Da Ventotene a Kiev: la Pace è sempre possibile
AICCRE LIGURIA e Movimento Federalista Europeo IX stage residenziale di Formazione Giovanile
Claudia Petrucci, consulente pedagogica SISUS
Dal 10 al 12 giugno 2023 a Varese Ligure si è tenuto il IX stage di formazione giovanile organizzato dalle sezioni liguri dell'AICCRE e del Movimento Federalista Europeo.
Questi stage hanno ormai una tradizione. La prima edizione si era tenuta infatti nel giugno 2012 a Urbe con il titolo " Una Vita Senza Guerre, L'Europa Unita Per La Pace ". Da allora fino al 2019, alla fine di ogni anno scolastico, gruppi di studenti di fine quarta superiore, provenienti da istituti e indirizzi diversi delle diverse province liguri, avevano potuto confrontarsi con lo stato dell'Unione, con la sua storia, la sua geografia, le sue istituzioni e i valori su cui si fonda, primo fra tutti la pace. Avevano vissuto una esperienza culturale strutturata nelle forme dell'apprendimento cooperativo e della discussione tra pari, lavorando insieme in luoghi ricchi di attrattive naturali e testimonianze storiche, ma tranquilli e lontani dalle frenesie del turismo di massa.
Dopo tre anni di interruzione forzata, con una pandemia appena alle spalle e una guerra atroce in corso alle porte d'Europa, l'esperienza è stata finalmente riavviata . E ci siamo così ritrovati a Varese Ligure, con 24 studenti delle generazioni del " dopo ", a costruire un percorso di educazione civica che permetta di affrontare con razionalità anche gli eventi più duri dei nostri tempi tempi.
Da Ventotene a Kiev la Pace è sempre possibile: il titolo dello stage di quest'anno esprime una speranza, ma anche un impegno civile, ancora più indispensabile in vista delle prossime elezioni del Parlamento Europeo.
Se il processo di integrazione ha permesso ai nostri paesi di vivere settant'anni di pace e di relativa prosperità, oggi solo una Unione più forte e consapevole, in una prospettiva nettamente federale, può sperare di ricucire gli equilibri stravolti del mondo.
Come conclusione dello stage, agli studenti è stato assegnato un compito di realtà : un manifesto, uno spot, un video per invitare i cittadini, alle elezioni del 2024, a scegliere l'Europa, andare a votare per il Parlamento Europeo e votare in modo consapevole.
L 'impianto didattico dello stage ha ripreso la formula già rodata nelle passate edizioni, anche se ovviamente con contenuti aggiornati .
E' un modello di apprendimento cooperativo che, come notano sempre i ragazzi, sarebbe bene trovasse spazio anche nell'organizzazione scolastica tradizionale. Il fatto stesso che abbia funzionato, dopo tre anni di interruzione e dopo le complicazioni, insicurezze e diffidenze che la pandemia ha lasciato anche nelle relazioni educative, è una grande prova della sua efficacia.
Lo stage utilizza l'apprendimento cooperativo e le "lezioni rovesciate" per trattare, in un tempo relativamente breve e senza semplificazioni arbitrarie, contenuti complessi.
La prospettiva della "lezione rovesciata" comporta che i contenuti proposti durante lo stage (Perché e come è nata l’Unione Europea; come funziona e su quali principi si basa; quali opportunità offre, quali problemi deve affrontare.....), debbano confrontarsi con le informazioni che gli studenti hanno già raccolto e iniziato a elaborare per conto proprio, in una ricerca preliminare assegnata alle diverse scuole.
La ricerca degli studenti precede quindi la lezione, e chi fa lezione non presume di lavorare su una pagina bianca ma assume come condizione di efficacia il confronto con le pre-conoscenze (e a volte i pre-giudizi e i pre-concetti) degli ascoltatori.
Gli argomenti assegnati alle scuole cambiano di anno in anno: dalla descrizione storico geografica di paesi dell'Unione, all’interpretazione di frasi celebri di filosofi e scienziati su che cosa significhi essere cittadini europei, alla presentazione di questioni vitali (come la salvaguardia dell'ambiente e della salute) in cui l'Unione è determinante, al ruolo dei "padri fondatori" e delle "madri fondatrici" nella storia dell'integrazione europea.
