Gestire uno stage è un lavoro in più, e comporta molta fatica. Ma è un banco di prova per la nostra professionalità, che non può dirsi acquisita solo mediante il riconoscimento di percorsi formativi a volte obsoleti: una nuova professionalità docente va conquistata mediante una pratica di riflessione, di approfondimento, di progettazione per poi creare.
Intendiamo creare con tutte le variabili che derivano dal verbo poieo: insegnare è anche un fare, preparare, operare, produrre nuovi insegnamenti e conoscenze per gli alunni ma anche per noi.
“C’è un’età in cui si insegna ciò che si sa, un’altra in cui si insegna ciò che non si sa, è questo si chiama creare” (Roland Barthes)
Certo non è facile, non si impara sui libri ad operare sulla realtà servendosi di saperi sclerotizzati nei libri di testo ma, parafrasando Ficthe, potremmo dire: la scelta di un’ idea di scuola dipende da quale uomo-donna-insegnante si è.
La scelta di investire risorse professonali e umane è una scelta etica. Con questo termine si intende la responsabilità di riflettere e impegnarsi in un’educazione che abbia scopi e valori condivisibili con i nostri alunni, le loro famiglie, il territorio in cui viviamo.
“ Nel lessico delle scienze cognitive, l’etica implica il possesso di una facoltà di astrazione, ossia la capacità di riflettere con chiarezza sui modi in cui l’individuo adempie, o non adempie, a un certo ruolo” [19]
Vogliamo noi dirci educatori, vogliamo riconquistare un ruolo da protagonisti nella costruzione delle generazioni future? E’questo l’interrogativo che ci sveglia dal torpore e ci tiene avvinti ad una professione che richiede energie sempre fresche e tanta, tanta voglia di resistere.
Josette Clemenza