dell’attuale classificazione dei Licei, che comprenderanno anche parte dell’area dell’istruzione tecnica.
Ma è anche utile ricordare che il sistema dell’istruzione nel suo complesso non si raccordava con quello della formazione professionale e del lavoro e ancor più con i processi di trasformazione della società italiana ed europea.
Per cui, l’assegnazione alla competenza delle Regioni dell’istruzione professionale – accanto alla formazione professionale – costituisce indubbiamente un fatto di rilievo molto importante.
L’attuale maggioranza di governo ha sostenuto tutte le fasi attuative della legge 53 e ritiene che essa risponda pienamente alle aspettative del Paese, soprattutto per rilanciarne il sistema sociale, economico e produttivo.
Intervenendo alla radice sul sistema d’istruzione nel suo complesso, il provvedimento mira a raccordare i percorsi di apprendimento cognitivo con quelli della formazione professionale e del lavoro e ancor più con i processi di trasformazione della società italiana ed europea.
Il decreto sul secondo ciclo, ormai d’imminente pubblicazione, rappresenta il punto più qualificante di questa strategia; sulla sua realizzazione si concentrano oggi le attenzioni della società italiana.
Per quanto concerne il sistema dei Licei, esso ribadisce l’esigenza di nuovi percorsi formativi ed educativi che sappiano coniugare una solida conoscenza umanistica con le competenze specifiche di nuovi percorsi d’istruzione, i Licei appunto, e all’interno di essi, di nuovi profili scolastici. In particolare, quello del Liceo delle Scienze Umane, il cui elemento fondante certamente è da ricondurre all’unitarietà dei saperi.
Cosa significa unitarietà dei saperi? Perché è qui che dobbiamo intenderci!
Essa significa equilibrata coniugazione di:
1) saperi linguistico-letterari-filosofici-storici in grado di sviluppare lo spirito critico del giovane anche nei confronti di quelli atipici e strani educatori che sono i grandi media e le reti informatiche.
Ma significa parimenti coniugazione di:
2) saperi scientifici e tecnici, in grado di sviluppare nei vari profili liceali competenze (non sbocchi) professionali; di far assimilare i valori dell’attività di ricerca, coinvolgendo nell’impegno educativo sia la creatività intellettuale che l’osservazione sistematica; sia la cultura della cooperazione che la sperimentazione pratica.
Unitarietà dei saperi significa infine:
3) far maturare competenze metodologiche che consentano agli allievi di imparare da soli, di valorizzare il saper fare, di sviluppare pienamente l’attitudine individuale al lavoro o alla ricerca.
Se questo è il quadro di riferimento entro cui muoversi per costruire una scuola più moderna, più aperta e disponibile al confronto con la società, una scuola più incline a rapportare l’insegnamento e l’apprendimento alle nuove esigenze della contemporaneità, quale sarà allora il profilo generale d’indirizzo attorno a cui articolare la proposta e gli obiettivi formativi del Liceo Scienze Umane?
Esso – come già detto – va rintracciato proprio nella bozza di decreto legislativo che le Commissioni di Camera e Senato si apprestano ad esaminare.
É appunto sui due segmenti, dentro i quali s’incardina il ciclo della Scuola Secondaria – vale a dire, i percorsi liceali e quelli di istruzione e formazione professionale – che il diritto-dovere all’istruzione acquistano pari dignità.
É in questi due tratti che si realizza l’alternanza scuola-lavoro come previsto dal decreto legislativo attuativo all’art. 4 della legge n. 53 del 28 marzo 2003.
Il sistema dei Licei previsto dalla legge 53, come si sa, comprende il liceo artistico, classico, economico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, tecnologico e delle scienza umane.
Vediamo allora quale – in questo scenario così prefigurato – diventa la collocazione del Liceo delle Scienze Umane.
Intanto, la dicitura “Liceo delle scienze umane”, forse un pò impropria, e non di “Liceo delle scienze umane e sociali”, non significa che il profilo di questo Liceo sia circoscritto a percorsi formativi di carattere puramente umanistico.
