In questa sezione accogliamo le vostre segnalazioni per letture/ascolti utili alla riflessione e non solo per la didattica:
Aboubakar Soumahoro, Umanità in rivolta, con i suggerimenti di lettura di Claudia Petrucci. Si può leggere insieme al bel libro-inchiesta di Bianca Stancanelli, La pacchia.Vita di Soumaila Sacko, nato in Mali, ucciso in Italia
Forum disuguaglianze diversità, L’impegno per contrastare le disuguaglianze in educazione nel tempo del Covid-19
FLC-CGIL, Fascicolo sulla didattica a distanza (scaricabile)
Luigino Bruni, Il gran peso delle parole. Opinioni - Debito e colpa, Europa e nostro domani
David Quammen, Spillover : passato e futuro delle pandemie
Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio,Lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri sul "dopo emergenza"
Vittorio Pelligra, Coronavirus, la corretta interpretazione di dati e statistiche
Antonio Bonaldi, Perché virologi e infettivologi, da soli, non ce la possono fare
Dario Missaglia, La scuola al tempo del Coronavirus
Era il 2014 quando usciva "Spillover", di David Quammen, un corposo volume che possiamo realmente definire 'profetico' e di tragica attualità oggi, al tempo del coronavirus.
La sua lettura, benchè sicuramente impegnativa, può almeno confortare i nostri dubbi e le nostre domande, anche se non darci risposte.
Si può anche cominciare con il seguire l'autore intervistato da Radio Radicale e da Wired.
Nel 2012, Spillover è valso al suo autore David Quammen il premio Stephen Jay Gould, indetto dalla Society for the Study of Evolution che dal 1946 promuove, negli USA e nel mondo, l'integrazione dei vari campi della scienza connessi con lo studio dell'evoluzione.
David Quammen non è uno studioso di biologia evolutiva, è un bravissimo narratore di letteratura non fiction. Il suo lavoro, come ci dice nei suoi scritti e nelle sue lezioni, consiste nel raccontare, nel modo più coinvolgente possibile, storie vere, non inventate o abbellite o esagerate. Le sue storie raccontano come si costruisce la conoscenza scientifica dei processi e degli ambienti vitali. Le sue storie servono a far crescere la conoscenza sociale, a debellare le mitologie e a difendersi meglio, non solo da virus e batteri ma anche dall'irrazionalità, dai complottismi e dalle fake. E questo è già un buon motivo per leggerle.
Spillover, alla lettera Fuoriuscita dal Serbatoio, cioè salto di un agente patogeno da una specie ospite all'altra, è un imponente reportage di divulgazione scientifica, indagine e avventura. È nato da una serie di articoli scritti da Quammen per National Geografic al tempo dei primi allarmi per il virus Ebola. Ha come argomento le zoonosi, cioè le moltissime malattie che passano dagli animali alla popolazione umana, e spiega come si diffondono, come si identificano e come si combattono. I suoi protagonisti sono biologi in laboratorio e in campo aperto, medici e veterinari, ricercatori, portatori e guide ambientali, fotografi e documentaristi, cacciatori, pescatori e agricoltori, cuochi e turisti. Spesso inconsapevoli agenti e/o vittime di contagio.
Di questi tempi ovviamente di Spillover si parla da per tutto. Soprattutto perché già nel 2012 il reportage lanciava un avvertimento che non è stato raccolto.
Di che cosa ci avvertiva Spillover? Di alcuni fatti importanti.
di Claudia Petrucci
La struttura discorsiva del libro, che permette più livelli di lettura e di approfondimento, passa attraverso la narrazione autobiografica, le vicende spesso tragiche di amici e compagni, la rievocazione delle grandi epopee di lotta per la libertà di donne e uomini e per la loro dignità di lavoratori.I nomi che ricorrono sono quelli di Nelson Mandela, Martin Luther King, Giuseppe Di Vittorio, Peppino Impastato. E si cita in tono commosso l'esperienza (poi, come si sa, demolita a forza) di Riace.
