Josette Clemenza
Questa introduzione dà voce alle riflessioni da cui è nata la traccia di questo convegno: una traccia che si è definita riannodando i fili rimasti sospesi dai precedenti convegni, frammenti di conversazioni, scambi di mail, momenti preziosi sottratti all’aula per confrontarsi tra colleghi.
Spero che il pensiero possa esprimersi con la stessa forza delle immagini, cercate con cura - insieme con le colleghe Marchese e Zavan - per introdurci nel clima del convegno.
La locandina, la brochure, la scelta di alcuni luoghi hanno come sfondo il MARE.
Come ci insegna il relativismo linguistico, il pensiero si costruisce mediante il linguaggio e viceversa. Quindi, se gli inuit usano tanti termini per esprimere tanti significati di ciò che noi chiamiamo NEVE; così noi, isolani, quando diciamo MARE pensiamo a tanti significati diversi, spesso in contrasto tra loro: apertura, incontro, lontananza, mistero, accoglienza, rifiuto, vita-morte….)
Questo elemento che ci de-limita è reso presente in molti modi; così come altre città - visitate nei nostri appuntamenti annuali “itineranti”- hanno lasciato trasparire “un’anima dei luoghi”, quell’anima che troppo spesso viene dimenticata e nascosta.
(come ci ricorda Giacomo Camuri, nell’intervento sapiente ed evocativo, che trovate in cartella)
Ma non è stato solo il bisogno di contestualizzarci, a suggerire l’uso del mare come sfondo: andando al di là dell’immagine, dell’il-limite che ci circonda, il mare si è imposto come metafora del nostro convegno.
Spesso è presentato come “simbolo dell’indifferenziato flusso primordiale (…) di quel barbarico stato di in distinzione e disordine da cui è emersa la civiltà e nel quale è sempre possibile che essa ricada”. ( W. Auden,p.35)
Segno dunque, di enorme potenzialità creatrice ma anche di un pericolo da tenere sotto controllo.
Ma è possibile controllare il mare?
Per quanto sia “della natura umana stare al centro di una cosa: del mare non si può stare al centro”. (Marianne Moore)
Privo di centro, disordinato, indistinto …certo, starne al cospetto provoca smarrimento ma anche ebbrezza, la possibilità di una sfida, di una prova di resistenza, la speranza di raggiungere nuovi approdi, superando rischi di derive e naufragi.
Nel bellissimo saggio Gli irati flutti il poeta Wystan Hugh Auden afferma:
“Il mare è la situazione reale e il viaggio è la vera condizione dell’uomo;
Il mare è il luogo in cui avvengono gli eventi decisivi, i momenti di eterna scelta, la tentazione, la caduta e la redenzione. La vita a terra è sempre banale;
Una destinazione permanente non è nota, anche se possibile che esista: una relazione durevole non è possibile e neppure desiderabile”.
(W. H. Auden, pag.40)
E, citando Le voyage di Baudelaire
La sfida, che caratterizza la storia dei Licei delle scienze sociali (e di quanti hanno creduto nella necessità di intraprendere nuove vie per l’educazione di oggi) si gioca in mare aperto, per una serie di condizioni su cui rifletteremo in questi giorni.
1. L’oggetto di studio dell’indirizzo - la società complessa - è una situazione assolutamente nuova; non è già data né già nota;
2. I luoghi in cui ci muoviamo, i fenomeni che osserviamo non sono più leggibili servendosi delle “carte nautiche” di un tempo;
3. Gli strumenti che usiamo per orientarci (le nostre bussole) sono le scienze sociali: discipline che, più e prima di altre, si sono impegnate in una profonda rivisitazione epistemologica. Veri saperi di frontiera che devono correggere le misure adottate in passato e fronteggiare problemi nuovi, impensabili sino a trent’anni fa
(su questo ci illuminerà con il suo denso e lucido esame il prof. Bettin);
4. Le acque in cui naviga la scuola oggi sono tutt’altro che tranquille, anche se per alcuni dei politici è stato comodo sospenderla in uno stato di “calma-piatta”, e lanciare sos solo all’emergere di qualche mostro/bullo dagli abissi; da più parti invece, si sollevano voci allarmanti che denunciano una pericolosa deriva, non soltanto per quanto riguarda la valutazione dei risultati, ma soprattutto per l’assenza di piani di navigazione.