Quest'anno abbiamo proposto i temi difficili del nostro tempo .Ogni scuola ne ha ricevuto uno da presentare in 7/8 diapositive, sulla base di informazioni reperibili in una sitografia controllata (istituzioni europee e organizzazioni scientifiche). Orientati da una domanda ricorrente: Su questi problemi, quali iniziative ha preso e quali iniziative potrebbe prendere l'Unione Europea ? Qual è e quale potrebbe essere il ruolo delle istituzioni?
Questi i temi :
- Transizione ecologica
- Disuguaglianze e povertà
- Migrazioni
- Pace e guerra
- Diritti civili
- Parità di genere
Il compito è stato preso molto sul serio. Nelle esposizioni degli studenti si leggevano, anche se appena accennati, molti snodi fondamentali : la pluralità di soggetti coinvolti in temi che riguardano l'intera comunità umana; le responsabilità della UE e quelle degli stati nazionali; che cosa vorrebbe fare l'Unione ma non sempre può fare; i diversi scenari ipotizzabili a seconda di quale logica prevarrà : se quella della costruzione di priorità condivise o quella dei conflitti tra stati membri. Uno degli aspetti più interessanti è stata la capacità di ricostruire le diverse componenti che concorrono alla definizione delle strategie europee.
Per esempio, nella loro breve lezione sul tema Disuguaglianze e povertà, gli studenti del Parentucelli /Arzelà di Sarzana citavano la possibile combinazione di interventi economici (il fondo Next Generation Eu), legislativi (la Direttiva sui salari minimi) e commerciali (il sostegno al commercio equo e solidale). Questo impegno nell’identificare gli strumenti operativi dell’Unione è significativo soprattutto se si pensa al contesto culturale di questi anni, l’unico che ragazzi così giovani abbiano vissuto. Oggi l’Europa stessa sembra diventata un tema controverso e le sue politiche vengono troppo spesso presentate all'opinione pubblica in modo caricaturale, come a priori arbitrarie o irrealizzabili.
Questi ragazzi hanno invece cercato di capire come si muove nella realtà l’Unione :un passo decisivo per una cittadinanza consapevole.
La cittadinanza consapevole dei nostri tempi non può che essere multilivello, insieme locale, nazionale e sovranazionale.
E bisogna fornire ai giovani gli strumenti per comprendere i diritti e i doveri reciproci che nascono non solo dalla propria condizione concreta di cittadini di uno stato, ma anche dalle esigenze comuni dell'umanità.
Non a caso uno dei testi fondamentali su cui si lavora nello stage è la Carta dei Diritti dell’Unione, che sancisce un concetto di dignità della persona da far valere anche oltre gli attuali sistemi di riconoscimento elaborati dalle istituzioni e dagli stati.
Essere capaci di gestire più livelli di appartenenza è quindi una delle competenze chiave dei nostri tempi. Si comincia dalle piccole cose: lo stage cerca di sparigliare le identità di gruppo cristallizzate. I compagni di scuola non sono i compagni di stanza, di mensa o di tavolo di lavoro.
Questo mixage non è solo un espediente didattico per far lavorare ugualmente tutti, è una piccola esperienza di vita. C’è il disorientamento iniziale, ci si trova a dover superare una C’è il disorientamento iniziale, ci si trova a dover superare le differenze, e a volte anche le rivalità e i pregiudizi, dei luoghi di provenienza e degli indirizzi scolastici diversi. Questo costringe a riflettere su come storie, appartenenze e identità diverse possano collaborare per scopi comuni. Nel micro come nel macro, nel gruppo di studenti come nelle istituzioni sovrannazionali della UE.
Quest’anno lo sconcerto per la rottura di familiarità ci è sembrato molto forte. Nelle riflessioni e nelle valutazioni diverse voci hanno rievocato l’ansia di fronte alla separazione iniziale e alcuni hanno dichiarato di aver fatto molta fatica ad accettarla. Può darsi che questo sia davvero un segno di fragilità sociale lasciato dalla pandemia.