Attraverso molte storie esemplari, commentate da citazioni importanti ( Albert Camus, Pierre Bourdieu, Luciano Gallino, la Costituzione Italiana e la Dichiarazione di Indipendenza Americana, e anche Antonio Machado, Muhammad Alì, Angela Davis), Soumahoro ci mostra come vengano costruite le distorsioni percettive che ci portano a credere che "il migrante" sia una categoria a parte.Un alieno con caratteristiche, richieste e problemi incomparabili ai nostri, che non si può pensare e riconoscere come uno di noi, ma solo "contenere" in termini di ordine pubblico e, quando possibile, usare a nostro vantaggio. In questo, le responsabilità di tutte le istituzioni politiche sono immense e hanno una lunga storia. I migranti vengono fatti oggetto di norme e di regole stratificate e spesso contraddittorie, prodotte per sottolineare la differenza tra loro e gli altri anche quando accedono ai medesimi servizi e la distinzione non presenta vantaggi pratici per nessuno.Quando poi i migranti vengono dal Sud del mondo è più facile, per le piccole e grandi centrali dello sfruttamento economico e dello sciacallaggio ideologico, usare gli argomenti del razzismo per alzare muri e chiudere ghetti: la pretesa superiorità della cultura "bianca" , la paura di contaminarsi con possibili nemici e l'impossibilità di coabitare tra persone di cultura e provenienza diversa.
La categorizzazione diventa "razzializzazione" esplicita. Si teorizza che le differenze culturali originarie siano tali da rendere impossibile ogni contesto sociale comune. Si inventano percorsi discriminatori, si moltiplicano gli ostacoli, si nega la cittadinanza ai "migranti" di seconda generazione, cioè a ragazzi nati, cresciuti, educati nel nostro paese. E i risultati si vedono. Nel 1989 a Villa Literno l'assassinio del sindacalista sudafricano Jerry Essan Masslo suscitò, almeno all'apparenza, scandalo e indignazione generale. Nel 2018 a Gioia Tauro l'assassinio del sindacalista maliano Soumaila Sacko fu coperto da versioni di comodo e da uno strascico vergognoso di calunnie alla vittima.
Nel libro di Soumahoro leggiamo i dati impressionanti della filiera agricola e delle catene di sfruttamento su cui si regge. E si denunciano situazioni analoghe nei servizi logistici, le consegne commerciali, l'assistenza alle persone. Proprio tutti i settori che oggi un'emergenza planetaria ci fa riscoprire come indispensabili alla vita nostra e di tutti.
E della scuola hanno bisogno tutti coloro che desiderano essere salvati. E' per questo che gli studenti più motivati, direi affamati, sono i miei studenti minori stranieri non accompagnati. Vengono dal Gambia, dalla Somalia, dal Benin, dall'Egitto. Quando arrivano non sanno nemmeno una parola di italiano. Dopo tre mesi comprendono tutto e sanno parlare benissimo.
E' allora che io mi comincio a pormi domande inquietanti: MA PERCHE' I NOSTRI RAGAZZI DOPO DIECI ANNI DI INGLESE SANNO A MALAPENA DIRE I AM LUIGI, MY PEN IS ON THE TABLE? E se li porti in un aeroporto straniero si esprimono a gesti? Quando glielo chiedo loro mi rispondono che in classe fanno solo la letteratura straniera. Cioè imparano a memoria in inglese la vita di Shakespeare. E quel pò di inglese vero che sanno lo apprendono solo dalle canzoni e dal web.
Una mia collega di storia una anno voleva rimandare un nostro alunno straniero perchè in tre mesi di frequenza ancora non conosceva le guerre di indipendenza italiane. Io ho proposto al consiglio di classe e alla prof. di mettersi su un barcone, arrivare in Somalia ed in tre mesi imparare il somalo e tutta la storia di quel paese, poi l'avremmo interrogata per vedere i risultati.
Per una anno ho insegnato in una classe "difficile". L'insegnamento delle competenze potevo farlo solo per strade non canoniche, spesso per strade reali in quanto me li dovevo portare al cinema o al bar per comunicare con loro. Un notte mi chiamò la polizia perchè uno di loro si era messo nei guai e aveva fatto il mio nome come suo punto di riferimento. Gli sono stato vicino per mesi in terapia e per uscire da quel mondo. Poi il problema è stato travare lavoro, per non ritornare lì.