5. Molte volte abbiamo navigato “a vista”, seguendo un progetto di scuola che si è costruito poco a poco, orientando le vele in modo da sfruttare al meglio le nostre possibilità, la nostra voglia comune di fare ricerca e di condividere un pezzo di strada.
Certo questo ha richiesto parecchio impegno, anche perché ognuno di noi è costretto a mantenere la rotta “...tra milioni di onde che rendono fragili le nostre certezze”
Appena ci liberiamo gli occhi, certo ci accorgiamo di andare alla deriva su una nave più o meno fragile, su una dei milioni di onde che la rivoluzione ha messo in movimento.
Quest’onda siamo noi stessi.
Il conoscere oggettivo non ci viene reso facile”
(J. Burckhardt )
In questo scenario di incertezza e instabilità ci siamo mossi incontrando diversi scogli, venti impetuosi e “calmaria di scirocco”: cioè uno stato di immobilità ministeriale che rischiava (rischia) di vanificare i nostri sforzi. Come si è verificato quando, sospesa la sperimentazione assistita, si è prospettata l’ipotesi di confluire in un anonimo Liceo delle scienze umane).
Ma questo pericolo è stato anche la nostra salvezza!
“Lì dove cresce il pericolo, cresce pure ciò che salva”
(Holderlin)
Il pericolo di vedere finire una storia che, per alcuni tra noi, è cominciata trenta anni fa e, con essa, anche un’avventura umana, professionale ed etica, è stato anche la nostra salvezza
La nascita della Rete “Passaggi” è stata, infatti, la risposta al pericolo.
In cinque anni è cresciuta diventando un polo d’attrazione, un faro che permette di orientarsi nonostante diversi moti ondosi.
Raccogliendo e rinforzando una ricca eredità di riflessioni ed esperienze, la rete è aperta al mutamento che produce nuove esperienze, dando vita a diverse articolazioni sul territorio e ad assestamenti che richiedono innovazioni strutturali.
Perché ciò procuri benessere e non disagio e incertezza occorre prendersi cura delle reti
“Le reti devono essere curate affinché curino, affinché diventino opzioni strategiche superiori”
(Folgheraiter)
Il contributo che ci offrirà il prof. Serpieri ha proprio la finalità di aiutarci a curare la nostra rete, a cercare strategie per intraprendere, quella che (platonicamente) potremmo definire una seconda navigazione, che ci costringe a riprendere la spinta lì dove si è esaurita. Tante possono essere le cause di cali di vento , i cambi di dirigenza, trasferimenti, colleghi esperti che vanno in pensione….
Tutti siamo impegnati a sperimentare nuove rotte, tenendo come punto fermo la relazione tra le scuole e utilizzando nuovi canali per comunicare di più e meglio.
Il sito “Passaggi” nasce proprio con questo intento: potenziare la comunicazione tra di noi e imparare a governare relazioni tra scuole diverse che si incontrano per riconoscersi in un’identità comune.
L’identità è il tema che era stato lanciato lo scorso anno a Lucca per il convegno 2008.
La ricerca d’identità del nostro indirizzo che, come detto, è un’identità che scaturisce dalla relazione tra scuole, crediamo possa essere un punto di domanda per tutti gli indirizzi della scuola secondaria.
Infatti, anche quelli ancorati a programmi più definiti e a una memoria storica ( sin troppo storica!) soffrono di una profonda crisi d’identità, a cui non giovano le improvvise accelerazioni e frenate che la politica impone alla scuola.