Anche quest’anno, tuttavia, le cose si sono rimesse presto in carreggiata. Fondamentale è stata come sempre la breve fase iniziale di manualità e di "giochi di conoscenza", utile anche per far funzionare bene i successivi “tavoli di lavoro”. Questi tavoli sono da tre o da quattro persone, la loro composizione è predefinita, per evitare squilibri di genere o di provenienza, ed è importante che tutti conoscano tutti. Così si inizia costruendo insieme un quadernino per gli appunti, si disegna il piatto preferito, si scrive, sulla "mano" di carta che ci si scambia, il titolo del libro appena letto e della canzone preferita ma anche "che cosa significa per te essere cittadini europei"…
Poi si comincia davvero.
Le unità di compito, dai dieci ai quaranta minuti, consistono nell’ ascolto di lezioni, lettura e analisi di documenti, stesura di testi, momenti di discussione, produzione di materiali.
Ciascun tavolo di lavoro inventa un proprio nome, uno slogan, una propria immagine distintiva, e condivide le informazioni e gli elementi di discussione. I tavoli possono venire temporaneamente suddivisi per esigenze di documentazione e approfondimento, ma poi si ritrovano al momento della condivisione di quanto approfondito e della stesura delle relazioni. Al loro interno, i diversi ruoli di responsabilità e di mantenimento della coesione ruotano a ogni unità di compito. I tavoli di lavoro restano stabili per tutta la durata dello stage, e saranno responsabili del "compito di realtà" presentato alla fine alla giuria esterna Il calendario è molto intenso (Fin troppo! ha commentato anche stavolta qualcuno…) ma l’intensità permette di evitare le dispersioni e impone di passare oltre i momentanei scoramenti.
Sono quattro sessioni, di quattro ore circa, scandite in diverse unità, più una breve introduzione all'arrivo e due incontri serali, il primo in cui si espongono le relazioni delle scuole e il secondo di intrattenimento, ma anche di inizio della progettazione autonoma dei lavori finali.
Anche in questa edizione, le sessioni di lavoro sono state dedicate alla storia, alle competenze degli organismi dell'Unione, ai suoi principi ispiratori. Principi espressi nella Carta dei Diritti Fondamentali e nel Trattato di Lisbona istitutivo della UE, e letti però anche alla luce dei problemi e dei dilemmi della vita reale.
All'inizio di ogni sessione, gli studenti sono stati invitati a rispondere individualmente a "questionari di conoscenza" (una serie di domande a risposta multipla). A fine sessione, acquisite durante il lavoro le conoscenze che mancavano, le risposte sono state restituite, corrette e discusse insieme.
I questionari indagano sulla conoscenza di alcune tappe fondamentali del percorso di integrazione, delle prerogative e delle caratteristiche delle istituzioni europee, delle più importanti politiche messe in atto dall'Unione in risposta alle esigenze attuali e anche del significato di alcune espressioni più o meno complesse considerate di uso comune (es. "cortina di ferro ", ma anche, "ideologia nazionalista "). Nessuno di questi argomenti è stato ancora oggetto di studio a scuola nelle classi frequentate . Al termine delle lezioni e delle attività, i ragazzi sono in grado di autocorreggere le prime risposte date e di discuterle.
Insieme alle risposte, in alcuni casi sono stati anche discussi i "distrattori", le "alternative sbagliate" offerte dal test. La discussione dei distrattori permette di riflettere sulle percezioni sociali dei nostri studenti, e sui significati che attribuiscono a situazioni e termini spesso dati per scontati.
L'impressione generale è che agli occhi di questi ragazzi l'Unione appaia più forte, dotata di un campo di azione più vasto e di processi decisionali più semplici, di quanto sia in realtà. La difesa, per esempio, è considerata da molti di pertinenza europea, mentre è esclusiva pertinenza degli stati. E così la sanità pubblica, e la gestione delle emergenze sanitarie (per esempio quella del covid), che è invece materia condivisa con gli stati. In pratica, questi ragazzi ritengono che la dimensione oggettivamente sovranazionale dei problemi abbia già prodotto strutture sovranazionali in grado di farsene pienamente carico.
La conseguenza paradossale di questo wishful thinking è però anche una certa confusione di responsabilità, e può portare a attribuire a politiche sbagliate dell'Unione molte scelte (o non--scelte) discutibili, che sono in realtà dovute alla preponderanza di contraddittori interessi nazionali. Questa confusione di responsabilità è in realtà molto diffusa, non solo tra i ragazzi. E’ alimentata anche dal modo spesso approssimativo in cui stampa e media riportano le notizie dall’Unione. Il che fa gioco ai vecchi e nuovi nazionalismi che amano dipingere un’Europa insieme tirannica e incapace.