Io ho ancora l'idea che la scuola debba salvare le persone. Vengo da una famiglia del basso proletariato. Quando ho fatto il dottorato in filosofia a Lovanio, in Belgio, mia madre pensava che io fossi a Lavinio, vicino Roma. Quando ho regalato a mio padre una copia del mio primo libro mi ha chiesto perchè perdessi tempo in queste cose futili e non mi preoccupassi di stare vicino ai miei figli. E' la scuola che mi ha aperto dei mondi lì dove non ce n'erano davanti a me, se non un treno alle cinque di mattina per andare in cantiere a Roma come faceva mio padre. E ho sempre pensato: ma se la scuola non serve a dare la felicità o almeno a mettermi in condizione di ricercarla a cosa serve? A nulla. Insegno ai miei studenti a rivendicare il diritto alla felicità. Perchè non posso dimenticare le mie notti ai tempi del liceo passate a leggere Spinoza, o Foscolo, magari ascoltando Battiato. E poi la mattina essere accecato dallo stesso furore letto in quelle pagine e impiegarlo nella ricerca di qualcosa di grande e di unico nella mia vita quotidiana. Questo mi ha dato la scuola e questo cerco di dare ai miei studenti.
Il dibattito attuale sull'istruzione in Italia è attraversato da contraddizioni assurde e deliranti. I grandi intellettuali si appassionano ancora alla lotta tra competenze e conoscenze quando è chiaro e ovvio che l'una è legata all'altra e che comunque è più importante saper comprendere e interpretare un testo che ripetere a memoria le terzine di Dante. I più rispettosi dell'ordine pubblico si sono poi impegnati nel ridare alla scuola dignità con la severità e l'introduzione del voto di condotta che fa media come le altre discipline. Perchè questi ragazzi sono diventati troppo maleducati, dicono. Senza considerare invece che quel voto dovrebbe valutare le competenze di cittadinanza attiva acquisite dallo studente. E qui c'è il vero problema, perchè dalla vecchia educazione civica all'attuale insegnamento di "Cittadinanza e Costituzione" la scuola italiana trascura la formazione della coscienza civile dei giovani. Direi anche la formazione della coscienza morale. Quando uno studente sta zitto, non parla e non discute non merita 10 in condotta perchè è educato ma va aiutato perchè lo abbiamo lobotizzato. La scuola non può non fare politica perchè educare politicamente significa educare al bene comune. L'alternativa è creare persone incapaci di pensare criticamente la complessità della realtà e che da adulti saranno illusoriamente rinchiusi in mondi gretti ed angusti. Facili prede di ciarlatani e demagoghi.
Edgar Morin ha ricordato che insegnare non è solo una professione ma è una missione. E un'arte. Questo può scandalizzare ma non c'è alternativa per ridare al docente dignità e professionalità. Insegnare non è un lavoro per tristi. Per farlo occorre motivazione alla ricerca, al sogno, ad aprire mondi e possibilità. Occorre avere speranza per darla agli studenti. E loro sono gli unici veri protagonisti di un sistema di valutazione dei docenti che sia davvero tale. Perchè hanno il fiuto e le antenne della giovinezza e della sincerità per capire chi è alla ricerca come loro.
La missione non è un colonizzazione: il docente non ha la verità ma ha (o dovrebbe averla) una solida cultura aggiornata e capacità validate per insegnarla, conoscendo almeno l'abc delle leggi della comunicazione ( se continua a ripetere a chi non studia che "deve studiare di più", evidentemente non le conosce). L'insegnante che ricerca con i suoi studenti aspetti sempre nuovi dei temi che tratta non fa mai la stessa lezione ma la reinventa sempre anche dopo trent'anni. Perchè nuovi sono gli studenti che ha davanti, nuove sono le letture e i film che lui ha visto, nuove sono le condizioni sociali da richiamare anche se stai facendo la più astratta metafisica.
Questo lavoro richiede Eros. Non è adatto a gente che non si innamora. Il lacaniano Massimo Recalcati ce lo ha ricordato nel suo bel libro, L'ora di lezione.Per un'erotica dell'insegnamento.
