di Guido Boschini; Antonella Fatai; Barbara Pesce
UNO!
DUE!
TRE!
A scuola i computer sono tenuti sotto chiave, nelle aule di informatica. E mi raccomando, pensiamo che l’informatica sia una materia ben definita e separata, che non c’entra nulla con Italiano o Filosofia. E intanto gli studenti chattano tenendo i cellulari ben nascosti nei loro astucci. Noi intanto, se va bene, frequentiamo corsi ministeriali per utilizzare le
LIM (è come se avessimo delle ASUB – Aule Speciali per l’Uso delle Biro)
QUATTRO!
Siamo ancora legati al
Villaggio globale e ai
Mass-media, noi adulti. Ma quale mezzo di comunicazione è ancora uno-a-molti? È ancora richiesto che le persone che ricevono il messaggio lo facciano
contemporaneamente?
CINQUE!
E siamo qui a disquisire sui
Nativi digitali o sui
New Millennium Learners, che forse non sono competenti perché usano dei mezzi senza esserne davvero padroni o perché si limitano a scopiazzare da
Wikipedia. Ai primi rispondo che la mia mamma ha guidato la sua Fiat 500 per una vita con grande competenza, ma senza sapere cosa ci fosse sotto al cofano (e anch’io non è che lo sappia proprio bene); ai secondi che i miei compagni delle elementari compravano degli appositi album da cui ritagliare meticolosamente delle immagini da appiccicare con la Coccoina sul quaderno delle ricerche (al Liceo invece copiavamo direttamente dei pezzi di Treccani).
SEI!
A chi si strappa i capelli perché i ragazzi usano Google invece del libro di testo rispondo con le parole di Adamo Lanna, collega precario e famoso
blogger:
Un alunno scarsino in classe si è rivelato un mago di google. Pensate ai prof del futuro, quando ci si impianteranno i chip nel cranio per navigare strizzando due volte gli occhi o scaricare una tesina schioccando la lingua. Pensateci, noi ci siamo dovuti arrangiare scrivendo sulle suole delle scarpe o dietro le etichette dell'acqua.
SETTE!
Le parole in verde vanno cliccate. Se non ci riesci, stai usando un
device sbagliato.