Il Next Generation EU non è la stessa cosa del Green Deal, ma il fatto che in molte risposte siano stati identificati vuol dire che la transizione ecologica è sentita da questi giovani come una priorità davvero seria.
Il Trattato Unico dell'Unione e la Carta dei Diritti non sono sinonimi, ma è significativo che siano assimilati e che la Carta sia vista dai ragazzi come il vero centro ideale dell'identità europea. Oggi che ci si appella così di frequente al concetto storico di nazione, è bene sapere in che cosa consista invece la sua possibile degenerazione, l'ideologia del nazionalismo.
Alla domanda del test su quale fosse il concetto fondamentale alla base dell'ideologia nazionalista, la risposta più corretta, e in effetti indicata dai più, faceva riferimento alla "volontà di salvaguardare le popolazioni di un territorio che abbiano la stessa lingua, etnia e cultura", ma tra le alternative offerte c'era anche "il controllo delle popolazioni di un territorio attraverso la limitazione delle libertà individuali". Un gruppetto non irrilevante ha scelto questa risposta.
I motivi non sono banali: è indubbio che l'ideologia nazionalista, anche nelle sue versioni meno estreme, presuma l'omogeneità culturale di tutti gli abitanti di un territorio, e che proprio questa presunzione porti con sé forti rischi illiberali. Postulare l'omogeneità culturale dell' intera popolazione di uno stato significa vedere con insofferenza ogni forma di diversità interna, ritenuta cosa potenzialmente straniera e nemica. Gli esempi non mancano. Anche senza rievocare le tragedie più sanguinose, basti ricordare come in tutta Europa, tra le nuove e vecchie nazioni uscite dalla prima guerra mondiale, la ricerca di "omogeneità" culturale, religiosa, etnica all'interno dei confini abbia portato a tensioni irredentiste, a scambi di minoranze, a spostamenti di massa, a volte imposti con la violenza, a volte concordati tra gli stati confinanti, ma comunque sempre coatti e dolorosi per chi li doveva subire.
Alcuni hanno invece scelto un altro distrattore, all'apparenza paradossale, che identifica il nazionalismo con "il rispetto delle popolazioni di diversa nazionalità, lingua, etnia e cultura presenti su un territorio". Discutendo si scopre che il paradosso è nel bisogno di confini, separazioni e conflitti di appartenenza continuamente riprodotti all’interno dell’orizzonte concettuale nazionalista. Se facciamo parte di una minoranza territoriale, la prospettiva di uno stato tutto e solo nostro sembrerà dare una risposta radicale alla nostra richiesta di rispetto. Radicale, ma non definitiva. Ci sarà sempre, infatti, la possibilità che qualcuno non si identifichi con la nuova appartenenza, e che appaiano ulteriori divisioni interne, nuove minoranze all'interno delle nuove maggioranze, intrecci imprevisti di fedeltà e di identità.
L'ultimo distrattore della domanda era quello che collegava il nazionalismo al "miglioramento delle condizioni di vita delle classi diseredate del popolo presente sul territorio". I nostri studenti lo hanno totalmente ignorato, e forse questo è un buon segno. Ne abbiamo però discusso, perché la speranza che chiudersi nei propri confini serva a tenere lontani speculazione e sfruttamento, e permetta di realizzare un nuovo e più giusto ordine sociale, è storicamente una delle motivazioni più accattivanti che il nazionalismo abbia dato di sé. Anche se è tragicamente sbagliata. Un po' perché un'economia che si chiuda nei confini nazionali di ricchezza da distribuire in genere ne produce poca, un po' perché l'ideologia nazionalista, con la sua enfasi sull'unione patriottica, tende a non lasciar emergere i conflitti sociali. E invece sono proprio i conflitti sociali, e la necessità di gestirli, il motore profondo di equilibrio tra ceti e classi.