E' la lezione di Platone, come di tutti i grandi maestri di spiritualità che quando li cito e li spego ai miei studenti si entusiasmano come se ascoltassero il loro cantante preferito. La scuola ha bisogno di docenti e Dirigenti che siano capaci di suscitare il desiderio. Senza il quale non c'è apprendimento e conoscenza.
Poi viene tutto il resto: la valutazione, l'organizzazione, le tecnologie. L'essenziale è la relazione e l'accoglienza dei nostri studenti a partire dalla loro "situazione di partenza", come dicono tutti gli schemi di programmazione. Il guaio è che non è una semplice formula ma la primaria realtà della scuola. Oggi chi rivendica tutto ciò passa per buonista – o lassista - e anche don Milani è stato messo sotto accusa per la sua idea di scuola. Ecco, dobbiamo rivendicare invece con forza che una scuola che non sa accogliere ed elevare tutti, gli ultimi sopratutto, è indegna di questo nome. Come Luigi Berlinger ci ha più volte ricordato la nostra è ancora una scuola classista, si ergono steccati tra i vari indirizzi di studio e l'istruzione professionale viene considerata di serie B. E' una visione senza prospettive, degna di un paese arretrato incapace innanzitutto di rispettare l'altro e poi sostanzialmente conservatrice e retrograda. Dovremmo tutti prendere atto che la scuola della lezioncina frontale è finita da un pezzo e che siamo chiamati ad una didattica viva, laboratoriale, capace di suscitare l'intelligenza critica e non la ripetizione passiva.
Di tutto ciò le facce silenzose dei nostri studenti hanno bisogno, ce lo chiedono sopratutto quando non sono interessati a quello che gli propiniamo. Siamo noi che dobbiamo cambiare, abbassare le nostre difese e provare a trovare altre strade per raggiungere il loro cuore. Certo, bisogna avere fiducia nell'uomo per farlo, dobbiamo credere che le persone possono migliorare. Non spetta alla scuola valutare nel senso di giudicare. Non sarebbe che un ratificare le differenze sociali esistenti. A noi spetta scardinarle queste differenze.
So che vuol dire tanto, forse troppo, che ci vuole una fede per farlo, o almeno la speranza.
Prof. Luigi Mantuano, Isiss Pacifici e de Magistris, Sezze (Latina)
Il Forum Salviamo il Paesaggio, Rete civica nazionale formata da oltre mille tra associazioni e comitati e da decine di migliaia di singoli aderenti, e alla quale aderisce da anni anche SISUS, si preoccupa delle scelte future del Paese in una prospettiva di economia etica, e per questo lancia un appello al Presidente del Consiglio.
Ecco un breve passaggio della lettera che può darci un'idea dell'importanza del documento:
Crediamo che la grande sfida della pandemia imponga il coraggio di mettere in discussione il nostro modello di sviluppo per attivare, sin d’ora, strumenti di rilancio economico basato sulle opere pubbliche realmente necessarie al nostro Paese (messa in sicurezza dell'esistente e rivitalizzazione delle aree abbandonate), un new deal che rispecchi i veri bisogni della collettività. Dopo questa crisi epocale, non potremo più continuare a seguire dinamiche economiche voraci, spietate, distruttive, ma piuttosto abbracciare una visione etica, l’unica che – suggeriscono grandi economisti come il Premio Nobel Amartya Sen – potrebbe davvero garantirci un futuro dignitoso e pacifico
L’impegno per contrastare le disuguaglianze in educazione nel tempo del Covid-19
Per la prima volta nella storia 1 miliardo e 600 milioni di bambini/e e ragazzi/e di 165 paesi del mondo hanno interrotto la scuola.
I più penalizzati, ovunque, sono i bambini poveri, per i quali la scuola è la principale leva di riscatto economico, sociale, culturale e l’officina della speranza. Inoltre, per milioni di bambine del mondo perdere la scuola costringe a ritornare in una situazione di sudditanza, spesso aggravata da violenza e sopruso, che con fatica vengono contrastate solo dalla scuola e che minacciano di ritornare a dominare la vita.
In Italia hanno interrotto la scuola 9.040.000 bambini/e e ragazzi/e e oltre 1 milione di bimbi/e dei nidi e dei servizi educativi della prima infanzia.
Leggi qui l'intero documento del Forum Disuguaglianze Diversità