Imbroglio etnico
Nuovi strumenti cognitivi per leggere la realtà contemporanea
Negli ultimi trenta anni gli scienziati sociali si sono serviti di concetti-guida che sovvertono alcuni principi su cui si fondava la ricerca classica delle discipline sociali: sociologia, psicologia e antropologia.
Il valore esplicativo di alcuni termini: etnia, cultura, identità, comunità, società, razza, religione, luogo, città….si è in parte svuotato di significato. I concetti ad essi connessi, definiti “entità discrete” devono essere sottoposti ad una profonda rivisitazione; ad un opera di de-costruzione che permetta di comprenderne la genealogia e conoscere i processi storici, politici e culturali che hanno contribuito alla loro definizione.
Il problema è di ordine epistemologico ma anche didattico: come possiamo leggere la realtà sociale se rinunciamo a servirci dei concetti che, fin’ora, sono stati utilizzati nell’analisi delle scienze sociali?
Come adoperare i classici della letteratura scientifica avvertendo i nostri allievi/e della significanza e in-significanza dei concetti espressi?
Un testo molto adatto a intraprendere questo percorso di chiarificazione dei concetti in uso nelle scienze sociali è L’imbroglio etnico, in quattordici parole-chiave di Gallisot. Kilani, Rivera (vedi presentazione di Leonello Bettin nella sezione Biblioscambi).
Come si legge nella prefazione tra i propositi del libro c’è quello di mostrare come le categorie di cui ci si serve nel dibattito teorico e massmediale per affrontare alcuni nodi cruciali della realtà contemporanea (cittadinanza, reclusione, identità e comunitarismo…) non devono essere considerati naturali ma siano invece artefatti, vale a dire costruzioni sociali, prodotti storici e in quanto tali arbitrari, convenzionali e mutevoli. Queste astrazioni concettuali e credenze collettive sono nondimeno capaci di agire sulla realtà sociale e di servire come potenti strumenti al servizio della manipolazione ideologica.
Occorre evitare di deificare queste nozioni e di considerarle al pari di fattori espicativi della realtà. Dovremmo piuttosto interrogarci su come e perché queste classificazioni sociali e queste credenza si impongano come se fossero realtà indiscutibili, appartenenti quasi all’ordine della natura, finendo così per occultare i giochi di potere, gli interessi economici e i conflitti sociali e politici ad esse soggiacenti. (pag. 5-6)
Si consiglia la lettura della voce Comunità (pag.65-73) perché permette di riconsiderare l’escursus di un termine molto usato nella ricerca sociologica, ma che ha sconfinato in campo antropologico giustificando il sentimento di appartenenza su cui si centrano molti conflitti etnico-religiosi.
Le voci Cittadinanza (pagg. 37-55); Diritti umani (pagg. 107-120); Nazione (pagg. 269-276) potrebbero essere illuminanti per intraprendere percorsi pluridisciplinari con i docenti di diritto e storia adatti a smascherare alcune ambiguità come l’idea di popolo e il carattere spirituale di una nazione:
In Francia è divenuto abituale parlare di “codice della nazionalità”, nonché di norme, di tradizioni, di riconoscimento dei valori e di rispetto dei doveri derivanti dall’adesione alla nazionalità-cittadinanza francese. Si parla inoltre dei caratteri specifici dell’identità francese, che sarebbero impliciti nell’idea di nazionalità. In tal modo si confondono nazionalità e cittadinanza, diritto individuale e appartenenza ad una comunità, una nozione giuridica e una concezione morale dell’identità collettiva, e si attribuisce al carattere nazionale una natura psicologica se non razziale. (…) La nazionalità sembra quasi appartenere all’ordine dell’essere.