L’intera sessione centrale dello stage è dedicata al funzionamento delle istituzioni europee, al sistema di responsabilità politiche e di sovranità condivisa che le caratterizza, e agli strumenti che hanno a disposizione i cittadini per interagire con esse. La Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea mette al centro i diritti degli "individui"(e non solo dei "cittadini"), e indica come principio base la "dignità" delle persone. Ciò significa che uno stato europeo non può autorizzare la pena di morte o la tortura (art. 1 - 2 -3 della Carta). Che un paese europeo non può negare la possibilità di presentare richiesta di asilo a chi ne abbia bisogno (art. 18 e 19). Che in tutti i paesi europei i bambini e i minori hanno diritto di essere ascoltati (art.24). Che i lavoratori non possono essere licenziati senza motivo e senza tutele, hanno diritto a orari ragionevoli e a periodi di riposo (art.30 e 31).
Qui nascono le domande e le perplessità, di fronte alle molte garanzie di civiltà che gli ordinamenti europei si impegnano a tutelare , ma che gli stati nazionali tardano spesso a raccogliere e, anzi, a volte ostacolano esplicitamente, nascondendosi dietro gli slogan di una malintesa sovranità .
Negli stage dell'AICCRE si sceglie di non discutere delle scelte contingenti dei governi, e si cerca invece di dare le informazioni necessarie per capire in base a quali valori e con quali strumenti si sia formata e possa oggi orientarsi la società europea. Ma riflettendo su tutti questi temi si può capire quanto un'ottica puramente nazionale non basti ad affrontare le esigenze dei nostri tempi e soprattutto non possa proiettare nessuna visione credibile di futuro. Chi ripropone gli stati nazionali a sovranità apparentemente illimitata come l'unico assetto "naturale" della politica si comporta come se non contassero le condizioni e le interazioni economiche, le posizioni geografiche e le dimensioni, e come se i piccoli stati europei, figli dell’Ottocento, con le loro democrazie preziose e fragili, potessero vedersela davvero alla pari con l'aggressività dei grandi imperi continentali, con le forze smisurate della globalizzazione economica e con le sfide di una transizione ecologica da cui dipende la stessa vita delle società umane. Da soli, al massimo ci si barcamena, ma non si può davvero prendere in mano il proprio avvenire.
Gli studenti che partecipano a questi stage non vengono selezionati a priori in quanto favorevoli all’Unione. I nostri stagisti sono quindi naturalmente curiosi di saperne di più sull'Europa, sono abituati a vivere in Europa e a pensarsi come Europei, ma non sono necessariamente fautori di un rafforzamento federale delle istituzioni della UE. In tutte le edizioni c’è sempre stata grande varietà di atteggiamenti e opinioni in proposito.
Possiamo però considerare come un indicatore di successo formativo il fatto che alla fine anche le diverse sensibilità si ricompongano nell'accettazione del quadro istituzionale europeo come un quadro necessario di partecipazione democratica, da salvaguardare e da promuovere. La necessità di non restare indifferenti a quello che succede, a come si vota, a quali scelte verranno prese sembra sinceramente sentita, e si riflette anche nei nomi e negli slogan identificativi che i gruppi di lavoro hanno prodotto.
Questi i nomi che si sono dati i gruppi:
- European brilliant minds: Menti consapevoli per un'Europa brillante
- Europa consapevole
- Costellazione di diversità: Tu hai un valore, il tuo voto ha un valore
- Eurogether
- SUEÑO: Italiani ma anche Europei
- AVENUE: La strada europea e le sue scelte
Tutti gli spot, in forma di video o di dépliant, realizzati dai gruppi per promuovere la partecipazione alle elezioni europee del 2024 sono stati presentati a una giuria che comprendeva gli organizzatori, i rappresentanti dell'AICCRE e della realtà locale e il responsabile della Comunicazione dell'Ufficio di Rappresentanza in Italia della Commissione Europea,dott. Massimo Pronio. Il più apprezzato è stato la Costellazione di diversità, ma sono tutti davvero significativi. Per esempio, il video prodotto dal gruppo Un' Europa Consapevole elenca una lunga serie apparentemente eterogenea di problemi quotidiani e di opzioni politiche, sul lavoro, sul cambiamento climatico, sulle migrazioni, sulla guerra e la pace, sul gap di genere, sulla mobilità urbana e sulla lotta alle discriminazioni. Solo una prospettiva europea, suggerisce il video, potrebbe permettere di affrontarli in modo adeguato, mettendo a confronto e in sinergia le strategie.
Dobbiamo decidere noi che cosa voglia dire essere Europei e in che modo vogliamo esserlo. … Ricordati che votare significa dare forma al tuo futuro.
Ed è proprio così.