Per comprenderne meglio, anzi, la sua strutturazione, le finalità e gli obiettivi, va detto che esso costituisce l’esito di una graduale trasformazione dei vari modelli scolastici che, sorti sui residui dell’Istituto Magistrale – e cioè il Liceo socio-psico-pedagogico e il Liceo delle Scienze Sociali – hanno comunque tenuta viva, con impostazioni ed accentuazioni diverse, la cultura delle Scienze umane e sociali nel quadro dell’istruzione liceale.
La proposta del “Liceo di Scienze Umane” va dunque intesa come un ulteriore fase di questo processo di trasformazione. Essa è finalizzata a dare risposte e soluzioni alla conoscenza e all’approfondimento della realtà umana e sociale attraverso forme di apprendimento scientifiche e tecniche in grado di sviluppare competenze professionali, metodologiche, relazionali.
Non va dimenticata, in questo senso – dopo la conclusione dei corsi di studi dell’Istituto e della scuola magistrale – che varie sono state le ramificazioni, gli indirizzi culturali e profili formativi che hanno caratterizzato la nascita dei nuovi Licei.
Uno fra tutti, ripeto, è l’indirizzo di Scienze sociali, sperimentato da ben 168 istituzioni scolastiche, il quale ha intrapreso un lavoro di ricerca culturale portando a maturazione un percorso formativo che dura da più di venti anni, dal lontano 1974. e cioè, da quando vennero introdotte nelle scuole ad indirizzo umanistico – ma anche in alcune ad indirizzo tecnico – curricoli il cui nucleo caratterizzante era incentrato sull’asse culturale delle scienze umane e sociali.
Su questa strada ci dobbiamo muovere. Sulla proposta di un “Liceo di Scienze Umane e Sociali” il cui asse culturale appaia mirato ad acquisire le categorie antropologiche necessarie alla comprensione e classificazione dei fenomeni culturali, nonchè le forme e le dinamiche di natura comunicativa a livello personale e sociale.
Tutto questo nell’ottica di tre principali angolature:
Queste le tre articolazioni caratterizzanti. E non poteva essere diversamente.
Con la trasformazione infatti degli Istituti Magistrali in Licei socio-psico-pedagogici e in Licei delle Scienze Sociali sono stati avviati, in questi ultimi dieci anni, nuovi profili e percorsi formativi il cui nucleo fondamentale poggia su forme di sperimentazione fortemente caratterizzate in senso sociale.
Su questi elementi di analisi e di riflessione, la proposta di istituzione del Liceo di Scienze Umane viene allora a collocarsi in uno scenario di riferimento che pone al centro dell’attenzione la società complessa e le sue caratteristiche di globalizzazione e di comunicazione.
In altre parole, il Liceo di Scienze Umane viene a configurarsi come un’impresa culturale e formativa che, nel tenere nel giusto conto i risultati e le esperienze che si sono compiute in passato e negli ultimi anni, è in ogni caso costruito guardando al futuro, senza nostalgie per il passato.
Esso si rivolgerà in particolare a quei giovani che intendono orientare il proprio impegno verso conoscenze culturali, esperienze pratiche e scelte di vita funzionali a studi professionali e professioni superiori. Non va dimenticato infatti che il liceo non ha scopi professionalizzanti dal momento che le conoscenze sono centrate sulla dimensione dell’intersoggettività, vale a dire, sulla capacità di analisi dei contesti sociali entro cui le relazioni umane si svolgono.
Penso in particolare, dopo il conseguimento del diploma, alla integrazione di studi che aprono le porte alle professioni educative e formative, umane e sociali dello sport. Ai profili sociali e di assistenza nel settore della sanità. Oppure nel proseguimento degli studi universitari.
In ogni caso, il baricentro culturale del Liceo delle Scienze Umane si ritrova nella sapiente capacità di saper coniugare assieme le scienze umane di stretta osservanza – antropologia, pedagogia, psicologia, sociologia – con le altre forme di conoscenza dell’uomo di più antica data: la filosofia, la storia, il diritto.
Stiamo lavorando affinchè il nuovo sistema scolastico si muova verso la costruzione e la realizzazione di uno spazio comune europeo: dell’istruzione, della formazione, della conoscenza, della ricerca.