(int. sen. Berlinguer, confronto con l’estero)
Ma il tema dell’identità e della relazione si apre a considerazioni ben più profonde di quelle che riguardano al scuola:
A queste altre sponde del pensiero ci condurrà la riflessione della sociologa Renate Siebert, donna di frontiera per biografia e per impegno intellettuale, che abbiamo deciso di ascolatre nel punto dove si incontrano i mari tra Scilla e Cariddi.
Riteniamo che sia un esercizio indispensabile, per chi vuole, oggi, insegnare a comprendere la differenza, imparare un nuovo sguardo, seguire nuove traiettorie per guardare insieme l’osservatore e l’osservato, e ri-conoscere i processi di costruzione dell’identità e dell’alterità,
Il termine francese regard (sguardo) è stato analizzato da Strarobinski in “L’occhio vivente”…….Il termine rimanda anche al senso di duplicità, raddoppiamento che attiene alla natura stessa dello sguardo: lo sguardo non solo guarda ma è anche guardato.
Noi guardiamo da un punto, ma siamo guardati da dovunque, dice Merleau-Ponty : una scissione che già Sartre (in Essere e Nulla) sostiene avvenga nel momento in cui avvertiamo lo sguardo di chi ci guarda.
Nella dialettica occhio sguardo non c’è affatto coincidenza, ma fondamentalmente inganno; perché lo sguardo nasconde gli occhi.
Apriremo gli occhi, a nuovi sguardi, al parco Horcynus Orca, dove si narra sia possibile osservare il fenomeno di Fata Morgana, in cui sembra di vedere l’altra riva e invece si riconosce se stessi.
Siamo più fedeli all’identità di una cultura, coltivando la differenza da sé (con sé),
che costituisce l’identità, oppure mantenendo l’identità
in cui questa differenza si mantiene, insieme con altre?
(Derrida)
Questo gioco di specchiarsi nell’altro si verifica continuamente nella relazione educativa che, l’esperienza di stage potenzia notevolmente.
Durante il convegno ascolteremo le esperienze che le scuole realizzano nel loro territorio, ma ascolteremo soprattutto i nostri allievi che, da co-protagonisti nel loro percorso formativo, offriranno il contributo delle loro riflessioni e di come, si possano creare contesti più naturali di insegnamento-apprendimento.
(lanciare l’idea di un convegno parallelo x i ragazzi)
“La relazione è reciprocanza. Il mio Tu influisce su di me come io su di lui.
I nostri discepoli contribuiscono alla nostra formazione, così come noi siamo una costruzione delle nostre opere”
(M. Buber)
Ø In quel contesto incontreremo anche uno dei responsabili del parco Gaetano Giunta che, insieme ai soci della cooperativa Ecosmed, ha scommesso sul recupero di un luogo carico di memoria e sulla possibilità di promuovere un patto educativo tra le scuole siciliane e calabresi, che non si limita a microprogetti ambientali o di educazione civica, ma alla condivisione di finalità cognitive ed etiche.
Ø Nel flusso mediatico in cui tutti siamo immersi, segnali negativi provengono dal mondo dell’informazione in cui la voce della scuola sembra essere solo quella dei bulli, degli autoritarismi sterili, della dispersione, dei debiti da colmare, del contratto da rinnovare….Vorremmo che la scuola parlasse con un’armonia in cui risuonano le nostre voci con quelle dei nostri allievi, delle loro famiglie, del territorio in cui viviamo.
La tavola rotonda conclusiva è un’opportunità per ascoltarci e farci ascoltare in modo nuovo, senza farci ammaliare dai canti delle sirene che parlano di riforme della scuola solo in campagna elettorale e poi tacciono.
Questo convegno è un ulteriore passaggio, un crocevia che speriamo possa permettere a tutti noi il percorso con maggiore determinazione e speranza.
Il convegno inizia qui, buon lavoro a tutti noi!