Stiamo lavorando affinchè la nostra scuola primaria e secondaria, le nostre università, gli istituti di ricerca diventino luoghi di eccellenza, di apertura al dialogo per l’istruzione e la formazione dei nostri giovani; senza mai però dimenticare che il primo autentico obiettivo della “Riforma” resta quello di rendere più attivi e dinamici i processi della scuola e di adeguarli alle esigenze di cambiamento della società del nuovo millennio.
Vogliamo costruire un “patto sociale” con il contributo di tutti gli attori del sistema scolastico: lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, le famiglie, gli studenti, gli insegnanti.
Dal nucleo strutturale della riforma, difatti – oltre alla centralità dell’alunno – emerge indubitabilmente un’altra centralità: quella degli insegnanti.
E la mia esperienza, le mie competenze nel mondo della scuola mi portano a dire che il migliore insegnante non è certo anche il più sapiente, nè colui che lavora di più; bensì colui che ama e crede nei giovani, che fa lavorare meglio gli alunni:nel modo più efficiente e funzionale, nel modo più dinamico ed efficace; colui che sa stimolare il lavoro di apprendimento, guidarlo, graduarlo, differenziarlo, correggerlo; per poi – se necessario – riesaminarlo, integrarlo, valutarlo.
Se questo noi faremo, avremo subito modo di accorgerci che a scuola: programmi, valutazioni, piani di programmazione sono certo importanti, ma che nulla è più importante degli alunni; della loro potenzialità e sinergie; della loro crescita e maturazione.
La quale arricchisce non solo la nostra esperienza di vita, ma prefigura, prepara e dà nuova linfa, a un futuro di progresso e di perenne rinnovamento etico, politico e culturale delle stesse istituzioni scolastiche e dell’intera società.
Buon lavoro a tutti.
Franco Asciutti, Presidente VII Commissione Senato
La lettura dei documenti relativi agli obiettivi specifici di apprendimento del Liceo delle Scienze Umane e degli altri indirizzi di studio nel contesto della riforma dell’istruzione e della formazione, indica una preoccupante marginalizzazione delle discipline sociologiche nell’ambito dei curricoli di studio del segmento secondario dei cicli scolastici.
Nel profilo e nei contenuti, il Liceo delle Scienze Umane è costruito intorno alla pedagogia, quale disciplina e prospettiva dominante, e attribuisce un ruolo ancillare alle altre discipline sociali, riservando un ruolo del tutto secondario alla tradizione sociologica e alle sue competenze metodologiche (il riferimento a queste ultime, infatti, è del tutto limitato). Sotto la superficie del Liceo delle Scienze Umane si intravede, in definitiva, ancora una nostalgia del vecchio magistrale, già da tempo superato nella sua ragion d’essere.
Tale prospettiva sembra comportare, in un solo colpo una diminutio dei saperi della contemporaneità, una negazione delle successive elaborazioni che si sono sviluppate nel medesimo campo pedagogico e la dimenticanza singolare della prospettiva del liceo delle scienze sociali che, con non poche difficoltà e in tutto il territorio nazionale, si è venuta sviluppando. L’architettura del Liceo delle Scienze Umane e lo scarsissimo rilievo di cui gode il sapere sociologico nell’ambito degli altri indirizzi di studio (poco più che scampoli di riferimenti culturali) conducono alla desolante conclusione che la sociologia è assente da questa riforma.
Il Direttivo della Sezione Educazione della Associazione Italiana di Sociologia deplora il corto respiro di tali scelte culturali e sollecita il legislatore ad un ripensamento del contributo che la sociologia può offrire alle giovani generazioni nell’ambito più complessivo dei curricoli del sistema dell’istruzione e della formazione. Ciò in ragione della tradizione sociologica, della necessità di prevedere un maggiore ventaglio culturale all’interno degli indirizzi di studio, nonché della opportunità di indicare dei percorsi di studio maggiormente rispondenti alle chances del mercato del lavoro e alle nuove sensibilità contemporanee.
Bologna, 24 febbraio 2005